Buche a Roma, il problema è ‘sotto i nostri occhi’

Prima la pioggia, poi neve e ghiaccio, poi di nuovo la pioggia. L’inverno ha messo a dura prova il già disastrato manto stradale di Roma, che ne è uscito tutt’altro che indenne.
Intervista a Lorenzo Pasqualini, giornalista con laurea in geologia specializzato in rischi geologici.

Come si possono spiegare le continue buche o voragini che si creano sulle strade di Roma?

Come sempre i motivi sono tanti e cambiano da caso a caso. Nella maggior parte delle situazioni, comunque, il problema sta nelle fondamenta delle strade. Si tratta della parte sotto l’asfalto, che ha uno spessore di diverse decine di centimetri. Quando questa è deteriorata, in superficie appaiono le buche. Uno dei motivi per cui le fondamenta delle strade sono così deteriorate è dovuto alle trincee che si aprono per i lavori sulle tubature. Gli scavi, una volta finiti i lavori, vengono riempiti con terra e materiale da riporto: in breve tempo il materiale si assesta e fa sì che l’asfalto in superficie si crepi. Appare prima la ‘pelle di coccodrillo’, con una fitta serie di crepe. Il passo successivo è la buca. Insomma, la pioggia è solo l’ultima causa della buca: alla radice c’è lo stato della strada in profondità.

È vero che il sottosuolo di Roma è vuoto? Se sì in che misura/a quali profondità? E perché?

Questa è una antica leggenda metropolitana. Ancora oggi alcuni credono che Roma sia al riparo da terremoti perché sotto è vuota. Questo non è vero. Come in tutte le leggende però, qualcosa di vero c’è. Nel sottosuolo di Roma c’è una enorme quantità di cavità sotterranee artificiali, gallerie, cunicoli, ambienti ricavati dagli antichi nei materiali vulcanici di cui è formato il sottosuolo romano. Venivano scavate per estrarre materiale edilizio, o per creare rifugi dalle persecuzioni religiose (vedi le catacombe) o per creare acquedotti. Esiste una carta delle cavità sotterranee di Roma, realizzata dall’Ispra, con la mappatura di tutte le cavità sotterranee rilevate nella capitale. Sono tante, centinaia. E probabilmente ce ne sono altre non censite. Si tratta però di casi puntuali: parlare di “vuoto” sotto Roma è un’esagerazione. Ciò non toglie che le aree con cavità vadano monitorate, perché si possono aprire in superficie dei sinkhole antropogenici: degli sprofondamenti che possono creare situazioni molto pericolose. Le voragini di questo tipo sono comunque un problema diverso da quello delle semplici buche stradali.

Cosa si può fare affinché questo fenomeno dei dissesti sulle strade non si verifichi più? È possibile arginare il fenomeno in qualche modo? 

Servirebbe un’analisi dello stato delle strade in profondità, e poi un rifacimento delle massicciate stradali. La stesura di nuova asfalto, purtroppo, non è la soluzione sul lungo periodo. Se in profondità la strada presenta delle disomogeneità, l’acqua non ci metterà molto a creare avvallamenti, crepe, fratture, che poi si allargheranno fino a creare nuove buche, anche sull’asfalto nuovo. Bisognerebbe anche prestare più attenzione al riempimento delle trincee scavate nelle strade per i lavori alle tubature. Allontanare l’acqua dal centro della strada con appositi canali di scolo, aiuterebbe poi a ritardare l’azione erosiva dell’acqua. Per vedere lo stato delle fondamenta delle strade si potrebbero usare gli strumenti che si usano già sulle autostrade, dove il manto stradale viene monitorato con strumenti appositi, una sorta di radar. Le autostrade però dispongono di fondi ben maggiori dei comuni, che negli ultimi anni hanno subito pesanti tagli.

Sarebbe possibile un intervento dello Stato?

Come già detto, i comuni spesso non dispongono di fondi sufficienti a un monitoraggio così massiccio delle strade. Purtroppo, poi, anche a livello statale in Italia si procede troppo spesso con interventi emergenziali che prendono misure soltanto dopo che il problema è avvenuto: succede con tutti i problemi di dissesto idrogeologico, e anche con altri rischi geologici (come quello sismico). Si interviene soltanto all’ultimo stadio del problema, quando la buca è già presente, o il danno già fatto. Bisognerebbe fare prevenzione, andando alla radice, appunto. Gli strumenti per farlo li abbiamo.

 
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