Nella puntata di Quarta Repubblica andata in onda il 17 novembre su Rete 4, l’ospite Stefano Cappellini, vicedirettore di Repubblica, ha chiesto all’altro ospite, il senatore Lucio Malan, se secondo lui la Cina sia un Paese comunista.
La Repubblica Popolare Cinese ha scritto nella propria Costituzione che essa si definisce un Paese socialista, e che ambisce al comunismo come obiettivo ultimo. Chi non è d’accordo con quest’ultima definizione, sebbene sia scritto nella Costituzione cinese, potrebbe ribattere che non sia così, e che in realtà la Cina oggi sia un Paese capitalista. Quello cinese attualmente si può definire in effetti un ‘capitalismo di Stato’. Ma questo cosa significa esattamente? Che lo Stato, oltre a controllare ogni aspetto della società, controlla anche l’economia. E queste sono, a tutti gli effetti, le caratteristiche di uno Stato socialista: questo è il socialismo.
Come noto, con la riforma di Deng Xiaoping, dal 1978, la Cina ha liberalizzato una parte del mercato e dell’economia. Una mossa quasi forzata, poiché in tutti i Paesi satelliti dell’Urss il comunismo stava crollando a causa delle rivolte delle popolazioni ridotte letteralmente alla fame. Per non far crollare il sistema anche in Cina, Deng ha usato il metodo della carota (dopo il bastone di Mao), dando un contentino alla popolazione. Questa riforma ha avuto l’effetto di indurre il mondo libero a pensare che la Cina, dopo anni di dittatura comunista di Mao Zedong, si fosse finalmente aperta e anche civilizzata. In ogni caso, avendo oggi ancora la Cina un’economia pianificata, è ben lungi dal definirsi uno Stato liberale. E da qui ecco la definizione di “Capitalismo di Stato”, ovvero il socialismo con caratteristiche cinesi, dove uno Stato (a partito unico) controlla ancora gran parte dell’economia.
Ma l’aspetto fondamentale che molti tralasciano di ricordare è che in realtà quella di Deng Xiaoping è stata solo una riforma economica: c’è stata una liberalizzazione (parziale) dell’economia da una parte, ma dall’altra – dal punto di vista dei diritti e delle libertà fondamentali – la Repubblica Popolare Cinese è rimasta sempre quella di Mao Zedong. Non c’è libertà di fede, non c’è libertà di espressione, non c’è libertà di riunione, e ci sono persino le persecuzioni religiose o dei dissidenti politici. Tutti i tratti distintivi di una dittatura. Anzi, di una tirannide. Da questo punto di vista – quello più cruciale di tutti – è rimasta una chiusura totale, anche dopo Deng Xiaoping.
E i crimini contro i diritti umani in Cina sono fatti ormai assodati e riconosciuti da molti, per quanto il Partito Comunista Cinese cerchi di nasconderli o negarli. E infatti, la reazione naturale di quelle persone che hanno creduto alla propaganda comunista del ‘fare del bene al prossimo andando incontro ai bisogni di ciascuno’ – e che al contempo non negano l’esistenza delle violazioni dei diritti umani in Cina – è quella di pensare che, dal momento che la Cina non è un Paese comunista, a commettere quelle violazioni dei diritti umani non sia il comunismo. La colpa, per loro, è del sistema capitalistico. Queste persone dimenticano però che la Cina è appunto un sistema a Capitalismo ‘di Stato’, ovvero uno Stato socialista. E l’unico modo per arrivare al comunismo, che è l’obiettivo ultimo, è questa fase di transizione di controllo totale socialista. E questo il Partito Comunista Cinese lo capisce bene.
Tornando quindi alla domanda iniziale: sì, in realtà, fatte le dovute premesse, la Cina è proprio l’esempio perfetto di comunismo, con tutto ciò che esso comporta per la società: brutali violazioni dei diritti umani, mancanza di diritti fondamentali, persecuzioni. A dispetto di quelle che possano essere le idee di pace e fraternità, e di tutte le belle parole propagandate dallo Stato socialista che ambisce al comunismo – quella è solo la porzione retorica utilizzata per ottenere il consenso (chi non sarebbe d’accordo con la pace?) – quello che realizza alla fine il comunismo, attraverso la lunga fase di transizione socialista, è proprio il contrario di quello che professa: caos e distruzione causati dall’inseguimento di ideali utopici – la Storia lo ha dimostrato sulla pelle delle persone – come la redistribuzione delle ricchezze e l’abolizione della proprietà privata.
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