Come prevenire e curare le infezioni alle vie urinarie

di Redazione ETI/Mercura Wang
8 Settembre 2025 19:50 Aggiornato: 8 Settembre 2025 19:50

Le infezioni delle vie urinarie, note come Ivu, costituiscono una delle patologie più comuni tra le donne, colpendo ogni anno oltre il 10% per cento della popolazione femminile in Italia. Queste affezioni si verificano quando microrganismi nocivi, principalmente batteri, superano le difese naturali dell’organismo e proliferano nell’apparato urologico, generando sintomi spesso invalidanti. La loro frequente tendenza a ripresentarsi le rende particolarmente insidiose, sebbene, nella maggior parte dei casi, risultino efficacemente trattabili.

L’apparato urologico, composto da reni, ureteri, vescica e uretra, regola l’equilibrio dei fluidi corporei ed elimina i rifiuti attraverso l’urina. Quando patogeni, solitamente attraverso l’uretra, penetrano e risalgono verso la vescica o, nei casi più gravi, i reni, possono scatenare un’infezione. Nonostante l’organismo disponga di difese naturali, come l’acidità dell’urina o le sostanze antinfettive prodotte dalla prostata negli uomini, queste possono risultare insufficienti.

Oltre l’85% delle infezioni è causato da batteri, con Escherichia coli come principale responsabile, seguito da Staphylococcus saprophyticus in una quota compresa tra il 5 e il 15%. Scarsa igiene, rapporti sessuali o l’uso di cateteri in ambito sanitario sono tra le vie di trasmissione più comuni. Più raramente, virus come l’herpes simplex o funghi come Candida colpiscono le vie urinarie, soprattutto in individui con difese immunitarie compromesse. Anche parassiti, come trematodi, possono essere implicati, benché in misura minore.

Numerosi fattori accrescono il rischio di queste patologie. Tra le donne, specialmente quelle tra i 16 e i 35 anni, l’attività sessuale rappresenta la causa principale, con quasi l’80% delle infezioni che si manifesta entro 24 ore dai rapporti. Alterazioni della flora vaginale, gravidanza, menopausa, stitichezza e predisposizioni genetiche contribuiscono ulteriormente. Condizioni come diabete, obesità o immobilità prolungata favoriscono l’insorgenza, così come interventi chirurgici urologici o, secondo uno studio condotto nel 2023, l’infezione o la vaccinazione contro il Covid-19, che possono incrementare il rischio di ingrossamento prostatico negli uomini.

I sintomi variano in base alla zona colpita. Nelle infezioni delle basse vie urinarie, come uretrite o cistite, si rilevano bruciore durante la minzione, stimolo frequente con emissione di poca urina, dolore addominale inferiore e urine torbide o maleodoranti. Le pielonefriti, più severe, provocano dolore lombare, febbre, nausea e malessere generale. Negli anziani, la confusione può essere l’unico segnale, mentre nei bambini si osservano febbre alta o enuresi notturna. Le infezioni ricorrenti, definite come due episodi in sei mesi o tre in un anno, colpiscono tra il 20 e il 40% delle donne con una storia di Ivu, mentre quelle croniche persistono per la capacità dei batteri di annidarsi nel rivestimento vescicale.

La diagnosi si basa su anamnesi ed esame fisico, spesso integrati da analisi delle urine per rilevare globuli bianchi o nitriti. La coltura urinaria identifica i patogeni e verifica l’efficacia degli antibiotici, mentre test del Dna urinario precisano la natura del microrganismo. Nei casi complessi, esami del sangue, ecografie o cistoscopie individuano anomalie strutturali o infezioni più gravi.

Il trattamento dipende dalla gravità. Per le infezioni lievi, i medici prescrivono antibiotici come nitrofurantoina o fosfomicina, con terapie di uno a cinque giorni per le donne e di sette a 14 giorni per gli uomini, a causa delle differenze anatomiche. Nei bambini, i farmaci sono calibrati su peso ed età, mentre casi particolari, come donne in gravidanza, richiedono cure prolungate. Gli antibiotici, tuttavia, possono causare complicanze, come infezioni resistenti o danni intestinali da Clostridioides difficile. Nei casi più gravi, è necessario il ricovero.

Oltre agli antibiotici, interventi chirurgici correggono eventuali anomalie strutturali, mentre analgesici da banco alleviano bruciore e febbre. Terapie alternative, come l’agopuntura, hanno mostrato efficacia: una ricerca del 2020 ha rilevato che le donne trattate con questa tecnica avevano maggiori probabilità di guarigione rispetto a quelle curate con antibiotici. Rimedi erboristici come il decotto di Polyporus umbellatus, una formula tradizionale cinese, la polvere delle Otto Erbe — utilizzata nella medicina orientale per trattare le infezioni urinarie — e l’uva ursina, approvata in Germania per il trattamento delle cistiti, si sono dimostrati efficaci. Similmente, l’Angocin, un preparato erboristico tedesco a base di nasturzio e radice di rafano, offre proprietà antimicrobiche e antinfiammatorie, rappresentando un’alternativa valida agli antibiotici.

La prevenzione richiede uno stile di vita sano. Igiene genitale, biancheria traspirante, docce anziché bagni, idratazione regolare e limitazione dell’alcol riducono il rischio. Il succo di mirtillo rosso, grazie alle proantocianidine, impedisce l’adesione batterica, mentre probiotici in yogurt o kefir favoriscono l’equilibrio della flora. Mirtilli, berberina e D-mannosio offrono ulteriori benefici. Per i pazienti con catetere, una gestione scrupolosa è indispensabile. Se non trattate, le infezioni urinarie possono causare complicanze severe, come sepsi, danni renali permanenti, cicatrici renali con rischio di ipertensione o insufficienza renale, restringimento uretrale negli uomini o parto pretermine nelle donne in gravidanza. La prevenzione e un intervento tempestivo restano essenziali per scongiurare esiti a lungo termine.

Le informazioni e le opinioni contenute in questo articolo non costituiscono parere medico. Si consiglia di confrontarsi sul tema col proprio medico curante e/o con specialisti qualificati.


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