A definire «piano» l’intesa sull’ex Ilva siglata ieri «si fa davvero fatica: quello di Urso, in realtà, non è un piano. Al massimo possiamo parlare di un documento con delle finalità politiche». Lo dice in una nota Raffaella Paita, capogruppo di Italia viva al Senato. «Al documento di ieri, per poter essere considerato un piano industriale, mancano troppe cose. Innanzitutto, la sostanza industriale. Su questa, le domande occupano ancora il posto dei dettagli concreti: quanti saranno i forni elettrici? Quanti saranno i Dri e dove saranno collocati? Altrettanto si può dire per l’investimento, senza il quale tutto resta teorico. Il governo Renzi mise 1 miliardo sul Cis e riuscì a trovare un imprenditore – all’epoca Emiliano protestava. Finora Urso si è invece guardato bene dal chiarire come troverà i quasi 10 miliardi di cui parla, né ha indicato imprenditori che possano garantirli – ed Emiliano plaude entusiasta. Tutto questo senza considerare il problema principale della questione, ovvero il futuro occupazionale delle decine di migliaia di lavoratori coinvolti. Senza far chiarezza su tutti questi aspetti, il documento di ieri rischia di scadere, da potenziale piano, in un’operazione di propaganda sulla pelle di migliaia di lavoratori. E questo non sarebbe accettabile. Noi vogliamo vedere un piano serio con investimenti veri. Urso si muova. In ballo c’è il futuro industriale del Paese», conclude.

Il ministro dell'Economia e del Made in Italy Adolfo Urso alla Camera dei Deputati a Roma, 11 settembre 2024. REUTERS/Remo Casilli/Foto d'archivio
Paita (Iv): da Urso nessun piano per l’Ex Ilva
13 Agosto 2025 15:12 Aggiornato: 13 Agosto 2025 15:12