Gli stipendi non si aumentano «col salario minimo che depotenzierebbe la contrattazione mentre questa va assolutamente difesa». Lo sostiene in un’intervista alla Stampa il ministro del Lavoro Marina Calderone che oltre al rinnovo degli accordi scaduti per aumentare i salari punta invece a favorire gli accordi di produttività con misure come quella inserita nell’ultima legge di bilancio che ha ridotto al 5 per cento le tasse su questi incrementi di stipendio.
Quanto ai referendum promossi dalla Cgil, per cui si voterà domenica e lunedì, si limita a dire di avere «grande rispetto per tutte le scelte dei cittadini. Mi preme solo sottolineare che, a prescindere dai risultati, proseguiremo sulla strada del confronto con tutte le parti sociali sulle riforme del lavoro che porteremo avanti nei prossimi mesi». Anche gli ultimi dati su occupati e disoccupati sono positivi. Ed al di là delle possibili variabili, a partire dalla guerra dei dazi, è possibile consolidare questo dato «investendo in formazione. In questi anni, quasi nessuno lo dice, sono aumentate le persone in cerca di lavoro e diminuiti gli inattivi. I Neet si sono ridotti di oltre 1 milione nell’ultimo lustro, ma per poter accompagnare al lavoro la massa di giovani e donne che ancora non studiano e non lavorano, dobbiamo costruire sempre più efficaci percorsi di formazione. Le politiche attive – aggiunge – saranno fondamentali in futuro, alla luce delle nuove competenze emergenti, che a volte rendono obsoleto anche il know-how già acquisito. Gli ingenti investimenti in politiche attive sono necessari anche per il drammatico calo demografico: rischiamo di non trovare le persone per sostituire l’enorme mole di lavoratori che a breve andrà in pensione. È una dinamica inedita, epocale, che non riguarda solo l’Italia ma nella quale il nostro paese sarà protagonista, alla luce dei flussi demografici in calo da almeno 20 anni. E già stiamo iniziando a vederne le conseguenze».
Una obiezione che viene rivolta al governo è però che l’occupazione aumenta molto più del Pil. Da cui si deduce che in larga parte di tratta di lavoro povero: «Ognuno può scegliere il dato che vuole. Il Pil non cresce quanto l’occupazione e questo in realtà spiega la capacità di resilienza delle nostre imprese e del mondo del lavoro. Le aziende sono consapevoli che oggi bisogna trattenere le competenze in azienda e non a caso i contratti a tempo indeterminato sono la stragrande maggioranza dei nuovi posti di lavoro creati in questi due anni e mezzo di Governo. Lo ha sottolineato – ricorda la ministra – anche il Presidente della Repubblica. Penso sia un dato che debba rendere tutti orgogliosi. Poi ovviamente ci sono le criticità, penso a giovani e donne».
Un terzo dei lavoratori dipendenti, 6,2 milioni dice la Cgil, però non arriva a mille euro al mese netti a causa di basse qualifiche, basse paghe orarie, lavori discontinui e tanto part time (per le donne in larga parte involontario): «Non voglio polemizzare con la Cgil, con la quale ho sempre cercato un rapporto costruttivo, soprattutto sui tavoli concreti, penso all’ultimo sulla sicurezza sul lavoro. Noi, in particolare per le donne, abbiamo reso pienamente operativo il bonus assunzionale, con un esonero dal versamento del 100 per cento dei contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro, per massimo 2 anni, a sostegno di contratti a tempo indeterminato, instaurati entro il 31 dicembre 2025. Parliamo di donne – continua – prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno 24 mesi, ovunque residenti (mentre al Sud il dato temporale scende addirittura a 6 mesi) o svantaggiate in quanto svolgono professioni o attività lavorative in settori economici caratterizzati da un’accentuata disparità occupazionale di genere (come le professioni Stem)». Si tratta di «incentivi riconosciuti solo a chi investe in rapporti di lavoro stabili. La verità è che oggi sono le aziende a volere i contratti a tempo indeterminato. Poi ci sono gli abusi, certo. E quelli vanno contrastati con severità assoluta».
Il ministro Calderone osserva infine che «a breve il Senato approverà un disegno di legge delega che darà poi al ministero del lavoro e delle politiche sociali la possibilità di individuare soluzioni importanti per milioni di lavoratori. Il nostro obiettivo resta la salvaguardia della contrattazione collettiva, che sarebbe depotenziata dal salario minimo, e un investimento forte sulla produttività».