La Spagna preferisce la dittatura comunista cinese all’Europa

di Redazione ETI/Reuters
13 Novembre 2025 9:58 Aggiornato: 13 Novembre 2025 11:52

Cooperazione, interessi comuni e una profonda amicizia fra due Stati fra loro affini. Questo il messaggio che invia al mondo l’incontro fra il segretario generale del Partito comunista cinese e il re di Spagna.

Xi Jinping, nel corso dell’incontro di ieri, mercoledì 12, con il re spagnolo Felipe VI, ha prospettato una collaborazione «di grande influenza mondiale», manifestando la chiara volontà di assicurarsi l’appoggio della Spagna in seno all’Unione Europea in cambio di una maggiore stabilità economica per la nazione europea più vicina al regime comunista cinese.

Felipe è il primo monarca spagnolo in diciotto anni a compiere una visita di Stato in Cina. Madrid guida da tempo i tentativi di far riavvicinare l’Europa alla dittatura comunista cinese, per attrarre nuovi investimenti in Spagna, soprattutto dopo lo strappo (non ancora sanato) avvenuto con gli Stati Uniti rispetto al contributo della Spagna alla Nato, ma anche per una divergenza di visione sempre maggiore tra il governo e la corona iberici e l’Europa.
Da parte sua, il Partito comunista cinese non chiede di meglio di avere un alleato in Europa, ora che il ventennale idillio col Vecchio Continente sembra diventato storia antica e che le tensioni con l’America pesano seriamente sull’economia cinese. Il regime cinese mira a individuare nuovi sbocchi commerciali in aree come l’America Latina e il Nord Africa, in cui la Spagna vanta relazioni storiche consolidate.

«Il mondo ha bisogno di forze costruttive impegnate per la pace e lo sviluppo» ha dichiarato il dittatore cinese al re spagnolo durante il colloquio tenutosi nella Grande Sala del Popolo a Pechino e «la Cina è pronta a lavorare fianco a fianco con la Spagna per costruire un partenariato strategico a livello mondiale».
La Spagna, negli ultimi mesi, ha intensificato la propria azione diplomatica in seno all’Ue, presentando un nuovo programma di politica estera che prevede una cooperazione più stretta con Giappone e Corea del Sud per la sicurezza delle catene di approvvigionamento, insieme a legami economici più profondi con la Repubblica Popolare Cinese. «L’amicizia fra Spagna e Cina è senza dubbio di beneficio per entrambi i popoli e coerente con l’indole di due nazioni dalla lunga storia e dalla vocazione universale» ha dichiarato Felipe rivolgendosi al Segretario generale del Partito comunista cinese, aggiungendo poi: «si è forgiato un rapporto di fiducia».
Al termine dell’incontro, Xi e Felipe hanno presieduto alla firma di dieci accordi in materia anche di sicurezza alimentare, standard fitosanitari, insegnamento linguistico e cooperazione nei settori spaziale e astronomico.

Nel corso di un colloquio separato, il premier cinese Li Qiang ha dichiarato che il governo incoraggerà ulteriori investimenti di imprese cinesi in Spagna, in particolare nei comparti del fotovoltaico, dell’idrogeno verde e delle batterie per l’accumulo energetico.

A Bruxelles ovviamente una simile amicizia con la dittatura comunista cinese non è gradita. Washington, mesi fa, ha paragonato la decisione della Spagna di avvicinarsi commercialmente alla Cina a un «tagliarsi la gola», dopo che il ministro spagnolo dell’Economia iberico aveva suggerito che l’Europa dovrebbe allinearsi più strettamente con Pechino.

Nel settembre scorso la Cina ha imposto dazi del 62,4 per cento sui prodotti suinicoli provenienti dall’Ue, in risposta alla decisione della Commissione Europea di tassare le importazioni di veicoli elettrici cinesi. La Spagna si era astenuta dal voto. Da allora, il primo ministro Pedro Sánchez sta chiedendo (voce pressoché unica in Europa) l’abrogazione dei dazi e, in parallelo, sta promuovendo l’immagine della Spagna quale luogo d’investimento privilegiato per il regime cinese.

Secondo i dati dell’Agenzia spagnola per il commercio estero IcEX, nel 2024 le importazioni spagnole dalla Repubblica Popolare Cinese hanno raggiunto i 45 miliardi di euro, a fronte di esportazioni verso la Cina per soli 7 miliardi e mezzo.

 


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