In Italia, ogni due minuti e mezzo una persona è colpita da un ictus, seconda causa di morte nel Paese e principale responsabile di disabilità a lungo termine. Questa patologia non è solo un’emergenza improvvisa, ma una condizione cronica con effetti duraturi e un alto rischio di recidiva. Anche se i danni cerebrali non possono essere annullati, l’ictus è altamente trattabile e, soprattutto, prevenibile: oltre l’80% dei casi si potrebbe evitare con adeguate misure di prevenzione.
L’ictus si presenta in due forme principali. L’ictus ischemico, che costituisce circa l’87% dei casi, si verifica quando un coagulo o l’accumulo di placche ostruisce il flusso di sangue e ossigeno verso le cellule cerebrali, spesso a causa dell’aterosclerosi, che irrigidisce e restringe le arterie, in particolare quelle cerebrali o del collo, come nella malattia delle arterie carotidi. Più raramente, tumori, infezioni o edema cerebrale possono ridurre la pressione sanguigna, innescando questa forma di ictus. L’ictus emorragico, invece, deriva dalla rottura di un vaso cerebrale, con conseguenti emorragie che aumentano la pressione e danneggiano il cervello. Anomalie vascolari congenite possono predisporre a entrambe le varianti.
I fattori di rischio, controllabili per l’82-90%, giocano un ruolo cruciale. Il fumo, attivo o passivo, compromette cuore e vasi sanguigni — mentre l’eccesso di alcol — oltre sette bevande a settimana — eleva pressione e trigliceridi. L’uso di droghe come anfetamine, cocaina o cannabis, specialmente per via endovenosa, aumenta la probabilità di coaguli. La sedentarietà, un’alimentazione ricca di grassi trans o bevande zuccherate e i disturbi del sonno favoriscono obesità, ipertensione, colesterolo alto e diabete, tutti precursori dell’ictus. Patologie come fibrillazione atriale, anemia falciforme, aneurismi, malformazioni vascolari e dislipidemia accrescono il pericolo, così come ansia, depressione, stress cronico e isolamento sociale. Terapie ormonali, farmaci anticoagulanti o antinfiammatori, inquinamento atmosferico e microplastiche — rilevate nelle placche carotidee e associate, secondo uno studio del 2024, a un rischio 4,5 volte superiore — sono ulteriori fattori aggravanti. Tra i fattori non modificabili, l’età, con un rischio che raddoppia ogni decennio dopo i 55 anni, il genere — gli uomini sono più colpiti, ma le donne rischiano maggiormente il decesso — la genetica e l’etnia rivestono un ruolo significativo.
I sintomi dell’ictus emergono improvvisamente, con massima intensità all’esordio, e variano a seconda della regione cerebrale colpita, interessando di solito un lato del corpo, opposto al lato del cervello danneggiato, salvo nei casi che coinvolgono il tronco encefalico. Intorpidimento, debolezza o paralisi di un arto, confusione, difficoltà di parola, problemi visivi, instabilità, vertigini, difficoltà di deglutizione e perdita di memoria sono i segnali più comuni. Nelle donne, si possono manifestare anche dolore al viso o agli arti, nausea, singhiozzo, dolore toracico o dispnea. Nell’ictus emorragico compaiono sintomi aggiuntivi come perdita di coscienza, convulsioni, sensibilità alla luce, rigidità cervicale, cefalea intensa e tremori. Un attacco ischemico transitorio, noto come mini-ictus, presenta sintomi simili ma temporanei, senza danni permanenti, ma richiede un intervento medico immediato come segnale d’allarme.
La diagnosi si avvale di esami neurologici, scale di valutazione e tecniche di imaging come Tac, risonanza magnetica, angiografia, ecografia Doppler ed ecocardiogramma, integrate da analisi del sangue, monitoraggio cardiaco e, in alcuni casi, puntura lombare per individuare cause e complicanze. Tecnologie avanzate, come il sistema Brainomix 360 Stroke, analizzano le Tac in tempo reale, triplicando, secondo studi recenti, la probabilità di recupero funzionale dei pazienti, dal 16% al 48%. Il trattamento, un’urgenza medica, punta a ripristinare il flusso sanguigno, controllare le emorragie e stabilizzare i segni vitali. Nell’ictus ischemico, l’attivatore del plasminogeno tissutale, somministrato entro tre ore, scioglie i coaguli, mentre farmaci come l’aspirina prevengono nuove ostruzioni. Nell’ictus emorragico, medicinali per la pressione e vitamina K limitano il sanguinamento. Interventi chirurgici come trombectomia, endarterectomia carotidea, craniotomia, clipping dell’aneurisma o embolizzazione affrontano ostruzioni o emorragie. La riabilitazione, attraverso fisioterapia, terapia occupazionale, logopedia e supporto psicologico, è essenziale per recuperare le funzionalità perse. Mentre l’agopuntura, supportata da studi del 2019 e 2022, favorisce il recupero cerebrale. Erbe come ginseng, astragalo e ginkgo biloba, previa approvazione medica, possono coadiuvare la guarigione.
Il recupero a lungo termine richiede abitudini di vita sane: gestione di patologie croniche, eliminazione del fumo, limitazione dell’alcol e attività fisica regolare, con almeno 150 minuti settimanali di esercizio aerobico moderato. Una dieta equilibrata, ricca di pesce, carne, uova, grassi sani, frutta e verdura, ma povera di carboidrati, è fondamentale. Pratiche come tai chi, yoga e meditazione migliorano il benessere fisico e mentale, mentre integratori come vitamine B, D, C ed E possono supportare il recupero. La salute mentale, affrontata tramite gruppi di supporto o terapie, è cruciale per contrastare depressione e isolamento, che colpiscono fino al 70% dei pazienti.
La prevenzione si fonda sull’evitare i fattori di rischio controllabili, gestire le patologie croniche e adottare una dieta sana. Ridurre lo stress e usare quotidianamente il filo interdentale, che secondo uno studio del gennaio 2025 riduce il rischio di ictus ischemico del 22%, sono misure efficaci. Le complicanze, come dolore alla spalla, coaguli, debolezza muscolare, difficoltà di deglutizione, convulsioni, alterazioni cognitive e isolamento sociale, possono perdurare, richiedendo un approccio integrato per migliorare la qualità della vita.
Le informazioni e le opinioni contenute in questo articolo non costituiscono parere medico. Si consiglia di confrontarsi sul tema col proprio medico curante e/o con specialisti qualificati.