La disperata rincorsa tecnologica del regime cinese

di redazione eti/Sean Tseng
6 Agosto 2025 22:13 Aggiornato: 6 Agosto 2025 22:13

La Repubblica Popolare Cinese sta pubblicizzando mirabolanti progressi nella litografia a ultravioletti estremi (la cosiddetta Euv), tecnologia essenziale per la produzione dei microchip più avanzati. La propaganda del regime parla di «traguardi internazionali», attribuendo ai laboratori cinesi capacità fino a pochi anni fa ritenute impensabili. Ma sebbene in alcuni laboratori sia stata generata luce Euv, in condizioni controllate, le effettive capacità cinesi di realizzare sistemi realmente funzionanti e pronti per la produzione industriale resta distante come minimo vent’anni rispetto ai livelli raggiunti da Asml, l’azienda olandese che detiene oggi il monopolio nella produzione di apparecchiature Euv operative su scala industriale.

Le dimostrazioni fatte a livello istituzionale sono considerate dagli addetti ai lavori come esercizi scientifici interessanti, ma ancora lontani da quanto richiede l’industria: apparecchiature precise al nanometro, affidabili, esenti da difetti e pronte per funzionare ininterrottamente in una linea produttiva. A questo si aggiungono problemi strutturali – come la corruzione, la carenza di competenze, la fuga di cervelli e un contesto politico che scoraggia il rischio – che rendono ancor più difficile colmare il divario. Questo tipo di tecnologia prevede l’utilizzo di luce con lunghezza d’onda di 13,5 nanometri per incidere schemi larghi pochi atomi. Un processo tanto sofisticato quanto delicato, nel quale ogni componente deve raggiungere livelli di precisione assoluta. Poiché gli Stati Uniti vietano la vendita delle apparecchiature più avanzate di Asml alla Cina, l’intero programma nazionale di autonomia tecnologica si regge sulla possibilità di creare un sistema alternativo.
Un sistema Euv richiede il perfetto coordinamento di tre componenti: una sorgente luminosa di grande potenza, specchi ad altissima precisione e una piattaforma di movimentazione del wafer di silicio assolutamente stabile. Tra questi elementi, la sorgente luminosa rappresenta l’ostacolo principale.

Tra le iniziative più avanzate vi è quella guidata da Lin Nan, ex ricercatore di Asml rientrato in patria nel 2021. Il suo team ha recentemente dichiarato di aver raggiunto un’efficienza di conversione del 3,42%, superando alcuni risultati precedenti ottenuti in Europa e Svizzera. Tuttavia, questi dati, pur rilevanti dal punto di vista scientifico, restano inferiori a quelli raggiunti anni fa da università statunitensi e giapponesi, e ancora distanti dalle soglie necessarie per un’applicazione industriale. Parallelamente, altri centri cinesi stanno sperimentando approcci diversi: dal plasma generato da scarica elettrica ai laser a fibra ottica, fino all’uso di acceleratori di particelle. In laboratorio, questi esperimenti producono risultati significativi, ma il passaggio dalla ricerca alla produzione su larga scala richiede un salto tecnologico, logistico e organizzativo che, secondo molti osservatori, resta oggi fuori dalla portata del regime cinese.

L’esperimento più ambizioso è stato condotto dall’Università Tsinghua, che ha tentato di generare luce Euv tramite un acceleratore di particelle, in grado di emettere un flusso continuo di impulsi luminosi compressi. Ogni annuncio in merito a tali ricerche è stato spesso accompagnato da titoli ottimistici, che lasciano intendere l’imminente realizzazione di una macchina Euv. Ma nonostante l’euforia mediatica, le valutazioni degli esperti del settore restano caute. Christophe Fouquet, amministratore delegato della Asml, ha dichiarato nel corso di un incontro con gli investitori che, pur essendo tecnicamente possibile generare luce Euv, «serviranno ancora molti anni prima che la Cina riesca a costruire una macchina funzionante». Una posizione condivisa anche da ex dirigenti della Tsmc, per i quali l’eccessiva enfasi mediatica potrebbe nascondere l’assenza di un sistema produttivo maturo. Inoltre, la Cina non dispone di impianti in grado di testare strumenti così avanzati, poiché la sua produzione è ferma al nodo dei 14 nanometri.
Lo sviluppo di un ecosistema per la litografia non dipende soltanto dalla fisica, ma anche dalla qualità delle istituzioni e delle risorse umane. «La scienza ha bisogno del diritto di sbagliare», ha osservato Su Tzu-yun, direttore dell’Istituto per la Difesa e la Sicurezza di Taipei, aggiungendo che l’ingegneria inversa può funzionare su un oggetto meccanico, ma non è applicabile a fenomeni che operano su scala atomica.

La padronanza della litografia richiede uno “spirito artigianale”, fondato su decenni di studio, simulazione e affinamento. Ma in Cina la logica dei finanziamenti premia la velocità più che il rigore, incentivando dichiarazioni gonfiate. Questo meccanismo ha già portato allo scandalo del “Big Fund”, il fondo sovrano con cui Pechino ha investito decine di miliardi di dollari in progetti nazionali come Tsinghua Unigroup, fallito in meno di due anni. Considerato che il regime del Partito comunista può accusare chiunque di spionaggio, ha concluso Su, non può di fatto trattenere i talenti migliori.
Il confronto con l’approccio della Asml si presenta dunque inevitabile. La società olandese ha impiegato quasi vent’anni per portare la tecnologia Euv dalla teoria alla pratica, grazie a un lungo lavoro di collaborazione con clienti come Intel, Samsung e Tsmc: una cooperazione continua che ha permesso di raccogliere e perfezionare, nel tempo, un patrimonio di dati tecnici ineguagliato. Oggi, questo capitale informativo rappresenta un vantaggio competitivo difficilmente replicabile. Per alcuni questo metodo paziente e collaborativo contrasta nettamente con l’approccio cinese, spesso basato su scorciatoie, furti di proprietà intellettuale o acquisizioni aggressive. Le apparecchiature Euv richiedono enormi quantità di dati ottici, raccolti in decenni di attività, una mole informativa unica che solo Asml possiede. E neppure un’acquisizione immediata consentirebbe di replicare le tecnologie, data la mancanza di conoscenza di ogni fase della produzione. Il regime comunista cinese ha costruito la propria competitività su prodotti a basso contenuto tecnologico, come i pannelli solari, ma sui semiconduttori a elevato contenuto tecnologico si scontra col suo limite naturale: “da solo” sa fare molto poco.

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