Gli Usa hanno confermato il loro boicottaggio diplomatico delle Olimpiadi invernali di Pechino 2022, in segno di protesta formale contro le violazioni dei diritti umani da parte del regime cinese nello Xinjiang. Ma se è certo che dagli Stati Uniti nessuna delegazione ufficiale andrà a Pechino, ancora non si può dire lo stesso per l’Italia, che anzi secondo fonti governative citate da Reuters, non sarebbe intenzionata ad aderire all’iniziativa americana, e per il momento vorrebbe comunque inviare la propria delegazione in Cina.
La portavoce della Casa Bianca Jen Psaki ha affermato che «il genocidio in corso e i crimini contro l’umanità» del regime significano che Washington «non può procedere con gli affari come al solito». «La rappresentanza diplomatica o ufficiale degli Stati Uniti tratterebbe questi giochi come al solito, di fronte alle eclatanti violazioni dei diritti umani e atrocità della Rpc [Repubblica Popolare Cinese, ndr] nello Xinjiang, e semplicemente non possiamo farlo», ha reso noto la Psaki nel briefing del 6 dicembre, settimane dopo che il presidente Joe Biden aveva fatto sapere che l’amministrazione stava considerando una tale mossa.
«Come ha riferito il presidente Biden al presidente Xi, difendere i diritti umani è nel Dna degli americani, abbiamo un impegno fondamentale per promuovere i diritti umani», ha aggiunto la portavoce degli Usa, riferendosi al leader cinese Xi Jinping. I due leader si erano incontrati per la prima volta virtualmente il 15 novembre.
La posizione dell’Italia
Tuttavia l’Italia, almeno per adesso, non sembra aver appoggiato la nobile iniziativa americana del boicottaggio diplomatico.
Diverse fonti, da Reuters all’Adnkronos, individuano la ragione di tale apparente decisione nel fatto che l’Italia dovrebbe ospitare le prossime olimpiadi di Cortina 2026, e che quindi le sarebbe difficile mancare a Pechino per via del ‘passaggio di testimone’.
Ma il motivo principale di questa titubanza nello schierarsi a fianco degli Usa, come è facile immaginare, potrebbe essere l’appartenenza dello Stivale alla famigerata Via della Seta cinese, il cui accordo come si può ricordare era stato firmato dall’ex governo giallo-verde.
Ad ogni modo, l’attuale esecutivo Draghi ha dimostrato di avere una inclinazione atlantista e di poter far vacillare, almeno in parte, i fondamenti di tale ‘patto’ con la Cina; si pensi ad esempio al suo veto su un tentativo di acquisizione cinese in Italia. Ed in effetti da Palazzo Chigi non è arrivata ancora una vera presa di posizione ufficiale sulla questione, quindi fino a febbraio le cose potrebbero cambiare.
Nonostante tutto, la vasta campagna di repressione del regime cinese contro gli uiguri e contro le altre minoranze musulmane nella regione dell’estremo ovest dello Xinjiang è realtà, ed è stata definita dagli Stati Uniti e da altri Paesi un genocidio, tanto da aver suscitato una crescente condanna internazionale. Attivisti e legislatori da tutto il mondo hanno chiesto in risposta diversi gradi di boicottaggio dei Giochi di Pechino. Altri Paesi infatti si stanno unendo alla causa, al momento si sono unite al fronte degli Usa anche Australia, Regno Unito e Canada.
L’ultima volta che gli Stati Uniti hanno organizzato un boicottaggio olimpico è stato nel 1980. L’allora presidente Jimmy Carter guidò più di 60 nazioni a protestare contro l’invasione dell’Afghanistan da parte dell’Unione Sovietica, e rifiutò di inviare atleti alle competizioni dei Giochi olimpici estivi di Mosca, dando vita al più grande boicottaggio nella storia olimpica.
Il boicottaggio, ha sottolineato Psaki, non significa «la fine delle preoccupazioni che solleveremo sulle violazioni dei diritti umani nello Xinjiang».
A differenza della protesta diplomatica del 1980, il boicottaggio del prossimo febbraio non riguarderà gli atleti presenti: «Non pensiamo sia un passo giusto penalizzare gli atleti che si sono allenati, preparandosi per questo momento; abbiamo ritenuto di poter inviare un messaggio chiaro non inviando una delegazione ufficiale», ha riferito la Psaki quando le è stato chiesto perché la Casa Bianca non avesse fatto un passo in più ritirando anche gli atleti: «Gli atleti del Team Usa hanno il nostro pieno supporto. Li sosterremo al 100% mentre li applauderemo da casa».
Il dragone è irritato
Il boicottaggio rischia di provocare e ha già provocato Pechino. Zhao Lijian, un portavoce del ministero degli Esteri, in una conferenza stampa del 6 dicembre ha accusato Washington di «prepotenza» e ha accennato a «risolute contromisure», senza essere più specifico.
Psaki, però, non sembra turbata dalle minacce: «La nostra opinione è che non sia il modo corretto di vedere o inquadrare la nostra relazione», ha riferito ai giornalisti. «La nostra opinione è che la cooperazione su questioni transnazionali non sia un favore per noi, non è una transazione, la Repubblica Popolare Cinese dovrebbe intraprendere azioni su tali questioni per soddisfare i bisogni della comunità globale», ha affermato, usando l’abbreviazione di Repubblica Popolare della Cina.
Tuttavia il portavoce del Dipartimento di Stato Ned Price ha chiarito in una successiva conferenza stampa che il personale consolare degli Stati Uniti sarà a Pechino durante i Giochi per assistere gli atleti americani e la squadra.
Il boicottaggio è stato incoraggiato per mesi da un certo numero di legislatori statunitensi. Dopo l’annuncio della Casa Bianca, il rappresentante Gregory Meeks (Dn.Y.), che presiede anche la commissione per gli affari esteri della Camera, ha elogiato l’amministrazione per aver preso «certamente la decisione giusta». «La comunità internazionale non dovrebbe aiutare la Rpc a nascondere le sue atrocità contro gli uiguri e altre minoranze», ha affermato Meeks in una nota. «Con gli Stati Uniti che ora guidano prendendo una posizione chiara», aggiungendo che anche altri Paesi dovrebbero unirsi per fare lo stesso. «Dobbiamo parlare attraverso una sola voce e chiarire che il silenzio non è un’opzione quando qualsiasi Paese, non importa quanto potente, mina gravemente i diritti umani universali».
Al briefing Psaki ha reso noto che l’amministrazione ha informato gli alleati della decisione degli Usa, e lascerà a quelle nazioni il compito di determinare come vogliono procedere.
Ma alcuni credono comunque che l’azione degli Stati Uniti non sia abbastanza; tra questi c’è il senatore Rick Scott (R-Fla.) il quale crede che un boicottaggio diplomatico non sia un modo efficace per condannare il regime cinese: «Più e più volte, Biden fa il minimo indispensabile quando si tratta di trattare con la Cina ed è assolutamente inaccettabile», ha reso noto Scott in una dichiarazione del 6 dicembre, aggiungendo che l’amministrazione ha ignorato le ripetute richieste provenienti da lui e dai gruppi per i diritti umani in cui si chede il trasferimento delle Olimpiadi in un altro Paese. «La debole scelta di Biden per un boicottaggio diplomatico non fa nulla per garantire la sicurezza degli atleti americani, che saranno senza dubbio target della Cina comunista per la sorveglianza e il furto dei loro dati e informazioni personali».
Articolo in inglese: US Announces Diplomatic Boycott of Beijing Winter Olympics Over Rights Abuses