Ambasciatore israeliano in Italia: le negoziazioni sono tutte fallite

di Agenzia Nova
21 Giugno 2025 12:02 Aggiornato: 21 Giugno 2025 12:02

Israele crede che l’azione militare sia «l’ultima» da intraprendere solo dopo aver «esaurito quella diplomatica». Nel caso dell’Iran, al momento le negoziazioni «non sono sul tavolo». Lo ha detto l’ambasciatore d’Israele in Italia, Jonathan Peled, in un’intervista a Agenzia Nova.

Dallo scorso 13 giugno sono in corso scontri militari tra Israele e Iran, scoppiati a seguito dell’avvio di bombardamenti da parte di Tel Aviv contro la Repubblica islamica, nell’ambito dell’operazione “Rising Lion”. In risposta, l’Iran ha lanciato centinaia di missili contro lo Stato ebraico, la maggior parte dei quali sono stati intercettati dalla difesa aerea israeliana. «Israele non è stata parte della negoziazione» prima della guerra in corso, «mentre l’Iran ha negoziato per anni con l’Europa, con i Paesi E3 (Francia, Germania e Regno Unito, tra i Paesi firmatari del Piano d’azione congiunto globale noto come Jcpoa, ossia l’accordo sul nucleare del 2015), con l’Agenzia internazionale per l’energia atomica, con le Nazioni Unite, e abbiamo visto che le negoziazioni non hanno avuto successo», ha affermato l’ambasciatore Peled, ribadendo che lo Stato ebraico «non sta negoziando con nessuno». E «neanche la questione della possibilità della Russia come Paese mediatore è stata discussa finora». Per quanto riguarda le prossime fasi dell’operazione israeliana in Iran, l’ambasciatore Peled ha confermato che le Forze armate di Israele devono «innanzitutto completare l’obiettivo di rimuovere questa doppia minaccia costituita da armi nucleari e missili balistici. Questo è l’obiettivo al momento».

«Abbiamo il sostegno dell’Occidente e degli Stati Uniti per continuare ad assicurare di poter rimuovere la minaccia iraniana sia per il nostro bene che per quello dell’Europa», ha sottolineato Peled. Secondo quanto affermato da diversi funzionari israeliani, l’Iran rappresenta una minaccia non solo per Israele, ma anche per l’intero Medio Oriente e per l’Europa. Per evitare un’escalation nella regione mediorientale, si è tenuto a Ginevra un incontro tra il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi, gli omologhi di Francia, Germania e Regno Unito, e l’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza, Kaja Kallas. Parigi, Londra e Berlino hanno preso parte all’incontro per presentare all’Iran una «offerta di negoziazione completa» in merito al nucleare, alle attività balistiche e al finanziamento dei gruppi terroristici nella regione. «Insieme a Francia, Regno Unito e Germania, al G7, in generale, tutti capiscono che l’Iran non può possedere capacità nucleari. Tutti stanno quindi cercando un modo per liberare il Medio Oriente e tutto il mondo da questa minaccia», ha affermato l’ambasciatore israeliano. «Credo che l’opzione militare, insieme all’opzione diplomatica, se raggiungiamo l’obiettivo di rimuovere il programma nucleare, sarà sempre una strada da perseguire per noi», ha dichiarato Peled.

«Ovviamente tutte le strade portano all’Iran», lo stesso Paese che ha «permesso si realizzasse»  il 7 ottobre 2023 – giorno dell’attacco del movimento islamista palestinese Hamas in Israele – ha proseguito l’ambasciatore. «Se riusciremo a indebolire l’Iran e a ridurre il suo potere e il suo controllo su Hamas e le altre organizzazioni terroristiche, questo avrà un effetto positivo sui risultati della guerra nella Striscia di Gaza. Non dobbiamo dimenticare che ci sono ancora 53 ostaggi (detenuti dai gruppi islamisti a Gaza) che stiamo cercando di liberare e c’è stato, sul tavolo, un cessate il fuoco temporaneo che gli Usa hanno presentato. Israele l’ha accettato, Hamas l’ha rifiutato. Speriamo quindi che queste operazioni in Iran possano aiutare a ottenere un effetto positivo anche sul fronte sud» con Gaza, ha affermato Peled.

«Noi israeliani siamo purtroppo abituati a vivere sotto minaccia e sotto attacchi missilistici, questa non è una nuova situazione per noi. Abbiamo vissuto sotto il lancio di migliaia di missili negli ultimi dieci anni», ha spiegato l’ambasciatore. «Questa non è una situazione facile, ma tutti gli israeliani capiscono che questa è l’opportunità giusta per ridurre questa continua minaccia (l’Iran) che ha sostenuto Hamas il 7 ottobre, gli Houthi in Yemen e (il movimento sciita libanese) Hezbollah al confine settentrionale di Israele», ha evidenziato Peled. Secondo il diplomatico, «tutti capiscono perché è stato necessario prendere questa scelta militare (l’attacco del 13 giugno contro la Repubblica islamica), perché nessun’altra opzione diplomatica o politica ha funzionato finora».

Per quanto riguarda le conseguenze economiche della guerra, l’ambasciatore Peled ha affermato che il suo Paese «è un’economia forte e vibrante».

«La guerra ha ovviamente delle conseguenze economiche» e «non può continuare per sempre», ha ammesso il diplomatico. «Il pericolo di un’escalation e l’attacco dell’Iran contro Occidente, Europa e Medio Oriente hanno anche implicazioni economiche. Bisogna tagliare le perdite a breve termine per garantire che non ci siano conseguenze economiche e politiche a lungo termine», ha proseguito Peled. Tuttavia, secondo il diplomatico, è necessario tener conto degli attacchi degli Houthi – sostenuti da Teheran – nel Golfo di Aden, «qualcosa che distrugge anche il mercato marittimo mondiale».

«Credo che tutti capiscono che dobbiamo fare un ultimo sforzo per rimuovere questa minaccia una volta per tutte».