I nuovi dazi Usa del 100% non smuovono il regime cinese

di Artemio Romano
13 Ottobre 2025 17:26 Aggiornato: 13 Ottobre 2025 17:26

Il regime cinese fa spallucce ai nuovi dazi americani e prosegue la guerra commerciale contro gli Stati Uniti e l’Occidente. In una nota diffusa il 12 ottobre, il ministero del Commercio del Partito comunista cinese ha infatti dichiarato: «i recenti controlli all’esportazione su terre rare e prodotti correlati fanno parte di un programma volto a raffinare il sistema di controllo sulle esportazioni, in conformità con le leggi e i regolamenti nazionali. Queste misure mirano a garantire la sicurezza nazionale e a tutelare gli interessi strategici della Repubblica Popolare Cinese, in particolare riguardo alle tecnologie sensibili e ai materiali fondamentali per l’industria nazionale. Continueremo a implementare e migliorare questi controlli in vista delle sfide attuali, assicurando la tutela degli interessi del Paese e la stabilità del mercato mondiale». Come gli interessi del regime cinese possano coesistere con la “stabilità” del mercato mondiale, la nota non lo spiega ma è facile immaginarlo, considerando che la dittatura comunista cinese è un monopolista di fatto nel settore delle terre rare.

Il 9 ottobre, il regime aveva inserito in lista nera diverse imprese del settore difesa operanti negli Stati Uniti e varato nuove restrizioni sull’esportazione di terre rare e di altri materiali indispensabili alla fabbricazione di semiconduttori ed equipaggiamenti bellici. In data 10 ottobre, le autorità cinesi hanno inoltre introdotto nuovi “diritti portuali” a carico delle navi statunitensi e avviato un’indagine antitrust nei confronti della società americana Qualcomm.

In risposta, Donald Trump aveva annunciato il 10 ottobre che gli Stati Uniti aggiungeranno a quelli già esistenti un ulteriore dazio del 100 percento alle importazioni cinesi, unitamente a ulteriori vincoli sull’esportazione di software strategici.

Attualmente dodici dei diciassette elementi della famiglia delle terre rare figurano nella lista di controllo all’esportazione imposta dalla Cina. Anche macchine e tecnologie usate nel ciclo produttivo delle terre rare – estrazione mineraria, fusione e raffinazione, produzione di magneti e riciclaggio di materiali secondari – sono soggette a rigide procedure di licenza. E le nuove norme stabiliscono esplicitamente che le richieste di licenza da parte di imprese estere della difesa siano respinte «in linea di principio», mentre quelle provenienti da produttori di chip saranno vagliate caso per caso. A partire dal primo dicembre, inoltre, le aziende che operano fuori dal territorio cinese dovranno ottenere una licenza di esportazione se spediscono prodotti che contengano una percentuale superiore allo 0,1% di terre rare di origine cinese.

Queste manovre (o meglio attacchi, nel contesto della guerra commerciale Cina-Occidente) hanno scosso anche i funzionari di Bruxelles. Il 10 ottobre, l’ambasciatore dell’Unione europea in Cina, Jorge Toledo, ha dichiarato che le restrizioni commerciali adottate da Pechino stanno penalizzando gravemente l’Unione Europea.
Anche Donald Trump, d’altra parte il 10 ottobre ha scritto su Truth che «altri Paesi, estremamente irritati da questa ostilità commerciale cinese, si sono messi in contatto» con Washington, aggiungendo poi: «Ho sempre pensato che stessero tramando nell’ombra, e ora, come al solito, i fatti mi danno ragione». Per il presidente degli Stati Uniti «non è accettabile che la Cina tenga in ostaggio il mondo intero», una strategia che Trump denuncia essere «un obiettivo» strategico di lungo periodo della dittatura cinese, come dimostrano l’accumulazione di «magneti e altri elementi» finalizzata a creare «una posizione di monopolio». Una condotta che Donald Trump definisce «ostile e inquietante».


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