L’inasprimento dei dazi statunitensi sulle importazioni provenienti dall’India segna un nuovo capitolo nelle complesse dinamiche commerciali e geopolitiche tra i due Paesi, riflettendo tensioni generali legate alla crisi energetica mondiale, al conflitto in Ucraina e soprattutto ai rapporti con la Repubblica Popolare Cinese. L’ordine esecutivo emanato il 6 agosto dal presidente Trump, che porta al 50 per cento i dazi sulle merci indiane, è motivato principalmente dall’aumento delle importazioni indiane di petrolio russo, una scelta che Washington interpreta come un sostegno economico all’aggressione russa.
La nuova strategia dell’amministrazione statunitense punta a considerare l’India come un attore chiave (o forse l’anello debole) nella risoluzione del conflitto tra Ucraina e Russia. In un’intervista rilasciata il 5 agosto a Cnbc, il presidente americano ha affermato che gli acquisti di petrolio russo da parte di New Delhi «alimentino la macchina da guerra». L’India è diventata uno dei partner commerciali più importanti per la Russia, con un commercio bilaterale che ha raggiunto quasi 69 miliardi di dollari annui. Tale crescita è principalmente legata agli scambi energetici.
Prima dell’invasione dell’Ucraina, le importazioni annuali indiane di petrolio russo si attestavano intorno a un miliardo di dollari; tuttavia, dopo l’inizio del conflitto, le importazioni sono aumentate drasticamente, arrivando a 52,7 miliardi nel 2024, secondo il database Onu Comtrade. Inoltre, dal dicembre 2022 l’India ha acquistato il 19 per cento delle esportazioni russe di carbone. Secondo gli esperti dell’Observer Research Foundation, l’India rappresenta oltre un terzo delle esportazioni di petrolio russo, dietro solo alla Cina con il 50 per cento.
Nel primo semestre del 2025, l’India ha importato in media 1,75 milioni di barili al giorno di petrolio russo, a testimonianza del rafforzamento delle relazioni energetiche tra i due Paesi. In seguito alle sanzioni e agli sforzi occidentali per isolare la Russia, il G7 e l’Unione europea hanno introdotto un tetto massimo di 60 dollari al barile per il petrolio russo, consentendo così a Paesi come Cina e India di acquistare i prodotti petroliferi moscoviti a prezzi fortemente scontati. Tuttavia, il risparmio dell’India si è ridotto con la stabilizzazione dei mercati petroliferi internazionali, dopo lo scoppio della guerra in Europa orientale. Il Brent, indice di riferimento internazionale per i prezzi del petrolio, viene scambiato a circa 68 dollari al barile presso la Borsa di Londra, con un calo del 9 per cento nell’anno in corso. Questo ha alimentato speculazioni secondo cui il G7 e l’Unione europea potrebbero decidere di abbassare ulteriormente il tetto del prezzo per aumentare la pressione su Mosca.
L’India dipende quasi interamente dalle importazioni energetiche. Per anni, la strategia di Nuova Delhi è stata quella di barcamenarsi tra le principali potenze mondiali, quali Stati Uniti e Cina, senza schierarsi apertamente con nessuno. Poiché il tetto del G7 non ha rappresentato un divieto totale, nazioni come l’India, che non vi hanno aderito, non sono obbligate a rinunciare all’acquisto di petrolio russo. Nonostante le contrarietà statunitensi alla crescente cooperazione tra India e Russia, le autorità indiane hanno sottolineato che tali scambi sono fondamentali per sostenere l’economia e garantire alla popolazione, che oggi conta 1 miliardo e 460 milioni di abitanti, l’accesso a un’energia a prezzi accessibili. Ma gli Stati Uniti accusano l’India di rivendere petrolio russo sul mercato aperto, generando profitti che sostengono l’economia russa. Per l’India, quindi, non sarebbe solo una “questione di sopravvivenza”. L’ordine esecutivo di Trump afferma infatti che «la successiva rivendita di questo petrolio sul mercato aperto da parte dell’India, spesso con margini significativi, contribuisce ulteriormente a finanziare l’aggressione della Federazione Russa».
Prima della guerra, Russia e India avevano già in essere un’intensa collaborazione economica. Nel dicembre 2021, Putin e il primo ministro indiano Modi avevano firmato numerosi accordi commerciali e militari. Nel luglio 2024, i due leader hanno sottoscritto ulteriori nove intese in ambito commerciale, scientifico e climatico. Ma gli Stati Uniti rimangono un mercato fondamentale per l’economia indiana. Il commercio tra i due Paesi ammonta a circa 212 miliardi di dollari, e l’India esporta verso gli Stati Uniti più di quanto importi. Secondo l’Ufficio del rappresentante commerciale degli Stati Uniti, nel 2024 il deficit commerciale statunitense nei confronti dell’India è stato infatti di quasi 46 miliardi di dollari, con un aumento del 5,9 per cento rispetto al 2023. Trump ha spesso criticato l’India per le numerose barriere economiche. Non sorprende, quindi, la particolare durezza usata da Washington nei confronti di Nuova Delhi.