Pensando alla Divina Commedia di Dante Alighieri, molti ricordano soprattutto papi infilati a testa in giù in buche ardenti o demoni che infilzano i peccatori con i forconi. Potrebbe sorprendere scoprire invece che la Divina Commedia è in realtà un poema sull’amore… sì, anche nella prima, macabra parte, L’Inferno.
Purtroppo, molti lettori trovano che la descrizione raccapricciante dei tormenti infernali descritti dal grande Poeta sia la parte più interessante dell’opera. Pochi proseguono nella lettura della seconda e della terza parte del poema, il Purgatorio e il Paradiso, perché mancano questi elementi più crudi. Ma per capire davvero il poema dobbiamo seguire il pellegrino Dante nel suo viaggio fino alla fine – attraverso Inferno, Purgatorio e Paradiso.
VIRGILIO E DANTE

Le gorgoni, i serpenti e la figura mostruosa di Lucifero che si ciba dei peccatori possono affascinare i lettori, ma non sono la vera essenza di quest’opera: è un poema sull’amore. La condizione subita dalle anime nell’Inferno vuole mostrare cosa succede agli esseri umani quando il loro amore diventa perverso o è male indirizzato. Dante aveva capito che dentro di noi pensiamo di agire per amore, e anche che l’amore può essere ragionevole o irragionevole, puro o impuro. Il lungo viaggio di Dante nell’aldilà ha lo scopo di purificare il suo amore.
Il tema centrale e il modo in cui il cuore di Dante si purifica, si manifestano attraverso il tema dell’amicizia che permea l’opera. Il capolavoro dantesco inizia i noti versi:
Nel mezzo del cammin di nostra vita / mi ritrovai per una selva oscura, / ché la diritta via era smarrita. Il «Dante pellegrino», chiamato così per distinguerlo dal Dante poeta della vita reale, narra che ha smarrito la strada e vaga in una valle oscura irta di rovi, in cui si trova presto ad affrontare una serie di animali selvatici.

Gli studiosi in genere interpretano lo stato di smarrimento di Dante come la caduta nel peccato, mentre le bestie che bloccano il suo cammino rappresentano i vizi. In realtà, il poema va interpretato generalmente sia a livello letterale che allegorico, e quello allegorico è il viaggio dell’anima verso Dio e la santità.
Ed è proprio mentre vaga incerto e in preda alla disperazione nella boscaglia oscura che Dante incontra Virgilio, nei pressi di una grande spiaggia deserta. Il poeta romano Virgilio (particolarmente stimato dal vero Dante) diventa sua guida e amico fedele per la maggior parte dell’Inferno e del Purgatorio. Virgilio dice a Dante: A te convien tenere altro vïaggio /… / “se vuo’ campar d’esto loco selvaggio”
Virgilio è stato inviato per ricondurre Dante alla “retta via”, per dargli una seconda possibilità. Questo è un puro atto di carità. Poi racconta a Dante chi è stato a mandarlo: donna Beatrice, un’anima benedetta che abita in Paradiso, un tempo amata da Dante, prima della sua morte, e che dice a Virgilio:
L’amico mio, e non de la ventura,
ne la diserta piaggia è impedito
sì nel cammin, che volt’è per paura;
e temo che non sia già sì smarrito,
ch’io mi sia tardi al soccorso levata,
per quel ch’i’ ho di lui nel cielo udito.
(Inferno, Canto II)
All’origine del viaggio epico di Dante nell’aldilà è l’amicizia, a cominciare da quella con la sua amata Beatrice. Preoccupata per l’inquietudine che turba la sua anima, la donna invia il poeta Virgilio affinché mostri a Dante le conseguenze sia del peccato che della virtù nell’aldilà.
Nell’Inferno, Dante si rivolge spesso a Virgilio per avere risposte, protezione dai demoni e dalle anime dannate e guida lungo i tortuosi sentieri di quel luogo oscuro e tetro. Sebbene il rapporto sia quello tra maestro e discepolo, nel corso del viaggio si sviluppano tra loro un affetto e un’amicizia genuini.
A un certo punto, Virgilio si offre persino di trasportare Dante, stanco e spaventato: Ed elli a me: «Se tu vuo’ ch’i’ ti porti / là giù per quella ripa che più giace, / da lui saprai di sé e de’ suoi torti». (E lui a me: «Se vuoi che ti porti laggiù, scendendo lungo la parete meno ripida, saprai da lui stesso chi è e quale colpa ha commesso»).
Dante risponde con un uguale gesto di benevolenza: E io: «Tanto m’è bel, quanto a te piace: / tu se’ segnore, e sai ch’i’ non mi parto / dal tuo volere, e sai quel che si tace». (E io: «Ciò che a te piace per me va benissimo: sei la mia guida e sai che la mia volontà è uguale alla tua e sai anche ciò che non dico»).
Come sottolinea il critico Paul Krause, questo bellissimo scambio è in netto contrasto con l’egoismo e l’odio delle anime dannate che circondano Dante e Virgilio.
NEL PURGATORIO
Una volta usciti dall’inferno, Dante e Virgilio arrivano al purgatorio. In questo luogo, le anime dei morti che provavano un po’ di amore per Dio e per il prossimo, vengono purificate da ogni residuo di peccato e di egoismo, la loro vista viene ripulita in modo che possano recarsi a vedere Dio. Il Poeta lo immagina come una montagna, l’opposto rispetto alla voragine simile a un cono rovesciato dell’inferno. Le anime sofferenti salgono la montagna, praticando penitenze adeguate ai peccati di cui si sono rese colpevoli in vita.

