Anche l’Onu conferma che l’Iran non rispetta l’Accordo sul nucleare

di Redazione ETI
20 Settembre 2025 8:35 Aggiornato: 20 Settembre 2025 9:25

Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha respinto la proposta di revoca delle sanzioni contro l’Iran relative al suo programma nucleare. Le sanzioni contro il regime degli ayatollah torneranno in forza fra una settimana.

Il 19 settembre, il Consiglio ha bocciato nove a sei una risoluzione presentata dalla Corea del Sud, che detiene attualmente la presidenza a rotazione dell’organismo composto da quindici membri. Quattro nazioni, tra cui Cina, Russia, Pakistan e Algeria, hanno votato a favore. La decisione attiva il meccanismo di “snapback”, in virtù del quale tutte le sanzioni Onu in vigore prima dell’Accordo del 2015 saranno automaticamente ripristinate il 27 settembre, salvo il raggiungimento (improbabile) di un nuovo accordo.
Il piano d’azione mirava a limitare le attività nucleari dell’Iran in cambio di un alleggerimento delle sanzioni. Le sanzioni ripristinate congeleranno i beni iraniani all’estero, imporranno un embargo sulle armi e limiteranno lo sviluppo di missili balistici. Francia, Germania e Regno Unito, il Terzetto, insieme a Cina e Russia, sono firmatari del’Accordo. Negli ultimi mesi, il Terzetto e l’alto rappresentante per la politica estera dell’Unione europea, Kaja Kallas, avevano inutilmente intrattenuto colloqui con Teheran, che non ha mai smesso di sviluppare il proprio programma, in violazione dell’Accordo.
Due settimane fa, l’Iran ha accettato di riaprire i rapporti con l’Agenzia internazionale per l’energia atomica, ma diplomatici occidentali hanno affermato che l’Iran non ha adottato le misure necessarie per evitare il ripristino delle sanzioni.

Prima del voto, parlando a un’emittente israeliana Emmanuel Macron aveva confermato che il meccanismo di “snapback” previsto dalla Risoluzione 2231 delle Nazioni Unite, che ripristina le sanzioni in caso di violazione dell’accordo nucleare del 2015 da parte dell’Iran, sarebbe stato attivato. Il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Esmaeil Baghaei, aveva attaccato poi Macron: «Perché il presidente Macron sceglie in fretta e furia un canale televisivo israeliano per respingere quella che ammette essere una proposta ragionevole da parte dell’Iran, e rassicura il suo pubblico ‘selezionato’ che lo snapback è ‘cosa fatta’?». Araghchi ha dichiarato il 18 settembre che Teheran aveva proposto ai colleghi europei un «piano ragionevole e attuabile» per scongiurare «una crisi inutile e evitabile». Ma rimane il fatto che il regime degli ayatollah non abbia mai rinunciato al proprio «diritto» di sviluppare il proprio programma nucleare a scopi «pacifici», cioè per produrre energia, nonostante l’Iran galleggi sul petrolio e abbia il 16% del gas naturale (una risorsa pulita e ecologica). Una spiegazione ancor meno convincente se si considera che il regime degli ayatollah, da quando ha preso il potere con un colpo di Stato nel 1979, dichiara esplicitamente che Israele e gli Stati Uniti (che sono dei “figli di Satana”, per gli ayatollah) debbano essere annientati

Gli Stati Uniti si sono ritirati dall’Accordo nel 2018, durante il primo mandato di Donald Trump, che allora lo aveva definito «uno dei peggiori e più squilibrati accordi in cui gli Stati Uniti si siano mai imbarcati», perché non affrontava il programma missilistico balistico dell’Iran, non tutelava adeguatamente gli interessi di sicurezza statunitensi e mancava di misure di verifica efficaci.

 

 


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