Con l’inizio del pontificato di Leone XIV, ufficialmente insediato lo scorso 18 maggio, la Chiesa cattolica si prepara a intraprendere un nuovo cammino. Il primo messaggio del nuovo pontefice, pronunciato durante la celebrazione all’aperto in piazza San Pietro, ha puntato con decisione su un obiettivo tanto ambizioso quanto necessario: ricostruire l’unità della comunità cattolica e rilanciarne la missione in un mondo profondamente diviso.
L’elezione di Leone XIV è avvenuta l’8 maggio scorso al termine di un conclave durato meno di ventiquattr’ore. Poco conosciuto al grande pubblico prima della sua nomina, Robert Prevost ha ora il compito di guidare un’istituzione mondiale che conta oltre un miliardo e quattrocento milioni di fedeli. Sessantottenne, statunitense di origine e cittadino peruviano per via di una lunga esperienza missionaria in America Latina, il nuovo pontefice incarna fin da subito un ponte tra mondi e culture.
Il suo predecessore, papa Francesco, scomparso il 21 aprile scorso, ha lasciato un’eredità complessa. Da una parte, l’impegno costante per i poveri, gli emarginati e la difesa dell’ambiente; dall’altra, una crescente polarizzazione interna alla Chiesa, alimentata in particolare dalle critiche delle frange più conservatrici. Su questo terreno, Leone XIV si troverà a operare in equilibrio tra la necessità di continuità e l’urgenza di ricomporre le tensioni.
Non a caso, nel suo primo intervento pubblico da pontefice, ha più volte invocato i concetti di «unità» e «armonia», indicandoli come fondamento del proprio ministero. Un riferimento esplicito alla necessità di superare le spaccature che, negli ultimi anni, hanno attraversato il mondo cattolico, dalla questione delle unioni omosessuali al dibattito su dottrina e tradizione.
L’appello di Leone XIV è stato rafforzato da un tono pastorale, privo di toni trionfalistici. «Non si tratta mai di conquistare gli altri con la forza o con la propaganda religiosa» ha affermato «ma di amare come ha fatto Gesù». In questa prospettiva, ha richiamato la figura di San Pietro, sottolineando il dovere del pastore di «camminare insieme al gregge» senza cedere alla tentazione del potere.
Alla messa inaugurale hanno preso parte decine di migliaia di fedeli e numerose delegazioni internazionali. Tra queste, anche quella statunitense guidata dal vicepresidente JD Vance e dal ministro degli Esteri Marco Rubio. Significativa la presenza del presidente ucraino Zelensky, che ha stretto la mano a Vance all’inizio della cerimonia, a testimonianza della complessità del contesto internazionale in cui si colloca il pontificato nascente. Presenti anche i capi di Stato e di governo di Italia (naturalmente), Perù, Israele, Nigeria, Canada, Australia, Germania e il presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.
Leone XIV ha inoltre ribadito l’intenzione di proseguire l’impegno di Bergoglio in favore della giustizia sociale e della salvaguardia del creato. Allo stesso tempo, ha affermato la volontà di affrontare «con timore e tremore» – citando il pensiero del filosofo Søren Kierkegaard – le domande e le inquietudini dell’epoca contemporanea, e guardare al futuro senza perdere il senso della tradizione.
La Chiesa cattolica si trova oggi di fronte a sfide cruciali, in un mondo attraversato da crisi geopolitiche, emergenze ambientali e trasformazioni culturali profonde. La scelta dei cardinali di affidare il timone della Chiesa a una figura che unisce esperienza missionaria, formazione teologica e sensibilità internazionale appare come un segnale di apertura, ma anche di cauta ricerca di stabilità.
Sarà il tempo a dire se Leone XIV riuscirà davvero a essere quel «segno di comunione» che ha evocato nel suo discorso inaugurale. Intanto, il suo pontificato si apre sotto il segno della sobrietà e della riconciliazione: un auspicio che molti, dentro e fuori la Chiesa, sembrano condividere.