Come prevenire l’infiammazione cronica

di Redazione ETI/Flora Zhao
17 Settembre 2025 21:21 Aggiornato: 17 Settembre 2025 21:21

L’infiammazione cronica, spesso silente, affligge molte persone senza che ne siano consapevoli. Uno studio del 2024, pubblicato su Frontiers in Medicine, rivela che negli Stati Uniti circa il 35% degli adulti soffre di un’infiammazione sistemica, una condizione che colpisce anche il 15% di individui apparentemente sani. Questo processo, se non controllato, alimenta patologie gravi come cardiopatie, tumori, diabete, depressione, sarcopenia e disturbi neurodegenerativi. Le cause principali risiedono nelle abitudini quotidiane, in particolare nell’alimentazione e nello stile di vita, come evidenziano esperti dell’Università della Florida e di Stanford.

Ciò che mangiamo gioca un ruolo determinante nel favorire l’infiammazione cronica. Cibi ultraprocessati, ricchi di additivi come aromi artificiali, coloranti, emulsionanti (come carbossimetilcellulosa e polisorbato 80) e zuccheri aggiunti, danneggiano l’intestino, innescando una risposta infiammatoria. Uno studio del 2020 ha rilevato che una dieta pro-infiammatoria accresce i marker infiammatori e il rischio di cardiopatie del 38%. Una ricerca del 2022, basata sui dati del National Health and Nutrition Examination Survey statunitense, ha mostrato un aumento del 41% del rischio di mortalità per tumore tra chi consuma abitualmente cibi pro-infiammatori. Il nutrizionista clinico Peter Osborne sottolinea che il danno si accumula con un’alimentazione scorretta protratta per decenni, compromettendo le difese dell’organismo fino all’insorgere di patologie. Eppure, la formazione medica dedica scarsa attenzione alla nutrizione, un limite che Osborne auspica venga superato per educare meglio i pazienti. Evitare cibi ultraprocessati risulta più efficace rispetto al consumo di singoli alimenti antinfiammatori, come specifici frutti. Anche le allergie alimentari, come quelle a mirtilli, glutine, soia o latticini, possono scatenare infiammazione, ma test medici consentono di identificare i cibi problematici e adattare la dieta.

L’infiammazione è una risposta fisiologica essenziale, paragonabile a un fuoco che elimina patogeni e ripara danni. Quando persiste oltre tre mesi, però, diventa cronica, trasformandosi in un fattore di rischio per numerose malattie. Una revisione pubblicata su Nature Medicine attribuisce a patologie legate all’infiammazione oltre la metà dei decessi mondiali. Nelle cardiopatie, ad esempio, l’aterosclerosi è oggi riconosciuta come una condizione guidata dall’infiammazione cronica, responsabile della formazione e rottura delle placche aterosclerotiche. Un’analisi pubblicata su The Lancet rivela che un incremento triplo della proteina C-reattiva, principale indicatore infiammatorio, aumenta il rischio di cardiopatia coronarica del 37% e di ictus ischemico del 27%. Al contrario, livelli contenuti di infiammazione favoriscono la longevità, come dimostrato da uno studio giapponese su centenari, secondo cui questo fattore predice meglio la durata della vita rispetto alla lunghezza dei telomeri, influenzando anche le capacità cognitive e funzionali negli anziani.

Per contrastare l’infiammazione si utilizzano antinfiammatori non steroidei (Fans, come ibuprofene o aspirina), steroidi e immunomodulatori. Nel 2023, le autorità sanitarie americane hanno autorizzato la colchicina come primo antinfiammatorio specifico per ridurre i rischi cardiovascolari. Ma il suo uso prolungato è sconsigliato a causa dei potenziali effetti collaterali. Il professor Arch G. Mainous III, docente presso l’Università della Florida, avverte che i Fans, anche da banco, possono causare infarto, ictus, insufficienza renale acuta o sanguinamenti gastrointestinali, oltre a interferire con altri farmaci. Corticosteroidi e colchicina presentano rischi analoghi. Secondo gli esperti, questi farmaci alterano il microbiota intestinale, compromettendo l’assorbimento di nutrienti essenziali come vitamina C, vitamina D, calcio e magnesio, alimentando un circolo vizioso.

Sostanze sintetiche come i perfluoroalchilici (Pfas), presenti in acqua potabile, pentole e imballaggi, intensificano l’infiammazione. Inquinanti atmosferici come Pm2.5 e Pm10, tipici delle aree urbane, colpiscono cervello e polmoni, mentre la formaldeide in mobili nuovi può provocare infiammazione cardiovascolare. Gli esperti consigliano purificatori d’aria per chi vive in zone inquinate. La sedentarietà aumenta i marker infiammatori, secondo uno studio del 2021. L’accumulo di grasso corporeo, responsabile del 30% dell’interleuchina-6 nel sangue, alimenta l’infiammazione. La perdita muscolare, del 3-8% ogni decennio in chi non si allena, riduce le molecole antinfiammatorie. Uno studio britannico su oltre 4 mila adulti ha mostrato che 150 minuti settimanali di esercizio moderato-intenso abbassano significativamente i livelli di proteina C-reattiva e interleuchina-6.

Lo stress, pur invisibile, è un potente fattore infiammatorio, riducendo la capacità delle cellule immunitarie di spegnere l’infiammazione e attivando ormoni pro-infiammatori attraverso la risposta di lotta o fuga. Gli esperti suggeriscono di riformulare lo stress come una sfida positiva e di adottare un approccio di crescita per gestirlo. Lo stress eccessivo sottrae energia ad organi come i reni, compromettendone la funzione e favorendo l’infiammazione. Rabbia e dubbi aggravano il problema, ma ridurre l’interpretazione dei comportamenti altrui e dedicare 10 minuti al giorno a meditazione o rilassamento attiva il sistema parasimpatico, favorendo il recupero. Uno studio randomizzato conferma che la meditazione riduce i marker pro-infiammatori e migliora la resilienza. Anche la solitudine aumenta significativamente l’infiammazione. Un approccio personalizzato, che combini dieta equilibrata, esercizio regolare e rafforzamento delle relazioni sociali, è essenziale per contrastare questa minaccia.

Le informazioni e le opinioni contenute in questo articolo non costituiscono parere medico. Si consiglia di confrontarsi sul tema col proprio medico curante e/o con specialisti qualificati.


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