Marco Rubio a Teheran: noi abbiamo finito ma voi evitate ritorsioni

di redazione eti/Reuters
23 Giugno 2025 11:14 Aggiornato: 4 Luglio 2025 14:27

Dopo gli attacchi aerei americani contro siti militari strategici in Iran avvenuti nel fine settimana, il presidente Trump ha ventilato la possibilità di un cambio di regime, benché lui e il suo governo abbiano ripetutamente affermato che abbattere la dittatura degli ayatollah non sia un obiettivo degli Stati Uniti.

«Non è politicamente corretto parlare di “cambio di regime”, ma se l’attuale leadership iraniana non riesce a rendere grande l’Iran, perché non dovrebbe esserci un cambiamento? MIGA! (Rendi l’Iran grande ancora!)», ha scritto Trump su Truth.

Le dichiarazioni del presidente sono giunte dopo che esponenti di primo piano, come il vicepresidente Vance e il ministro della Difesa Hegseth, hanno ribadito che l’obiettivo non è destabilizzare il governo iraniano e hanno escluso l’invio di truppe di terra. Vance ha poi dichiarato a Nbc che l’operazione non è una guerra contro l’Iran, ma contro il suo programma nucleare, e che gli attacchi lo hanno «rallentato significativamente». Trump, in un post separato domenica, ha definito i danni «monumentali», dopo aver sostenuto il giorno prima di aver «distrutto» i principali siti nucleari iraniani.

Teheran ha risposto con un lancio di missili su Israele, che ha causato decine di feriti e danni a edifici nel centro commerciale di Tel Aviv. Tuttavia, forse per evitare un’escalation con una superpotenza, non ha ancora attuato le principali minacce, come attacchi a basi Usa o il blocco del quarto delle spedizioni petrolifere mondiali che transitano per le sue acque. Il generale Caine, capo di stato maggiore delle forze armate americane, ha confermato un rafforzamento delle misure di protezione per le truppe Usa nella regione, incluse quelle in Iraq e Siria. Gli Stati Uniti dispongono di circa 40 mila soldati in Medio Oriente, con sistemi di difesa aerea, caccia e navi da guerra in grado di neutralizzare missili nemici. Secondo Reuters, il Pentagono avrebbe iniziato a riposizionare aerei e navi da basi vulnerabili a possibili attacchi iraniani.

Dopo che Trump ha contestato una valutazione iniziale, il direttore dell’Intelligence Nazionale, Tulsi Gabbard, ha dichiarato venerdì che, secondo i Servizi, l’Iran volendo potrebbe sviluppare un’arma nucleare in settimane o mesi, ma che a Washington si ritiene che Teheran non abbia ancora optato per la costruzione di un ordigno nucleare. In ogni caso, il ministro degli Esteri Usa Marco Rubio su Cbs ha definito «irrilevante» la possibilità che l’ayatollah Ali Khamenei abbia ordinato l’armamento nucleare, come a voler dire che il disporre di uranio pronto da mettere in una testata di un missile, rende l’Iran un pericolo praticamente immediato, al di là del fatto che il missile nucleare sia già stato assemblato (linea di ragionamento, questa, espressa chiaramente da Rubio in un’altra intervista, concessa alla giornalista Maria Bartiromo di Fox News). Rubio ha poi detto a Cbs che non sono previsti ulteriori attacchi, salvo una reazione iraniana: «Abbiamo altri obiettivi da colpire, ma abbiamo raggiunto il nostro scopo. Non sono in programma operazioni militari contro l’Iran, a meno che non provochino», ha specificato il ministro degli Esteri americano.

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