I dazi potrebbero sottrarre «quasi un punto percentuale alla crescita mondiale nell’arco di un biennio. Negli Stati Uniti, l’effetto stimato è circa il doppio». È quanto ha affermato il governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, presentando la relazione annuale sul 2024. «Le dispute commerciali e i conflitti in atto stanno incrinando la fiducia a livello internazionale, con effetti negativi sulle prospettive dell’economia globale. Siamo di fronte a una crisi profonda degli equilibri che hanno sorretto l’economia globale negli ultimi decenni», ha sottolineato Panetta, che ha aggiunto: «Le attuali dispute commerciali sono in parte l’esito di una crescente disillusione nei confronti della globalizzazione e dei benefici promessi dal libero scambio.
L’annuncio di dazi elevati, sembra essere utilizzato come leva negoziale per ridefinire i rapporti economici e politici internazionali». «I dazi – ha avvertito – potrebbero comportare una minore domanda di lavoro e un aumento delle pressioni inflazionistiche, in una fase già caratterizzata da aspettative di inflazione in rialzo. Stanno inoltre incidendo negativamente sulla fiducia di famiglie e imprese, con possibili ripercussioni su consumi e investimenti. Il susseguirsi di annunci, smentite e revisioni alimenta incertezza e volatilità sui mercati. Si tratta di condizioni che rischiano di amplificare l’effetto dei dazi e che potrebbero protrarsi nel tempo, considerata la complessità dei negoziati commerciali».
«Le politiche protezionistiche stanno spingendo l’economia mondiale su una traiettoria pericolosa. I dazi oggi in vigore potrebbero ridurre il commercio internazionale di circa il 5 per cento, dando avvio a una riconfigurazione delle filiere produttive globali. Ne deriverebbe un sistema di scambi meno integrato e meno efficiente», ha osservato Panetta. Sul fronte delle politiche protezionistiche, «gli esiti delle trattative commerciali sono incerti, ma le ricadute sull’economia europea saranno comunque significative».
«Un ulteriore apprezzamento dell’euro, un aumento dell’incertezza o condizioni finanziarie più restrittive – ha ipotizzato – potrebbero amplificare l’impatto recessivo dei dazi». Al contrario, «progressi rapidi e concreti nelle trattative commerciali «attenuerebbero i rischi al ribasso sull’attività economica». Negli ultimi 15 anni, «il rapporto tra debito pubblico e Pil a livello globale è aumentato sensibilmente, con un’accelerazione marcata nelle due maggiori economie mondiali». Panetta ha evidenziato che il percorso della politica monetaria nei prossimi mesi «si prospetta tutt’altro che semplice. Le decisioni dovranno essere valutate volta per volta, sulla base dei dati disponibili e delle prospettive dell’inflazione e della crescita. Sarà essenziale mantenere un approccio pragmatico e flessibile».
«I timori espressi in passato riguardo al processo di disinflazione – ha proseguito – si sono rivelati infondati. Nel complesso, la disinflazione non ha comportato costi economici eccessivi ed è oggi vicina al completamento». L’economia europea, secondo il governatore, «ha bisogno di interventi rapidi e strutturali. Serve un programma di riforme sostenuto da risorse adeguate e scandito da tempi certi. In un contesto globale instabile, la priorità è rafforzare l’autonomia strategica. Serve un vero e proprio patto europeo per la produttività». «È urgente – ha poi affermato – completare la costruzione di un mercato dei capitali europeo pienamente integrato.
Per eliminare alla radice la frammentazione del mercato dei capitali lungo linee nazionali è cruciale introdurre un titolo pubblico europeo, con un duplice obiettivo: finanziare la componente pubblica degli investimenti e fornire un riferimento comune, solido e credibile all’intero sistema finanziario». Negli ultimi 30 anni, «la produttività del lavoro nell’Unione europea è cresciuta del 40 per cento, oltre 25 punti percentuali in meno degli Stati Uniti». «Rimane irrisolto – ha specificato Panetta – il nodo degli alti costi dell’energia. È necessario agire con determinazione per conciliare il contenimento dei costi energetici con il processo di decarbonizzazione. Una transizione efficace deve tener conto anche degli aspetti sociali e delle esigenze produttive, raggiungendo il giusto equilibrio tra ambizione e fattibilità».
