Le istituzioni italiane hanno reagito con forza all’attacco mosso dal Consiglio d’Europa contro le forze dell’ordine, difendendone l’operato dopo che l’organismo europeo per i diritti umani ha indicato il nostro Paese tra quelli in cui si registrano condotte razziste da parte delle forze dell’ordine.
Presentando il rapporto annuale 2025, il responsabile della Commissione contro il razzismo e l’intolleranza (Ecri) del Consiglio d’Europa, Bertil Cottier, ha sollecitato l’Italia ad avviare un’indagine indipendente per verificare le evidenze di un trattamento “sproporzionato” da parte della polizia nei confronti degli immigrati: Cottier ha sottolineato come il fenomeno del cosiddetto “profilo razziale” – ossia l’abitudine che la polizia italiana avrebbe di fermare persone sulla base del colore della pelle, della presunta nazionalità o della religione – sembri rappresentare un problema in Italia, invitando il nostro governo a fare chiarezza.
Per chiarezza, il Consiglio d’Europa è un’organizzazione intergovernativa (fondata nel 1949 e con sede a Strasburgo) che si occupa della promozione della democrazia, dei diritti umani e dello Stato di diritto in tutto il continente europeo. L’Italia è stata uno dei dieci Stati fondatori e l’organizzazione conta oggi 46 Stati membri. È importante notare come il Consiglio d’Europa non abbia niente a che vedere con l’Unione Europea e abbia, invece, una funzione meramente consultiva, di “indirizzo”. All’interno del Consiglio d’Europa, l’Ecri (la Commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza) svolge un ruolo cruciale.
COSA DICE IL RAPPORTO DELL’ECRI?
Il rapporto dell’Ecri afferma il frequente ricorso da parte delle forze dell’ordine a pratiche di fermo e perquisizione basate sull’origine nazionale o etnica, sul colore della pelle, sulla religione o sulla cittadinanza della persona, che dimostrerebbe l’esistenza in Italia di una “profilazione” razziale che ricorda, tristemente, il modo di operare della Gestapo della Germania nazista. L’Ecri dice di aver individuato tali pratiche in diversi contesti, tra cui il controllo delle frontiere, le azioni contro il terrorismo o l’estremismo, e le misure di controllo applicate dalle forze dell’ordine italiane, in determinate aree geografiche, senza alcun sospetto concreto (e quindi gratuite).
Ma quali prove esistono del fatto che gli ambienti delle forze dell’ordine italiane siano teatro di quello che, stando alle accuse del Consiglio d’Europa, si configura come una sorta di “razzismo sistemico”? Su cosa si basano le (oggettivamente gravi) accuse dell’Ecri? Un’istituzione così importante, per poter accusare in blocco le forze dell’ordine di un’intera nazione, in linea di principio dovrebbe avere prove concrete quali ad esempio denunce, procedimenti disciplinari a carico di operatori delle forze dell’ordine, processi e sentenze, testimonianze incrociate e convergenti, registrazioni audio e/o video, e magari anche dei whistleblower, ossia dei “pentiti” o comunque fonti interne che raccontino cosa succede dietro le quinte.
Invece, l’Ecri ha affermato che le sue conclusioni sono supportate da resoconti ritenuti “credibili” e da rapporti di organizzazioni della società civile, supportati da studi e indagini condotte tra persone appartenenti alle comunità che si definiscono discriminate; l’Ecri cita anche un rapporto pubblicato nel 2022 dall’European Roma Rights Centre e due rapporti, pubblicati nel 2017 e nel 2022, dal Comitato per l’eliminazione della discriminazione razziale, e poi una moltitudine fonti eterogenee quali, ad esempio, Arcigay, Istat, Human Rights Watch, Eurobarometro, Ansa, The Guardian, Reuters eccetera.
LE REAZIONI
«Le forze dell’ordine italiane non ‘fermano’ le persone in base al colore della pelle, ma agiscono sulla base di comportamenti sospetti e dinamiche operative che nulla hanno a che vedere con il razzismo» scrive sul proprio sito il sindacato indipendente di polizia Coisp, «Pretendere ‘indagini indipendenti’ non solo è offensivo, ma alimenta una retorica che rischia di delegittimare le istituzioni e indebolire la fiducia dei cittadini nella giustizia e nella sicurezza» e ancora: «se l’obiettivo del Consiglio d’Europa è quello di promuovere i diritti umani, occorre riconoscere l’impegno costante delle Forze di polizia nel garantire il rispetto della legge e la tutela delle libertà».
Felice Romano, Segretario Generale del Siulp, il sindacato maggioritario del Comparto Sicurezza, Difesa e Soccorso Pubblico commenta così, sul sito del sindacato, le frasi pronunciate dal presidente dell’Ecri e da Tena Simonovic Einwalter, vicepresidente dell’Ecri: «la Simonovic parla di “bodycam” mostrando di non sapere che in Italia il Governo ha approvato un disegno di legge che introduce proprio tale strumento, che da tempo i nostri poliziotti chiedevano a gran voce per fugare il campo da qualsiasi strumentalizzazione operativa, e non certo per i commenti di un segretario e di una sua vice che insistono nel tirare in ballo l’Italia, accostandola ad altri Paesi, per una condotta che non ci appartiene per storia, cultura, preparazione e professionalità».
«Le parole pronunciate dalla Commissione contro il razzismo e l’intolleranza del Consiglio d’Europa, che accusano le forze di polizia italiane di razzismo, sono semplicemente vergognose» ha scritto sui social Giorgia Meloni, sottolineando che, semmai, «tutti conoscono i numerosi episodi in cui agenti delle Forze dell’Ordine vengono aggrediti, spesso da immigrati irregolari, mentre svolgono il proprio dovere con coraggio, dedizione e rispetto della legge. Purtroppo non è la prima volta che alcuni organismi del Consiglio d’Europa – finanziati anche con i soldi dei cittadini italiani – si abbandonano a giudizi infondati, frutto di un approccio ideologico e di pregiudizi evidenti».
Il presidente della Repubblica, figura super partes, in quanto massima carica dello Stato e supremo garante della Costituzione, ha convocato giovedì il capo della Polizia per un incontro mirato a «riconfermare la stima e la fiducia della Repubblica nelle forze dell’ordine, la cui azione si ispira allo spirito democratico e ai valori della Costituzione» dice una nota del Quirinale.