Senza gli aiuti esterni, la Russia non potrebbe continuare la guerra contro l’Ucraina. Lo confermano anche le ultime dichiarazioni provenienti dall’Ucraina, che aggiungono nuovi dettagli a un quadro già noto: la Tigre di Carta, da sola, non ce la farebbe mai. Droni e missili russi funzionano grazie a tecnologia non russa, spesso occidentale.
Inoltre, la Cina sta aiutando la Russia a individuare obiettivi in Ucraina, come riferito da un alto funzionario dei servizi segreti ucraini a un organo di stampa statale ucraino. Oleh Aleksandrov ha infatti riferito all’agenzia Ukrinform che il regime cinese sta collaborando col Cremlino nell’individuazione mirata dei bersagli per gli attacchi missilistici: «Esistono prove di un elevato grado di cooperazione tra Russia e Cina nello svolgimento di attività di ricognizione satellitare sul territorio ucraino, finalizzate a individuare e identificare obiettivi strategici da distruggere» ha dichiarato l’agente dei Servizi, aggiungendo che «tali obiettivi possono appartenere anche a investitori stranieri». Non risulta che i Servizi ucraini abbiano specificato quali obiettivi siano stati colpiti finora.
La notizia è giunta pochi giorni dopo che The Wall Street Journal e Reuters avevano riportato che gli Stati Uniti potrebbero iniziare a fornire a Kyiv informazioni tattiche per individuare obiettivi in territorio russo, in particolare infrastrutture energetiche come raffinerie, oleodotti e centrali elettriche, da distruggere probabilmente con i missili Tomahawk che l’America potrebbe fornire all’Ucraina.
In risposta a tali notizie diffuse dai media statunitensi, il Cremlino ha dichiarato il 2 ottobre di ritenere che gli Stati Uniti e la Nato trasmettano già regolarmente all’Ucraina informazioni di carattere militare. Putin ha inoltre espresso vaghe minacce relative a un deterioramento dei rapporti Usa-Russia in caso Donald Trump conceda i Tomahawk a Zelensky (evidentemente, sono missili che fanno molta paura allo Zar).
Intanto la Russia continua a colpire non solo obiettivi civili (massacrando persone inermi, donne e bambini inclusi) ma anche le infrastrutture ucraine. Nelle prime ore del 5 ottobre, la Russia ha lanciato un massiccio attacco con oltre cinquanta missili e circa cinquecento droni d’assalto, puntando alle infrastrutture energetiche dell’Ucraina. La scorsa notte, in risposta un bombardamento notturno condotto dall’Ucraina contro la regione russa di Belgorod ha danneggiato le infrastrutture elettriche, interrompendo la fornitura di energia a circa 40 mila utenze, secondo quanto dichiarato dal governatore Vyacheslav Gladkov su Telegram.
Tornando al sostegno estero allo sforzo bellico russo, Volodymyr Zelensky è tornato a sollecitare su X una risposta più decisa da parte della comunità internazionale per fermare le forniture di componentistica dirette verso la Russia, denunciando il fatto che i droni impiegati dalla Russia contengano oltre centomila componenti di fabbricazione estera. E che molti dei pezzi dei missili russi non siano di produzione nazionale, come nel caso del missile Kh-47M2 Kinzhal, che contiene 96 componenti non russe, dice il presidente ucraino denunciando un sostegno occidentale all’invasone russa che finora era passato sotto traccia. «Tra i produttori figurano aziende di Stati Uniti, Cina, Taiwan, Regno Unito, Germania, Svizzera, Giappone, Olanda, Repubblica di Corea».
Oltre ai dazi e alle sanzioni, insomma, c’è ancora molto da fare per strozzare la macchina bellica russa.