Che fine ha fatto il Piano Casa del governo?

di Roberta Chiarello
4 Novembre 2025 16:19 Aggiornato: 4 Novembre 2025 16:19

«Decine di migliaia di abitazioni a prezzi calmierati». Con queste parole il vicepremier leghista Matteo Salvini ha scelto di presentare il Piano Casa in occasione del Meeting di Rimini, lo scorso agosto. Un pacchetto di misure voluto per aiutare le giovani coppie e incentivare la natalità, come ha spiegato durante l’evento il presidente del Consiglio Giorgia Meloni sottolineando – accompagnata da un tripudio di applausi – che «senza una casa è più difficile costruirsi una famiglia». Il Piano prevede, tra l’altro, anche il rafforzamento del Fondo di garanzia sui mutui per l’acquisto della prima casa, misure per implementare l’offerta di edilizia popolare e una revisione del Testo Unico dell’Edilizia.

Ma che fine ha fatto il Piano che promette di risolvere il disagio abitativo in Italia, già varato con la scorsa legge di bilancio ma mai approvato? Il dpcm che avrebbe dovuto essere emanato entro il 30 giugno 2025 non ha ancora visto la luce. Per il momento, il pacchetto prevede un finanziamento pluriennale da 660 milioni di euro, che lo stesso Salvini ha definito una «inezia», come riporta Ansa. Nemmeno nella Legge di Bilancio per il 2026 sembra esserci traccia di risorse per il Piano Casa, ma nel corso del Green Building Forum del 27 ottobre il leader della Lega ha auspicato che «parte dei fondi arrivi con gioia e entusiasmo da parte di un sistema – quello delle banche – che negli ultimi tre anni ha fatto 112 miliardi di euro di utili». Un paio di giorni dopo, invece, durante il vertice della Lega sulla manovra al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha spiegato che per il Piano Casa «ci sono risorse sia sul Fondo sociale per il clima, sia sul fondo Sviluppo e coesione che possono essere utilizzate già dal 2026».

Insomma, il Governo stenta a trovare una quadra sui conti e le politiche abitative restano “fossilizzate”, a fronte di un tessuto sociale in continuo cambiamento. I numeri, intanto, parlano chiaro e descrivono il disagio abitativo degli italiani non come una emergenza momentanea ma come un problema strutturale che merita di essere analizzato su più fronti.
In Italia è sempre più difficile acquistare un immobile, soprattutto per i giovani. Secondo un recente rapporto dell’Associazione nazionale costruttori edili (Ance), nelle grandi città 10 milioni di famiglie con un reddito fino a 24mila euro non riescono a comprare casa; Milano, Roma e Napoli sono le metropoli meno accessibili, seguite da Firenze e Venezia. Per pagare un mutuo si arriva a spendere la metà del proprio reddito, mentre il 20% delle famiglie meno abbienti si trovano costrette a spendere anche oltre i due terzi del proprio guadagno.

Se avere una casa di proprietà è un’utopia, spesso si opta per l’affitto. Ma anche in questo caso, il portafoglio degli italiani (e non solo) soffre. Il rapporto presentato da Scenari Immobiliari e Abitare Co. durante il Forum Locazione 2025 a Milano conferma la tendenza all’affitto, in particolare nelle grandi città, soprattutto a causa dei prezzi proibitivi delle case in vendita. All’aumentare della domanda, tuttavia, crescono anche i canoni di locazione: tra il 2015 e il 2024, gli affitti residenziali in Europa sono aumentati mediamente del 10,2% – si legge nel report. Nell’ultimo trimestre del 2024, l’affitto medio per un appartamento nelle principali capitali ha toccato i 1.600 euro mensili (+3,2% rispetto a fine 2023), con i monolocali a 1.200 euro (+2,2%) e le stanze per studenti che superano i 700 euro (+3,3%).
Tra le città più costose spicca Milano, con un canone medio per appartamento di 2.090 euro al mese, superando Parigi (1.900 euro) e avvicinandosi ad Amsterdam (2.070 euro, sebbene in leggero calo). E anche la proliferazione degli affitti brevi a uso turistico, genera in tutta Europa un pesante rincaro nei prezzi delle case.

IL PARADOSSO DELLE CASE VUOTE

C’è poi il capitolo delle “case popolari”. Secondo dati diffusi nel 2024 da Federcasa, associazione sindacale che si occupa di edilizia residenziale pubblica (Erp), su un totale di 769.745 alloggi Erp, quelli sfitti sono 60.217, le abitazioni popolari occupate abusivamente sono 16.214. In più, come conferma l’Ance, agli italiani sembrano non interessare le abitazioni di edilizia sociale pubblica, abitate solo dal 3,8% della popolazione, contro il 24% dell’Austria, il 16% della Francia e il 29% dell’Olanda.
Numeri che fanno riflettere sulla variegata natura del fenomeno della povertà abitativa, e gettano un faro su un assurdo paradosso per un Paese in cui l’aumento dei costi di case in vendita e in affitto è inarrestabile: l’Italia è il Paese europeo con il più alto numero di abitazioni vuote. A rivelarlo è il nuovo studio della Fondazione Ifel – l’Istituto per la Finanza e l’Economia Locale dell’Anci. Secondo i dati raccolti da Ifel su base Istat e Mef-Agenzia delle Entrate, il 55% delle famiglie italiane vive in una casa di proprietà, contro il 47% della Francia e il 41% della Germania. Allo stesso tempo, però, nel nostro Paese il 27,3% delle abitazioni non sono occupate, un valore triplo rispetto ai vicini francesi (7,8%) e sei volte superiore ai tedeschi (4,4%). Secondo il Censimento Istat 2021, su circa 35 milioni di abitazioni censite, più di 9,5 milioni risultano non utilizzate o occupate in modo discontinuo. All’interno di questo insieme, lo studio individua circa 5 milioni e 700 mila unità immobiliari “a disposizione” delle famiglie, spesso seconde case o immobili ereditati che non entrano sul mercato.

È il ritratto di un Paese ricco di patrimonio immobiliare ma povero di politiche abitative attive, in cui si delinea una combinazione “perfetta” fatta da un’offerta potenzialmente enorme ma in larga parte immobilizzata, squilibri territoriali dovuti al divario economico tra Nord e Sud, inefficienze amministrative, rigidità del mercato e una forte componente di seconde case inutilizzate.
Viene spontaneo chiedersi se il Governo, anziché racimolare nuove (e forse inesistenti) risorse economiche per risolvere la crisi degli alloggi, non debba piuttosto concentrarsi su un rinnovo delle politiche edilizie, puntando sull’utilizzo del patrimonio esistente, sulla rigenerazione di zone urbane degradate, su una più ampia disponibilità di immobili in affitto a prezzi sostenibili.

 


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