Prelievo forzato di organi umani: un «genocidio al ralenti» in Cina

WASHINGTON— Gli autori di una sconvolgente nuova indagine sul prelievo forzato di organi ordito dallo Stato cinese contro i perseguitati religiosi, si sono riuniti al National Press Club in una conferenza stampa il 22 giugno, denunciando un «genocidio al ralenti» che ha portato a più di 1 milione di rimozioni forzate di organi.

David Kilgour, ex segretario di Stato del Canada e co-autore della nuova indagine non usa mezzi termini: «Questo schema è simile a quello di Re Leopold e del Congo e ai genocidi in Cambogia e Darfur». Re Leopold del Belgio è sospettato di aver provocato la morte di decine di migliaia di persone che scappavano dalla tratta degli schiavi in Congo, mentre in Cambogia, Darfur e Sudan, i governi e le milizie si sono macchiati di pulizie etniche e di classe, massacrando un gran numero di persone.

Lo studio è intitolato Bloody Harvest/The Slaughter: Un aggiornamento ed è stato costruito sui precedenti lavori degli autori. L’indagine mette in luce come gli ospedali cinesi abbiano trapiantato all’incirca fra i 60 mila e i 100 mila organi all’anno a partire dal 2000. Eppure in Cina la donazione volontaria, per ragioni culturali, è pressocché inesistente. Nemmeno i condannati a morte possono coprire un tal numero di trapianti. Il numero delle vittime di questa atroce attività di uccisione su richiesta non è chiaro; tuttavia, secondo quanto affermato da alcuni medici cinesi, nella maggior parte dei casi ogni donatore morto corrisponde a un solo trapianto avvenuto.

David Matas, avvocato dei diritti umani internazionali che ha investigato sulla questione per più di una decina di anni, ha affermato: «La conclusione di questo aggiornamento, e senza dubbio anche dei precedenti lavori, è che il governo cinese è impegnato nell’uccisione di massa di prigionieri di coscienza, principalmente praticanti della disciplina spirituale del Falun Gong, allo scopo di ottenere organi per i trapianti». Il Falun Gong è una pratica di meditazione pacifica che si è diffusa a macchia d’olio negli anni 90, salvo poi incontrare una feroce persecuzione proprio per via della sua estesa diffusione.

«Abbiamo passato in rassegna più di 700 ospedali, alcuni di questi molto in dettaglio – ha continuato Matas – I dati ufficiali del governo cinese sui trapianti sono stati raggiunti osservando solo una manciata di questi ospedali. La questione riguarda molti più casi di quelli comunicati. Molti degli ospedali sono relativamente nuovi o hanno nuovi reparti o nuovi posti letto adibiti ai trapianti. Questo non avviene senza la certezza di un continuo approvvigionamento».

Ethan Gutmann, giornalista e terzo co-autore dell’indagine, ha rimarcato il fatto che il numero degli ospedali capaci di migliaia di trapianti ogni anno è sconcertante: «Quest’immagine è terribilmente mozzafiato. Mettono in mostra i loro staff medici come fossero un club calcistico appena sceso in campo». O, magari, come se fossero un reparto militare.
A tal proposito, nel 2005, Xia Qiang, capo del Centro dei Trapianti di Fegato dell’Ospedale Renji, aveva dichiarato: «La gestione del mio team è militarizzata. Ogni membro dello staff medico deve tenere acceso il proprio telefono cellulare 24 ore al giorno, poiché i trapianti di fegato possono richiedere che questi escano ad assicurarsi l’organo da trapiantare o si preparino ad un intervento in qualsiasi momento».

«Abbiamo notato che l’industria dei trapianti è cresciuta con il tempo – ha spiegato Matas – L’approvvigionamento degli organi e la loro disponibilità non è mai stato un problema; le uniche limitazioni che il sistema ha avuto fino ad ora sono stati dottori, ospedali, posti letto, infermieri e formazione professionale».

Si può allora parlare di genocidio? «Io direi Genocidio con la ‘G’ maiuscola – risponde Gutmann – Nel campo dei diritti umani questa parola ha un significato preciso. Se, oltretutto, siamo di fronte ad un tentativo di sterminio di un’intera popolazione, lo consideriamo certamente in questo modo. Questo è un ‘genocidio al ralenti’, un genocidio che è cresciuto goccia dopo goccia».

È chiaro, dalle documentazioni del Partito Comunista, che il PCC consideri il Falun Gong come un gruppo che deve essere eliminato, spiega Matas: «Se si guarda alla propaganda contro il Falun Gong, si nota che essa incita all’odio e alla più vile delle sorti e, all’interno del contesto cinese dove non esistono affermazioni contrarie a ciò che fornisce il Partito, questo incitamento all’odio è un incitamento al genocidio».

In una fase successiva della conferenza stampa, Matas ha dichiarato: «La nostra conclusione ultima, partendo dal fatto che ci sono un gran numero di trapianti che stanno avendo luogo, è che la Cina ha il dovere di fare trasparenza su ciò che sta succedendo nel proprio Paese».

Per saperne di più:

Articolo in inglese: http://www.theepochtimes.com/n3/2098322-slow-motion-genocide-subject-of-new-report-on-organ-harvesting-in-china/

 
Articoli correlati