Nel nuovo contesto internazionale, «è emersa la necessità di rafforzare la capacità di difesa europea. Si tratta di un obiettivo che richiede una strategia condivisa tra gli Stati membri, una solida governance comune e investimenti ingenti. Investire insieme nella sicurezza – ha precisato – non significa avviare una corsa agli armamenti, ma affrontare con realismo minacce comuni che nessun paese può contrastare da solo». Panetta si è poi soffermato sul fronte nazionale: «Negli ultimi cinque anni, nonostante le crisi pandemica ed energetica, il Paese ha mostrato segni di una ritrovata vitalità economica. Questi risultati sono stati favoriti da politiche espansive, ma non sarebbero stati possibili senza la ristrutturazione del tessuto produttivo avviata dopo la crisi dei debiti sovrani». «Per garantire un aumento duraturo delle retribuzioni è indispensabile rilanciare la produttività e la crescita attraverso l’innovazione, l’accumulazione di capitale e un’azione pubblica incisiva».
«L’invecchiamento della popolazione e la bassa natalità – ha dichiarato – sono destinati a incidere profondamente sul potenziale di crescita dell’economia italiana. Secondo l’Istat, entro il 2040 il numero di persone in età lavorativa si ridurrà di circa 5 milioni. Ne potrebbe conseguire una contrazione del prodotto stimata nell’11 per cento, pari all’8 in termini pro capite. Un aumento dei tassi di partecipazione al mercato del lavoro attenuerebbe questo impatto.
L’immigrazione regolare può fornire un apporto rilevante, soprattutto nei settori delle costruzioni e del turismo, che registrano una crescente scarsità di manodopera. Il suo contributo può estendersi alle attività a maggior valore aggiunto, a condizione che si riesca ad attrarre profili qualificati». «Il percorso di risanamento dei conti pubblici – ha sottolineato Panetta – è solo all’inizio. Il debito resta elevato e, nei prossimi anni, la spesa sarà sottoposta a pressioni. I progressi compiuti negli ultimi anni devono spingerci a mantenere una politica di bilancio prudente e a intensificare l’azione di riforma necessaria a sostenere la crescita».
In relazione al Piano nazionale di ripresa e resilienza, «l’Italia ha finora ricevuto 122 miliardi di euro e ne ha utilizzati oltre la metà. Il pagamento delle prossime rate dipenderà dal raggiungimento di obiettivi relativi alla realizzazione di opere pubbliche; a tale riguardo, i dati attualmente disponibili suggeriscono l’esistenza di ritardi. Gli interventi previsti per il biennio 2025-26 potrebbero innalzare il prodotto dello 0,5 per cento. In una fase di debolezza ciclica è essenziale procedere con determinazione nella loro attuazione».
Le aggregazioni bancarie, secondo il governatore, «rappresentano un delicato momento di discontinuità nella vita degli intermediari. Devono servire a rafforzarli, e a questo scopo è necessario che siano ben concepite e volte unicamente alla creazione di valore. Negli ultimi mesi sono state annunciate operazioni di concentrazione complesse, in alcuni casi tra loro in competizione. Tre anni di forti profitti hanno messo a disposizione delle banche risorse significative, oggi impiegate per avviare iniziative che ridurrebbero la frammentazione del mercato creditizio italiano. Il giudizio su ciascuna offerta spetta alle dinamiche di mercato e alle scelte degli azionisti».
A livello internazionale «le connessioni tra il mondo delle criptoattività e il sistema finanziario si stanno intensificando. Questi sviluppi – ha messo in evidenza – hanno implicazioni sul fronte dei rischi. Sarebbe illusorio pensare che l’evoluzione delle criptoattività possa essere governata solo con divieti o vincoli normativi». Panetta ha concluso il suo discorso affermando che «dobbiamo prepararci a navigare in queste acque incerte, senza rinunciare ai nostri valori e senza restare indietro. Il sistema multilaterale che, pur sbilanciato e non privo di contraddizioni, cercava di risolvere i problemi in base a regole condivise, accogliendo le istanze comuni, è in crisi. Al suo posto, si sta imponendo un ordine multipolare in cui aumenta il peso dei rapporti di forza. Ne stanno risentendo persino le relazioni, storicamente molto strette, tra Stati Uniti ed Europa. Le affinità culturali e i legami economici che ci uniscono dovranno alla fine prevalere sugli attriti presenti».