Esperienze di pre-morte: allucinazione o verità?

L’universo è pieno di misteri che sfidano le nostre conoscenze. Nella sezione ‘Viaggio nei misteri della Scienza’ Epoch Times raccoglie storie che riguardano questi strani fenomeni per stimolare l’immaginazione e aprire possibilità ignote. Se siano vere o no, sei tu a deciderlo.

Fin dall’antichità il genere umano si è affacciato allo sconosciuto. Guardando alla storia dell’uomo si può vedere facilmente come il tema della vita dopo la morte o delle esperienze extracorporee fosse contemplato sia in occidente che in oriente.

Dalla spiegazione mistica o filosofica nel passato, adesso temi come le esperienze di pre-morte vengono affrontati a viso aperto dalla scienza medica moderna. Alcuni studi riportano come le esperienze extracorporee vissute dall’individuo si riferiscano ad attività elettriche cerebrali che persistono per alcuni secondi dopo l’effettivo arresto cardiaco. Questo porta a considerare le Nde come esperienze vissute all’interno del proprio cervello, come fossero stati allucinatori o sogni.

Su queste declinazioni si basa la prospettiva scientifica odierna. Tuttavia esistono studiosi in materia, come il dott. Pischiutta, psicologo e psicoterapeuta di Roma, che distinguono tra quello che viene scambiato per uno stato allucinatorio e quella che invece può essere una esperienza vissuta realmente.

«Molte persone equilibrate riferiscono che si tratta di un’esperienza di coscienza nitida, in cui si è perfettamente coscienti. La persona non ha consapevolezza di aver dormito o sognato, ma ha vissuto un’esperienza fuori dall’ordinario, in una situazione cosciente di veglia».

Questa visione comune a molte testimonianze, per lo psicologo, sarebbe da differenziare «dall’allucinazione, che troviamo ad esempio nelle persone psicotiche o negli stati indotti. Quel tipo di esperienze, anche se comunque uno stato non ordinario dell’io, non si legano necessariamente ad uno stato transpersonale [una condizione studiata dalla psicologia che si riferisce ad esperienze spirituali che si estendono oltre l’identificazione con la propria personalità, ndr], ma ad uno stato in cui l’io si libera da limitazioni e comincia a proiettarsi in una realtà archetipica».

Le testimonianze si fanno più credibili nel momento in cui è il ricercatore stesso che, nella propria infanzia, vive una di quelle esperienze che spesso si collegano alle esperienze di pre-morte: «Ho sperimentato una contrazione del tempo nella quale ho visto tutta la vita in un istante. L’ho vissuta quando ero in pericolo di morte; ero piccolo, avevo 13 anni e stavo perdendo molto sangue. L’esperienza di paura mi ha portato in questo stato di coscienza alterato che a quei tempi non sapevo spiegarmi, ma non l’ho vissuto come un’allucinazione», racconta lo psicologo.

Dunque, per Pischiutta, esperienze del genere sono molto importanti perché «fanno parte di un bagaglio di possibili sperimentazioni».

Da non tralasciare anche il fatto che la scienza odierna dà anche spiegazioni dal punto di vista psicologico all’esperienza extracorporea. Questo tipo di esperienza viene infatti ricondotta ad una ricerca inconscia di uno stato autoconsolatorio, o anche ad autosuggestioni dovute a precedenti conoscenze in merito. Nonostante questo «arrivare vicini alla luce, incontrare esseri e figure che possono essere parenti l’hanno sperimentato allo stesso modo anche persone che non erano credenti. Quindi non direi che c’è stato un condizionamento da una credenza precedente, perché quello che viene sperimentato è talmente nitido, va talmente al di là delle categorie del pensiero che a nessuna di queste persone, dopo questi episodi, verrebbe di dubitare che esiste una dimensione divina».

Il racconto-video di una esperienza di pre-morte

 

 
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