È sempre stata considerata come la Regione “più rossa d’Italia”. Oggi la Toscana si conferma come roccaforte del Partito Democratico e rinnova l’incarico, per i prossimi cinque anni, a Eugenio Giani, eletto con il 53,94% dei voti.
Il governatore Pd sorpassa il principale sfidante Alessandro Tomasi (Fratelli d’Italia), che ottiene un 41,02% di voti, e la candidata Antonella Bundu (Toscana Rossa) con il 5,05% dei consensi.
Una vittoria senza dubbio desiderata e attesa dal centrosinistra dopo la batosta nelle Marche e in Calabria, dove a accaparrarsi lo scranno regionale è stata la destra con Francesco Acquaroli e Roberto Occhiuto.
Grazie al bis di Giani, il “campo largo” può finalmente tirare un sospiro di sollievo, ma non senza riflettere sui dati. Con il 47,73% degli elettori che hanno espresso il voto (sui 3 milioni di aventi diritto) le Regionali 2025 segnano l’affluenza più bassa dal 1970, anno in cui vennero istituite le Regioni.
Una percentuale così ridotta era stata registrata solo nel 2015, quando alle urne si era recato il 48,28% dei cittadini toscani. Un tracollo inarrestabile e progressivo negli anni, spezzato solo nel 2020 con una partecipazione elettorale che – considerando la concomitanza con il referendum per il taglio dei parlamentari – si era attestata al 62,60%.
Lo spettro dell’astensionismo torna quindi a delineare un sentimento di sfiducia e disaffezione dei cittadini alla politica, soprattutto in una Regione come la Toscana, alla quale gli analisti hanno sempre riconosciuto il ruolo di termometro politico nazionale. Nonostante il nuovo trionfo del Pd, sembra tuttavia che il centrodestra sia sempre più determinato a abbattere l’ultimo dei Fortini Rossi. D’altronde, a separare il campo progressista dall’ennesima disfatta regionale (o quantomeno da un ballottaggio), c’è una forchetta di circa 10 punti percentuali. Il sindaco di Pistoia e aspirante governatore Alessandro Tomasi, con i suoi 112.771 voti (contro i 148.070 di Giani), testimonia una crepa nell’egemonia toscana del partito di Elly Schlein. E conferma una tendenza che emerge chiaramente se si analizza l’andamento delle ultime Regionali: la graduale affermazione del centrodestra in Toscana.
A partire dal 2010, quando la candidata di centrodestra Monica Faenzi (PdL) ha ottenuto il 34,44% dei voti, a fronte del 59,73% di Enrico Rossi (Pd), eletto governatore e poi riconfermato nel 2015. Annus horribilis per l’affluenza al 48%, in cui anche la destra ha assistito a una battuta d’arresto con l’esiguo 20% raggiunto da Claudio Borghi (Lega Nord). Nel 2020, alle ultime Regionali, il grande salto: Susanna Ceccardi (Lega per Salvini Premier) raggiunge il 40,46% di consensi, sorpassata da Eugenio Giani per 8 punti percentuali.
La lenta rimonta della destra, comunque, non riesce ancora a scalfire il campo progressista in Toscana. A spingere Tomasi non è bastato nemmeno l’intervento – la scorsa settimana, al comizio di piazza San Lorenzo – di Giorgia Meloni. “Siamo nati per stravolgere i pronostici, e lo faremo anche in Toscana”, aveva assicurato la premier, scortata (per l’occasione) dagli altri “big” del centrodestra.
Sarà però che “Eugenio c’è sempre”, come ha ricordato qualche giorno fa Elly Schlein dal palco del Teatro Cartiere Carrara di Firenze, sottolineando che il governatore sia un uomo – prima che un politico – che “ama davvero la sua terra”. O forse, sarà per una campagna elettorale capillare e focalizzata sulle piccole opere, che ha restituito al territorio nuove scuole, strade, palestre, reparti di ospedali. Sta di fatto che, almeno per questa volta, il pronostico – con buona pace di Giorgia Meloni – si è rivelato corretto. Adesso, occhi puntati sulle prossime, delicatissime partite: le elezioni regionali in Campania, Puglia e Veneto.