Hamas si prepara a lasciare Gaza per riorganizzarsi in Cisgiordania

di Redazione ETI
3 Ottobre 2025 12:39 Aggiornato: 3 Ottobre 2025 19:53

Secondo fonti militari israeliane di alto livello, Hamas sa di aver ormai perso la Striscia di Gaza e ora sarebbe orientata a limitare i danni, e a ripiegare creando un nuovo sistema terroristico in Giudea e Samaria, il che prevederebbe la pianificazione di ulteriori massacri nelle comunità israeliane insediate appunto in Cisgiordania. Secondo le stesse fonti, sentite da Epoch Israele, una delle richieste su cui Hamas intende insistere, nell’ambito dei negoziati per il piano di pace statunitense – se mai dovesse accettarlo – è il rilascio dei suoi detenuti “eccellenti” dalle prigioni israeliane. E questo per due motivi: primo, per cercare di spacciare la sua sconfitta nella Striscia di Gaza come una “vittoria”, riuscendo a svuotare le prigioni israeliane dai terroristi e liberando molti “simboli del terrore” che Israele si era rifiutato di scarcerare in precedenti accordi; secondo, per impiegare subito la conoscenza e l’esperienza di questi terroristi – che sono specializzati nella pianificazione di attacchi terroristici e nella preparazione di autobombe e cinture esplosive – per lanciare un’ondata di terrore in Giudea e Samaria, sempre per far passare in secondo piano – agli occhi del mondo arabo radicalizzato – la sconfitta nella Striscia di Gaza.

Se, infatti, Hamas dovesse effettivamente accettare il piano americano, Israele dovrà rilasciare 250 pericolosi terroristi condannati all’ergastolo per aver ucciso cittadini israeliani. Questo lascerebbe solo circa 40 terroristi a scontare l’ergastolo nelle carceri israeliane. Ma è difficile immaginare quanto questa eventualità sia realmente probabile: il rilascio dei 250 pericolosi terroristi richiederebbe l’approvazione del governo israeliano, e Israele ha pessime esperienze in precedenti analoghi: l’esempio più eclatante è il rilascio di Yahya Sinwar nell’ambito dell’accordo Shalit del 2011.
Yahya Sinwar è stato rilasciato nel 2011 nell’ambito di uno scambio di prigionieri fra Israele e Hamas, che prevedeva il rilascio del soldato israeliano Gilad Shalit, rapito da Hamas nel 2006, in cambio di 1027 prigionieri palestinesi detenuti nelle carceri israeliane. Sinwar era uno dei prigionieri palestinesi di alto profilo liberati ed è stato rimpatriato nella Striscia di Gaza lo stesso giorno della liberazione di Shalit.

Sinwar aveva trascorso circa 23 anni nelle carceri israeliane e, dopo la scarcerazione, ha rapidamente scalato le gerarchie di Hamas: stato eletto membro dell’ufficio politico di Hamas nella Striscia di Gaza pochi mesi dopo, nel 2012, ed è diventato successivamente leader di Hamas a Gaza, sviluppando un ruolo centrale nella strategia militare e politica del movimento. Non solo: Sinwar è stato una figura chiave nella trasformazione di Hamas in un’organizzazione ancora più autocratica e militante. E, soprattutto, è considerato uno dei principali artefici del brutale attacco terroristico contro Israele del 7 ottobre 2023, in cui sono stati massacrati oltre 1200 israeliani, in gran parte civili.

Se dovessero iniziare i negoziati tra Israele e Hamas per attuare il piano americano, si prevede che Hamas chieda il rilascio del terrorista Abdullah Barghouti, condannato per l’omicidio di 66 israeliani e il ferimento di altri 500, e condannato a ben 67 ergastoli; di Ibrahim Hamed, condannato per l’omicidio di 46 israeliani e il ferimento di decine di altri, e condannato a sua volta decine di ergastoli; e naturalmente di Marwan Barghouti, l’artefice del terrore della Seconda Intifada, condannato a cinque ergastoli per l’omicidio di cittadini israeliani. Questi sono solo alcuni esempi dei tanti terroristi-simbolo incarcerati da Israele negli ultimi due decenni, a cui si sommano le centinaia di terroristi di Nuhba detenuti in Israele per il massacro del 7 ottobre.

Inoltre, secondo fonti di Gerusalemme, la situazione in Cisgiordania è sul punto di esplodere. I militari israeliani hanno già localizzato decine di razzi in produzione in tre località della Giudea e Samaria, destinati a essere lanciati contro Israele, e Hamas si sta appunto preparando a aprire il suo nuovo fronte terroristico in Giudea e Samaria, sotto la guida di Zaher al-Jabarin, capo dell’ala militare di Hamas in Giudea e Samaria. Per cui, l’esercito israeliano dovrà trasferire molti reparti dalla Striscia di Gaza alla Giudea e alla Samaria, mentre lo Shin Bet, il servizio segreto interno, dovrà a intensificare gli sforzi di intelligence per contrastare l’intensificarsi delle attività terroristiche di Hamas.

Insomma, Hamas sarebbe ben lungi dall’essere battuta, nonostante la Striscia di Gaza sia ormai praticamente persa: dopo essersi riorganizzata in Cisgiordania, da quella base si prepara a sferrare una nuova raffica di attacchi terroristici, massacri e attacchi suicidi, contro la popolazione civile israeliana.
Forse, è per questo che Israele aveva ventilato la volontà di occupare anche Samaria e Giudea. Regioni a loro volta estremamente tormentate e teatro di pluridecennali controversie.

Questo anche perché lo status giuridico di Samaria e Giudea, o Cisgiordania, è al centro di diversi conflitti (militari e legali): dal punto di vista del diritto internazionale, la Cisgiordania è considerata un territorio occupato da Israele dal 1967, che l’ha conquistata nella guerra dei Sei Giorni. L’Onu e la Corte internazionale di giustizia definiscono quest’area come occupata illegalmente da Israele, che però ne rivendica la sovranità basandosi su argomentazioni storiche, religiose, di sicurezza e non solo.
La Giordania aveva a sua volta occupato illegalmente Samaria e Giudea dal 1948 al 1967, e quindi nemmeno questa nazione ha diritti legittimi su di esse, in coerenza col principio giuridico ex iniuria non oritur ius (dal torto non può nascere diritto).
D’altra parte, alle accuse di occupazione illegale Israele risponde anche che la sua conquista della Cisgiordania nel 1967 è avvenuta nell’ambito di una guerra difensiva, e che è quindi del tutto legittima.

Secondo gli accordi di Oslo (1993-1995), la Cisgiordania è suddivisa nelle aree A, B e C con diversi livelli di controllo palestinese e israeliano. L’area C, che copre circa il 60% della Cisgiordania è sotto completo controllo militare e amministrativo israeliano, e gli insediamenti israeliani sono stati costruiti in questa zona.

In conclusione, sembra purtroppo che la Cisgiordania sia avviata a trasformarsi in una nuova Gaza.

 


Iscriviti alla nostra newsletter - The Epoch Times