In un’epoca in cui le emozioni negative incidono profondamente sulla salute, il rancore si rivela un ostacolo insidioso per il benessere psicofisico. Questo sentimento, radicato nell’incapacità di perdonare, lascia cicatrici durature, ma la scienza e la psicologia offrono strategie per liberarsene. A differenza della rabbia, che esplode e si dissolve rapidamente, il rancore agisce come una tossina emotiva, insinuandosi nella mente e nel corpo.
Nel 2024, uno studio condotto dal professor Robert Enright, docente di psicologia dell’educazione presso l’Università del Wisconsin-Madison e pioniere negli studi sul perdono, ha evidenziato le sue conseguenze fisiche. Esaminando 17 pazienti cardiaci maschi, lo studioso ha rilevato che ricordare torti non perdonati provocava una costrizione delle arterie coronarie, riducendo il flusso sanguigno. Questo fenomeno riflette il chiudersi dell’animo di chi nutre astio.
Secondo uno studio pubblicato sul Journal of the American College of Cardiology, chi è incline a ostilità e rabbia — tratti tipici del rancore — presenta un rischio di malattie coronariche superiore del 19%. Per i pazienti con patologie cardiache pregresse, il rischio sale al 24%. Una recente ricerca ha confermato che la rabbia protratta causa disfunzioni vascolari, con possibili esiti come dolori toracici o, nei casi più gravi, decessi improvvisi.
L’astio non danneggia solo la salute fisica. La sua tendenza a generare ruminazione, ossia il rivivere ossessivo di eventi ingiusti, innesca uno stress cronico che eleva cortisolo e adrenalina, indebolendo il sistema immunitario. Questo aumenta la vulnerabilità a malattie, depressione e comportamenti aggressivi. Gli esperti evidenziano come il rancore cronico alimenti un’insoddisfazione diffusa, che si ripercuote su lavoro, relazioni e percezione di sé, creando un circolo vizioso. Questo sentimento non è solo un problema individuale, ma può propagarsi attraverso famiglie e comunità. L’astio si trasmette di generazione in generazione quando i genitori lo incarnano come modello comportamentale. Col tempo, può trasformarsi in una visione del mondo, portando a considerare gli altri come avversari e la realtà come intrinsecamente ingiusta. Spesso, il rancore si rivolge alle circostanze della vita, alimentando un senso di profonda ingiustizia per il proprio destino.
Per contrastare questa insidia, il perdono si rivela una soluzione efficace. Il professor Enright propone un percorso in quattro fasi: scoperta, decisione, lavoro e rivelazione. Nella scoperta, si riconosce il dolore e si prende consapevolezza di come il rancore abbia influenzato la vita. Nella decisione, si sceglie di perdonare, non per giustificare il torto subito, ma per liberarsi dall’amarezza. La fase di lavoro implica un cambio di prospettiva, cercando di comprendere le difficoltà di chi ha causato il torto, favorendo così l’empatia. Infine, la rivelazione permette di trovare un senso nella sofferenza, trasformandola in un’opportunità di crescita.
La comunità scientifica conferma che il perdono riduce colesterolo e pressione sanguigna, migliorando la risposta cardiaca allo stress. Superando il rancore, mente, corpo e spirito ritrovano equilibrio e serenità.
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