Una delle differenze più significative di questa seconda parte del poema è il tono più leggero, che si avverte nelle manifestazioni amorevoli e di gioia delle anime presenti, nonostante i loro patimenti. Dante vede arrivare una barca piena di anime verso l’isola su cui si trova la montagna del Purgatorio e tutte cantano all’unisono un bellissimo salmo. Tra di esse il Poeta riconosce il musico Casella, suo vecchio amico, il quale era solito mettere in musica le sue poesie. Pieno di gioia, Casella si precipita ad abbracciare Dante che lo prega di eseguire un canto per confortarlo della fatica del viaggio e il musico intona la canzone Amor che ne la mente mi ragiona, dello stesso Dante.
Man mano che Virgilio e Dante risalgono la montagna del Purgatorio, incontrano gruppi di anime che soffrono insieme diverse penitenze, ma sempre con uno spirito di paziente sopportazione, incoraggiandosi a vicenda a perseverare. Questo è lo spirito di amicizia che si respira in tutto il Purgatorio ed è uno degli antidoti all’egoismo di cui le anime possono essersi rese colpevoli in vita. L’amorevole comunione aiuta a riportare le loro anime a uno stato puro. La scrittrice Jessica Schurz ha osservato: «L’amicizia è centrale in questa storia di rinascita. Per Dante, la rinascita dell’anima umana è resa possibile dall’aiuto degli altri».
Questo è vero non solo nell’aldilà, ma anche in questa vita. È possibile che le anime che mostrano un maggiore spirito di amicizia non debbano passare tanto tempo a praticarlo in Purgatorio. Come scrive Schurz, «dipendiamo dagli altri per portare a termine il lavoro che ci è stato affidato, per condividere momenti di gioia e di amore e per vivere una vita appagante, una realtà che viene facilmente trascurata nel nostro vivere isolati».

L’ESEMPIO DI BEATRICE
In cima alla montagna del Purgatorio, il viaggio di Dante insieme all’amico giunge al termine. Il poeta romano, che ha istruito e guidato Dante con fermezza e amore per tanto tempo deve lasciarlo, poiché Virgilio non è pronto per andare in Paradiso, ma viene sostituito da Beatrice, che sarà l’amica e la guida di Dante per l’ultimo tratto del cammino.
Questo momento sottolinea anche il fatto che la ragione umana (rappresentata da Virgilio) può portare l’anima umana solo fino a un certo punto della via verso l’illuminazione e del viaggio verso Dio. A un certo punto, la Rivelazione divina (rappresentata da Beatrice) deve diventare la guida, portando l’anima più lontano di quanto la ragione da sola possa mai fare.

Potrebbe sorprendere il tono piuttosto severo con cui Beatrice saluta Dante, chiamandolo a rispondere del comportamento peccaminoso e dell’avventatezza della sua vita terrena. Come Virgilio, sa che il vero amore e la vera amicizia richiedono talvolta fermezza, per il bene dell’amato. Accusa Dante di non essere stato fedele al suo amore nel senso più vero del termine, cioè non è stato indotto dal suo esempio alla ricerca del bene più alto: Dio. E glielo dice:
Ond’ella a me: «Per entro i mie’ disiri,
che ti menavano ad amar lo bene
di là dal qual non è a che s’aspiri,
quai fossi attraversati o quai catene
trovasti, per che del passare innanzi
dovessiti così spogliar la spene?
(Purgatorio, Canto XXXI)
In termini odierni, Beatrice sta chiedendo a Dante perché, dopo la sua morte, abbia rinunciato a perseguire la vita buona e virtuosa a cui lei lo aveva esortato, e continua spiegando al Poeta come il loro amore umano e la loro amicizia fossero destinati a produrre benefici nell’animo di Dante:
Mai non t’appresentò natura o arte
piacer, quanto le belle membra in ch’io
rinchiusa fui, e che so’ ‘n terra sparte;
e se ‘l sommo piacer sì ti fallio
per la mia morte, qual cosa mortale
dovea poi trarre te nel suo disio?
Ben ti dovevi, per lo primo strale
de le cose fallaci, levar suso
di retro a me che non era più tale.
(Purgatorio, Canto XXXI)
Qui Beatrice afferma che lui non ha mai visto una bellezza superiore a quella del corpo mortale di lei e gli chiede perché, anche se lei non esisteva più, abbia cercato la felicità in altre cose terrene. La morte dell’amata avrebbe dovuto fargli capire che la vera felicità si trova nelle cose eterne, invece di inseguire beni materiali.
Dante riconosce che la donna ha ragione. Si rende conto di quanto deve all’amicizia che hanno condiviso sulla Terra, perché senza di lei non sarebbe mai stato liberato dalla selva oscura in cui si è ritrovato all’inizio del viaggio. Come scrivono gli studiosi Aldo Bernardo e Anthony Pellegrini nel Companion to Dante’s Divine Comedy, «ella fu veramente un’ispirazione, perché il rapporto d’amore con lei lo condusse infine a Dio».
Dopo averlo rimproverato, Beatrice diventa molto più gentile col Poeta, sarà una guida sicura e fedele come lo è stato Virgilio: lo conduce attraverso i regni della luce e della beatitudine, verso il centro di questi regni, che è Dio. Lo indirizza sempre verso l’obiettivo finale e molte volte Dante vede riflesso negli occhi di Beatrice lo splendore della Divinità. È una splendida metafora della vera amicizia: vedere nell’altra persona i riflessi della bontà, della verità e della bellezza ultime, e perseguire quella realtà fianco a fianco.
In definitiva, Virgilio, Beatrice e Dante sono veri amici perché si preoccupano l’uno del benessere dell’altro e viaggiano insieme verso il Bene.