Come combattere l’ipotiroidismo

di Redazione ETI/Amy Denney
3 Settembre 2025 21:02 Aggiornato: 3 Settembre 2025 21:02

Il legame tra salute intestinale e funzionamento della tiroide è al centro di studi sempre più approfonditi per contrastare l’ipotiroidismo. Un microbiota intestinale squilibrato, fenomeno noto come disbiosi o alterazione della flora batterica, può ostacolare l’assorbimento di nutrienti fondamentali, incrementare la permeabilità intestinale e alimentare infiammazioni croniche, aumentando il rischio di patologie tiroidee. Migliorare la salute dell’intestino rappresenta un approccio accessibile per ottimizzare il funzionamento del regolatore ormonale, attraverso un’alimentazione mirata, un uso oculato dei farmaci e una gestione efficace dello stress.

L’asse intestino-tiroide evidenzia il ruolo del microbiota nell’assorbimento di minerali essenziali come iodio, selenio, zinco e ferro, indispensabili per la ghiandola tiroidea. Una revisione pubblicata su Nutrients sottolinea che la composizione microbica intestinale determina la disponibilità di questi micronutrienti, cruciali per prevenire e trattare disturbi tiroidei. La disbiosi, comune nei pazienti con ipotiroidismo, compromette la risposta immunitaria e riduce gli ormoni stimolanti la tiroide, indebolendo la barriera intestinale. Questo favorisce la fuoriuscita di antigeni, innescando infiammazioni o risposte autoimmuni. Patologie come la celiachia o la sensibilità al grano non celiaca, legate alla disbiosi, sono frequenti nella tiroidite di Hashimoto e nella malattia di Graves, entrambe condizioni autoimmuni. Una recente analisi pubblicata su Nutrients identifica la disbiosi come fattore scatenante di malattie autoimmuni, causata da farmaci, infezioni, diete squilibrate e stress. Sostanze come i ftalati — presenti in plastica e cosmetici — trasferiti ai neonati attraverso l’allattamento, possono favorire la proliferazione di microbi dannosi, contribuendo a disbiosi e disturbi metabolici.

Per contrastare questo squilibrio, i probiotici — microrganismi vivi che favoriscono l’equilibrio intestinale — promuovono la crescita di microrganismi benefici, migliorando l’assorbimento dei minerali e, in alcuni casi, riducendo la necessità di integratori ormonali. Possono essere assunti anche durante terapie antibiotiche, necessarie per alcune infezioni ma dannose per il microbiota. Una guida clinica dell’Associazione scientifica internazionale per probiotici e prebiotici indica i prodotti più idonei da abbinare a diversi trattamenti. Per i pazienti tiroidei, una dieta basata su alimenti naturali, unita a una riduzione dello stress e a un sonno adeguato, è fondamentale. Farmaci come gli inibitori della pompa protonica o le pillole anticoncezionali, che alterano la diversità microbica, andrebbero evitati. Una dieta, ricca di verdure cotte, proteine di qualità, grassi sani e povera di zuccheri, sostiene il microbiota. È altrettanto importante limitare cibi ultraprocessati, grassi trans, pesticidi, dolcificanti artificiali, alcol, glutine e latticini, specialmente per chi soffre di tiroidite di Hashimoto. Ottimizzando la salute intestinale, si migliora l’assorbimento dei farmaci tiroidei, grazie a una maggiore acidità gastrica, alleviando lo stress sull’organismo.

Minerali come iodio, selenio, zinco, ferro, magnesio, rame e vitamine A e D sono determinanti per la funzione tiroidea. Lo iodio, presente in sale iodato, latticini, pane e pesce, è indispensabile, con un fabbisogno giornaliero di 150 microgrammi per gli adulti, da 220 a 250 per le donne incinte e da 250 a 290 per quelle che allattano. Un eccesso, oltre 1.100 microgrammi, può causare disfunzioni. Altrettanto fondamentale è il selenio, reperibile in noci del Brasile, semi di girasole, sardine e uova, che aiuta a prevenire ipotiroidismo e patologie autoimmuni. Una o due noci del Brasile al giorno coprono il fabbisogno, ma un eccesso può risultare dannoso. Il magnesio, presente in verdure a foglia verde, noci, semi e legumi, facilita la conversione degli ormoni tiroidei e migliora la motilità intestinale; poiché solo il 20% di quello assunto oralmente viene assorbito, si consigliano integratori, bagni con sale di Epsom o applicazioni cutanee. Altrettanto rilevanti sono ferro, zinco, rame e vitamine A e D: carenze di ferro sono frequenti nei pazienti con tiroidite di Hashimoto, mentre un deficit di vitamina D è associato a un maggiore rischio di cancro tiroideo. Non meno importanti, potassio e sodio, spesso carenti nelle donne con problemi tiroidei, sostengono l’ipofisi, che regola la ghiandola tiroidea. Bevande come acqua di cocco con succo di limone e un pizzico di sale, o acqua con cremor tartaro e succo d’arancia, favoriscono il reintegro di questi minerali, evitando il sodio in caso di ipertensione.

Lo stress, aggravando la salute di intestino e tiroide, altera l’asse ipotalamo-ipofisi-tiroide e il microbiota intestinale. Secondo uno studio pubblicato su Scientific Reports, eventi stressanti modificano il microbiota del 5%, un impatto paragonabile a quello della dieta. Un’analisi pubblicata su Cureus correla lo stress a livelli elevati di ormone stimolante la tiroide, con fattori come età avanzata e obesità legati a ipotiroidismo subclinico. Tecniche come meditazione, scrittura, esercizi di respirazione o attività creative sono essenziali per gestire lo stress, evitando esercizi fisici intensi.

I test tiroidei, spesso limitati all’ormone stimolante la tiroide (Tsh), possono risultare normali nonostante problemi tiroidei. Un pannello completo, con sei test funzionali, rileva anomalie nella conversione ormonale, un processo intestinale. Test minerali, fecali e del respiro individuano carenze o infezioni, come la sovracrescita batterica, presente nel 50% dei pazienti ipotiroidei. Batteri come l’Helicobacter pylori, associati a patologie tiroidee, richiedono attenzione. I test per anticorpi tiroidei consentono di individuare l’autoimmunità prima che il Tsh si alteri, favorendo interventi precoci per prevenire danni alla tiroide.

Le informazioni e le opinioni contenute in questo articolo non costituiscono parere medico. Si consiglia di confrontarsi sul tema col proprio medico curante e/o con specialisti qualificati.


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