L’economia cinese tra le fantasie del regime e i dati reali

di Artemio Romano/Aldgra Fredly
18 Agosto 2025 11:52 Aggiornato: 18 Agosto 2025 11:52

L’economia cinese ha registrato un netto rallentamento a luglio (persino) secondo i dati ufficiali pubblicati dal regime. La produzione industriale è cresciuta del 5,7 per cento a luglio rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, un ritmo inferiore all’incremento del 6,8 per cento registrato a giugno e al di sotto delle previsioni degli analisti, che si attendevano un’espansione del 5,9 per cento. Si tratta del tasso di crescita più basso dallo scorso novembre.

Le vendite al dettaglio, indicatore del consumo delle famiglie, sono aumentate del 3,7 per cento a luglio rispetto al periodo corrispondente dell’anno prima, in calo rispetto al progresso del 4,8 per cento di giugno, segnando il valore più modesto dell’anno in corso. Gli investimenti in macchinari, immobili e altre immobilizzazioni al di fuori delle famiglie rurali cinesi sono saliti dell’1,6 per cento su base annua nel periodo gennaio-luglio, mancando le stime che indicavano un aumento del 2,7 per cento. «Il crollo dei dati di luglio è stato più marcato del previsto» conferma Lynn Song di Ing Economics in una nota diffusa venerdì, «sebbene le condizioni meteorologiche estreme possano aver influito, il rallentamento generalizzato di luglio giunge dopo diversi mesi di tendenza di progressivo declino». Fu Linghui, capo economista presso l’Ufficio nazionale di statistica cinese, ha invece attribuito le prestazioni deludenti di luglio all’impatto negativo di un contesto internazionale «complesso e instabile», unito a fenomeni meteorologici estremi come ondate di calore record e alluvioni.

L’accordo temporaneo di tregua commerciale, raggiunto inizialmente tra Cina e Stati Uniti a metà maggio, è stato prorogato questa settimana per ulteriori 90 giorni, evitando che i dazi statunitensi tornino a livelli a tre cifre. Tuttavia, l’incertezza sulle esportazioni verso gli Stati Uniti nel quadro della guerra commerciale, insieme alla sovrapproduzione industriale, ha intensificato le guerre dei prezzi sul mercato interno, comprimendo ulteriormente i margini di profitto dei produttori.
Nelle ultime settimane, il regime comunista ha predisposto nuove normative per arginare la “concorrenza eccessiva” (sic) tra le imprese in vari settori, sebbene gli analisti restino scettici sull’efficacia di tali interventi in presenza di una domanda interna che da mesi non dà reali segni di ripresa. Dati separati pubblicati venerdì indicano che la crisi ormai cronica del settore immobiliare – un tempo principale serbatoio di ricchezza anche per le famiglie – non mostra segni di attenuazione. Nei primi sette mesi dell’anno, gli investimenti nel settore edilizio sono diminuiti di un ulteriore 12 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, perfino secondo le “addomesticate” statistiche ufficiali.
A peggiorare il quadro economico cinese, i dati sul credito bancario diffusi all’inizio della settimana mostrano che i prestiti in yuan nella Repubblica Popolare Cinese si sono contratti a luglio per la prima volta in 20 anni, una tendenza che gli analisti ritengono rifletta la debolezza della domanda nel settore privato. Secondo gli economisti, la debole domanda interna e l’incertezza del commercio internazionale sono destinate a pesare sulla crescita nei prossimi trimestri.

In tutto questo, persiste lo scetticismo sulla affidabilità delle statistiche economiche date in pasto alla stampa del regime dal Pcc, che occulta informazioni considerate dannose per la propria immagine ma cruciali per comprendere il reale stato dell’economia. Gli anni delle vacche grasse in Cina sono ormai un lontano ricordo, e il divario tra i numeri ufficiali e la realtà sta diventando un abisso. Nel secondo trimestre 2025, ad esempio, mentre molti cinesi segnalavano stipendi non pagati e perdita del posto di lavoro, il regime dichiarava una crescita addirittura superiore alle attese (il 5,2 per cento) per confermare l’obiettivo ufficiale dichiarato del 5 per cento. Ma ormai, ai dati ufficiali del Pil cinese non crede più nessuno


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