Nel periodo 2001-2024, al sistema di sorveglianza nazionale del botulismo sono stati segnalati 1.276 casi clinici sospetti e ne sono stati confermati in laboratorio 574. Di questi, 526 (91,6 per cento) erano casi di botulismo alimentare, 43 (7,5 per cento) si riferivano a casi di botulismo infantile e 5 (0,9 per cento) a casi di botulismo da ferita. Il numero di decessi è stato di 15 e il tasso medio di letalità della malattia pari al 2,6 per cento; tale tasso di letalità è diminuito passando dal 3,8 per cento del periodo 2001-2011 al 2,6 per cento del 2012-2024. Il sistema di sorveglianza nazionale riceve mediamente 53 segnalazioni per anno e ne conferma in laboratorio mediamente 24, con un trend in leggero aumento negli ultimi anni dovuto principalmente alle migliori capacità diagnostiche. «Una delle ragioni principali di questa alta incidenza del botulismo in Italia risiede nella tradizione conserviera ancora molto radicata nel Paese», spiega Fabrizio Anniballi, responsabile del Centro di riferimento nazionale per il botulino dell’Istituto superiore di sanità.
«L’Italia è famosa per i suoi metodi tradizionali di conservazione degli alimenti, che sono stati tramandati per generazioni. Questa pratica, – continua – che un tempo ha permesso la conservazione domestica degli alimenti, potrebbe essere alla base della diffusione. Il botulismo in Italia, soprattutto nelle Regioni meridionali, rimane un problema di salute pubblica, principalmente correlato all’ingestione di conserve di produzione domestica impropriamente fatte», conclude Anniballi.