La rinascita di Cinecittà

di Artemio Romano
1 Giugno 2025 14:12 Aggiornato: 1 Giugno 2025 17:20

Cinecittà rinasce. Lo storico stabilimento cinematografico di Roma, ha varato un ambizioso piano quinquennale per riportare l’Italia al centro della scena cinematografica mondiale. Il progetto, pagato dai fondi del Pnrr, prevede la costruzione di nuovi teatri di posa all’avanguardia e un incremento della capacità produttiva del 60% entro il 2026. «Vogliamo essere protagonisti» ha dichiarato l’amministratore delegato di Cinecittà, Manuela Cacciamani in un’intervista a Reuters, «Cinecittà deve diventare una fabbrica che opera a pieno regime, con l’eccellenza come standard minimo».

Fondata nel 1937 durante il regime fascista, Cinecittà si è guadagnata il soprannome di “Hollywood sul Tevere” grazie alla sua capacità di attrarre registi di fama mondiale come Martin Scorsese, Federico Fellini e Francis Ford Coppola; negli anni d’oro (50 e 60) i più grandi attori di Hollywood andavano a girare a Cinecittà, nomi come Kirk Douglas, Gregory Peck, Audrey Hepburn, Anthony Quinn, Ava Gardner, Joseph Cotten,  Montgomery Clift, Orson Welles, Shelley Winters, Joan Fontaine, Errol Flynn, Buster Keaton, Rita Hayworth, Rod Steiger, Jack Palance e molti altri. Lo stabilimento romano è insomma un simbolo della storia del cinema mondiale.

IL DECLINO E GLI ANNI BUI

A partire dagli anni ’70, una serie di fattori aveva contribuito a un progressivo declino, culminato in una crisi profonda tra gli anni ’80 e i primi anni 2000, quando la chiusura sembrava imminente. Fra le cause di questa crisi, la concorrenza internazionale e il calo delle produzioni – negli anni ’70 e ’80, il settore cinematografico era cambiato e gli studios americani preferivano location più economiche in Europa orientale, Asia o Canada – ma anche una gestione pubblica inefficiente: Cinecittà, di proprietà statale fino al 1997, soffriva di una gestione burocratica e poco lungimirante, gli investimenti per ammodernare le infrastrutture erano scarsi e gli studi erano diventati tecnologicamente obsoleti.

Un evento simbolico sembrò poi aver decretato la fine della Hollywood sul Tevere: l’incendio del 1997 che aveva distrutto parte degli studi, danneggiando set storici e infrastrutture, e altri incendi minori negli anni successivi, come quello del 2007, rafforzarono l’immagine di uno stabilimento in stato di abbandono. E nemmeno il tentativo di rilancio mediante privatizzazione (Cinecittà era stata privatizzata nel 1997, passando sotto il controllo di una cordata di imprenditori, tra cui Aurelio De Laurentiis e Luigi Abete) era riuscito a risolvere nulla, al punto che si continuava a parlare di chiusura e di riconversione degli spazi in aree commerciali e/o residenziali, e persino della trasformazione in un parco giochi a tema. All’inizio degli anni 2000, Cinecittà stava effettivamente per chiudere: molti teatri di posa erano in disuso e lo stabilimento era utilizzato principalmente per produzioni televisive minori, come reality show e soap opera, piuttosto che per grandi produzioni cinematografiche.

Ma anche negli anni della crisi più nera, Cinecittà non aveva mai chiuso del tutto: produzioni come Gangs of New York (2002) di Martin Scorsese e La Passione di Cristo (2004) di Mel Gibson, dimostravano che nonostante tutto Cinecittà poteva ancora attrarre grandi produzioni. Ma la vera svolta è arrivata nel 2017, quando lo Stato italiano, attraverso l’Istituto Luce-Cinecittà, ha riacquisito il controllo degli studi avviando un piano di rilancio.
Lo Stato ha introdotto incentivi fiscali, come il credito d’imposta del 40% per le produzioni cinematografiche, che hanno reso Cinecittà nuovamente competitiva, e in parallelo sono iniziati gli investimenti per modernizzare i teatri di posa, migliorare le tecnologie digitali e promuovere lo stabilimento all’estero. A dimostrazione che lo Stato, abbattendo le tasse e investendo in fattori (realmente) produttivi, può aiutare un’impresa a rimettersi in piedi per poi, magari, essere in grado di tornare a competere sul libero mercato da azienda privata.

