Lega e FdI contro il blocco dei diesel Euro 5

di Redazione ETI
12 Giugno 2025 16:37 Aggiornato: 12 Giugno 2025 18:44

Un emendamento presentato dalla Lega al Decreto Infrastrutture potrebbe cambiare le carte in tavola per milioni di automobilisti italiani. Il provvedimento, fortemente voluto dal ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini, punta a rinviare il blocco delle auto diesel Euro 5, previsto per il 1° ottobre 2025, al 31 ottobre 2026. Inoltre, l’emendamento offre alle Regioni coinvolte – Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna – la possibilità di anticipare o posticipare ulteriormente lo stop, garantendo maggiore autonomia decisionale. L’obiettivo dichiarato è duplice: proteggere le famiglie da un provvedimento che rischia di lasciarle senza mezzi di trasporto e rispettare l’autonomia regionale, accompagnando eventuali rinvii con misure ambientali compensative, come l’efficientamento energetico degli edifici o l’incremento del verde pubblico.

A partire dal 1° ottobre 2025, le auto diesel Euro 5 (ossia quelle immatricolate tra il 2009 e il 2015) non potranno circolare nei giorni feriali, dalle 8:30 alle 18:30, nei comuni con più di 30 mila abitanti delle quattro regioni del “Bacino Padano”. Il provvedimento, previsto dal decreto legislativo 121/2023, risponde a una sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 10 novembre 2020 che ha sanzionato l’Italia per il superamento dei limiti di PM10 tra il 2008 e il 2017. In Lombardia, il blocco interesserà circa 484 mila veicoli, in Piemonte 236mila, in Veneto oltre 340mila e in Emilia-Romagna circa 270mila. Secondo il decreto, il divieto sarà attivo fino al 15 aprile 2026, per poi riprendere ogni anno dal 1° settembre, con estensioni progressive a veicoli commerciali e pesanti nel 2026 e 2027.

I sostenitori del blocco dei diesel Euro 5 sottolineano l’urgenza di agire per tutelare la salute pubblica e rispettare le direttive europee. Secondo l’Agenzia Europea dell’Ambiente, l’inquinamento atmosferico causa ogni anno migliaia di morti premature in Italia, in cui il Bacino Padano è tra le aree più colpite a causa delle elevate concentrazioni di PM10 e biossido di azoto. Organizzazioni ambientaliste come Legambiente sostengono che i veicoli diesel, anche gli Euro 5, emettano livelli significativi di particolato e ossidi di azoto, contribuendo in modo rilevante all’inquinamento urbano. Inoltre, i fautori del provvedimento lo vedono come un “incentivo” decisivo al rinnovo del parco auto, analogamente ai bonus per l’acquisto di veicoli elettrici (considerati meno inquinanti in quanto a “zero emissioni”) o perlomeno ibridi.

Ma la messa al bando dei diesel Euro 5 nel nord Italia è stata accolta con diffuso malcontento e critiche da cittadini, associazioni di categoria e rappresentanti politici, che denunciano come il divieto sia, oltre che difficilmente condivisibile nel merito, anche penalizzante per famiglie e lavoratori, soprattutto in un contesto economico già difficile.

La Lega di Matteo Salvini, ha definito il blocco «una follia» che rischia di creare enormi problemi familiari, lavorativi e commerciali, e ha denunciato «l’ambientalismo ideologico di Bruxelles». L’emendamento della Lega, infatti, non si limita a posticipare il blocco, ma introduce flessibilità, consentendo alle Regioni di modulare i tempi e le modalità del divieto in base alle esigenze locali. Per garantire il rispetto degli obiettivi ambientali, il testo prevede l’adozione di misure compensative, come interventi per il risparmio energetico o progetti di ampliamento del verde pubblico.
E anche il partito di Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia, si è mosso nella stessa direzione, presentando a sua volta un proprio emendamento per rinviare il blocco al 1° ottobre 2027.

I governatori delle regioni coinvolte hanno accolto con favore l’iniziativa. In una nota congiunta, i presidenti di Piemonte (Alberto Cirio), Lombardia (Attilio Fontana) e Veneto (Luca Zaia) hanno espresso soddisfazione per la proposta di Salvini, auspicando misure alternative che garantiscano analoghi effetti sulla qualità dell’aria senza penalizzare famiglie e imprese. In Lombardia, il Consiglio regionale ha approvato una mozione per chiedere al governo di sospendere le limitazioni, con l’assessore Giorgio Maione che ha invocato un confronto con Bruxelles e Roma per soluzioni più sostenibili.

Le Regioni, che si sono viste costrette ad adeguarsi al decreto 121/2023 per evitare ulteriori sanzioni europee, stanno premendo per un allentamento degli obblighi e una trattativa con l’Europa.  Il blocco dei diesel Euro 5 rischia infatti di avere conseguenze economiche serie per milioni di italiani. Secondo stime di settore, le quattro regioni potrebbero subire una perdita annua di circa 4 miliardi di euro, dovuta al crollo dei consumi nei centri urbani, all’aumento dei costi di trasporto e logistica, alla svalutazione del parco auto e al contraccolpo per l’indotto automobilistico.

Dal punto di vista sociale, il provvedimento è stato criticato per il suo carattere regressivo. Colpisce soprattutto le fasce economicamente più vulnerabili, che non possono permettersi di sostituire i propri veicoli con modelli elettrici o ibridi.
Il provvedimento affonda le radici nelle procedure di infrazione europee per il superamento dei limiti di PM10, ma il focus esclusivo sul traffico privato è stato spesso contestato. È ormai risaputo, infatti, come l’inquinamento padano sia causato anche da riscaldamenti domestici obsoleti, impianti industriali, elevata densità abitativa e condizioni meteorologiche estremamente sfavorevoli (tipiche l’assenza di vento e l’alta pressione, che in inverno causano la famosa “nebbia in Val Padana”). Un’analisi più equilibrata, secondo gli oppositori al divieto europeo, dovrebbe considerare tutte le fonti di emissione, evitando un approccio di fatto punitivo verso gli automobilisti.


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