IL PIANO

Il piano strategico di rilancio di Cinecittà mira a generare un fatturato di 51,9 milioni di euro entro il 2029, quasi il doppio rispetto ai dati del 2024, e a un utile netto di 4,3 milioni di euro, dopo una perdita di 11,6 milioni registrata lo scorso anno. Alla luce dei dazi, Manuela Cacciamani ha commentato la situazione con cautela: «Stiamo seguendo con la massima attenzione gli sviluppi legati alla minaccia dei dazi. L’auspicio è che due potenze storiche del cinema mondiale, come Italia e Stati Uniti, che tanto devono l’una all’altra, possano continuare a collaborare».

Tra i progetti in programma per il 2025 negli studi di Cinecittà spicca “La Resurrezione” di Mel Gibson (sequel della Passione di Cristo del 2004). Mel Gibson, è fra l’altro uno dei “ambasciatori speciali” scelti da Donald Trump per rilanciare la disastrata industria cinematografica statunitense, insieme ad altre due leggende del cinema contemporaneo come Jon Voight e Sylvester Stallone.

Il nuovo piano industriale di Cinecittà si fonda su sei pilastri fondamentali: ottimizzazione, qualità, sostegno, persone, diversificazione e sostenibilità. Questo piano accompagnerà la società pubblica dell’audiovisivo italiano fino al 2027, 90esimo anniversario dalla fondazione. Gli obiettivi finanziari, oltre al raddoppio del fatturato annuale entro il 2029, prevedono ricavi commerciali cumulati per il periodo 2025-2029 stimati in 207 milioni di euro; l’Ebitba, o margine operativo lordo cumulato (valore che esprime il reale risultato del business) è atteso a 13,6 milioni di euro, e l’utile netto cumulato a 7,9 milioni di euro; il patrimonio netto, infine, è previsto raggiungere i 25,2 milioni di euro entro il 2029.

Verranno poi realizzati nuovi teatri di posa: entro giugno 2026, Cinecittà passerà da 20 a 25 teatri di posa e, in aggiunta alla costruzione di cinque nuovi teatri, quattro di quelli esistenti verranno rinnovati. Un nuovo teatro, lo Studio 22, è già stato costruito (in tempi record) con un investimento di circa 15 milioni di euro e sarà il più grande d’Europa.

Il piano prevede anche un’area esterna per riprese in esterno di 10 ettari e servizi per le produzioni di 21 mila metri quadrati, forte innovazione tecnologica (la nuova Cinecittà mira a diventare il distretto audiovisivo più avanzato d’Europa) con un focus sulla digitalizzazione e sulle nuove tecnologie, per competere anche nei segmenti emergenti delle produzioni digitali e ibride. E infine le maestranze: il piano pone attenzione all’incremento della formazione e del numero del personale di Cinecittà, sia per le figure tradizionali che per le nuove professioni digitali; attualmente lavorano a Cinecittà 344 professionisti tra tecnici e creativi.

A dimostrazione della necessità di un’espansione, già ora tutti gli studi di Cinecittà sono occupati e la piena operatività è prevista entro la seconda metà del 2025. Tra le megaproduzioni internazionali, oltre alla “Resurrezione” di Mel Gibson, è prevista la realizzazione di “The Dog Stars” di Ridley Scott, e Oliver Stone ha visitato lo stabilimento per valutare l’eventualità di un suo nuovo progetto.

 


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