L’Iran è “un prodotto” del regime cinese

di redazione eti/Leo Timm
7 Agosto 2025 14:47 Aggiornato: 7 Agosto 2025 14:47

Malgrado le numerose sanzioni internazionali destinate a contenere le ambizioni nucleari e missilistiche dell’Iran, la loro reale efficacia si scontra da anni con una rete di supporto parallela, discreta ma persistente, che affonda le proprie radici ben oltre i confini del Medio Oriente. Tra i nodi più rilevanti di questa rete emerge con chiarezza il contributo, diretto o indiretto, di “soggetti” cinesi. Negli ultimi decenni, l’Occidente ha rafforzato i controlli sulle esportazioni e promosso accordi di non proliferazione attraverso iniziative legali e diplomatiche. Tuttavia, documenti giudiziari statunitensi e fonti governative indicano che reti commerciali cinesi continuano a fornire all’Iran materiali fondamentali per la produzione di missili balistici.

L’ultimo conflitto tra Iran e Israele, durato dodici giorni e conclusosi con un cessate il fuoco mediato da Washington, ha messo in evidenza la centralità del programma missilistico nella strategia militare iraniana. Pur subendo gravi perdite – con centinaia di vittime tra personale militare e governativo – Teheran ha risposto con una serie di lanci missilistici che, in parte, sono riusciti a superare le difese israeliane. Le vittime civili e i danni registrati hanno riportato l’attenzione sulla capacità dell’Iran di sostenere, rinnovare e potenziare il proprio arsenale, nonostante gli ostacoli imposti dalla comunità internazionale.

Interpellato dal quotidiano Israel Hayom, il ministero degli Esteri del regime cinese ha negato di aver fornito equipaggiamenti militari all’Iran dopo il cessate il fuoco. Tuttavia, l’ambasciatore israeliano negli Stati Uniti, Yechiel Leiter, ha espresso preoccupazione per il possibile coinvolgimento cinese nella ricostruzione dell’arsenale missilistico iraniano, duramente colpito nel corso del conflitto. Fin dalla rivoluzione del 1979, la Repubblica islamica ha potuto contare sul sostegno del Partito Comunista Cinese, che a partire dagli anni Ottanta ha fornito tecnologie e materiali per uso nucleare, come attestano numerosi accordi bilaterali e documenti governativi occidentali. Sebbene Pechino non venda direttamente armamenti all’Iran, secondo fonti statunitensi fornisce materiali critici per la costruzione di missili, tra cui componenti e propellenti.
Un ruolo centrale in questa rete è attribuito a Li Fangwei, noto anche come Karl Lee, considerato dai Servizi statunitensi, sin dai primi anni Duemila, uno dei principali fornitori di materiali a duplice uso – civili e militari – per il programma missilistico iraniano. Il suo nome figura tuttora nella lista dei ricercati dell’Fbi. Accusato di truffa, riciclaggio e violazioni delle sanzioni, Li Fangwei è ritenuto il principale artefice di un sistema basato su società di comodo, operazioni bancarie mascherate e triangolazioni commerciali, volto a eludere i controlli internazionali. Nonostante gli Stati Uniti abbiano inserito da tempo il suo nome nella lista dei ricercati, Pechino ha sempre evitato di procedere alla sua estradizione, e negato l’esistenza di prove concrete a suo carico. Nel 2014, il ministero della Giustizia degli Stati Uniti ha formalizzato nei suoi confronti sette capi d’accusa presso il tribunale del Distretto Sud di New York. Originario della Cina nord-orientale, Li Fangwei ha utilizzato decine di società di comodo per mascherare le transazioni con l’Organizzazione delle Industrie della Difesa e l’Organizzazione delle Industrie Aerospaziali iraniane, entrambe coinvolte nel programma missilistico e nucleare iraniano.

Negli anni, le attività attribuite a questa rete non si sarebbero interrotte. Al contrario, inchieste più recenti hanno individuato nuovi attori, come Qiao Xiangjiang, legati a forniture di materiali critici come la grafite isostatica, fondamentale nella fabbricazione di ogive e motori missilistici. Le modalità impiegate – dall’uso di fatture false alla creazione di nuove entità giuridiche intestate a familiari vivi o deceduti – indicano un’organizzazione flessibile, capace di adattarsi alle restrizioni normative e di operare all’interno di ambiguità giuridiche che ne rendono difficile l’interdizione.

Nel 2025, rispondendo alle indiscrezioni su una possibile fornitura di sistemi di difesa all’Iran, l’ambasciata cinese in Israele ha ribadito che Pechino mantiene un approccio «cauto e responsabile» nelle esportazioni legate al settore militare, inclusi i beni a duplice uso, in linea con il proprio ruolo nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Tuttavia, la distanza tra le dichiarazioni formali e la realtà tiene in allarme la comunità internazionale, in particolare in Israele e negli Stati Uniti, dove si teme che il riarmo iraniano possa riprendere con il sostegno occulto di soggetti cinesi. «Il programma è stato neutralizzato» ha dichiarato Leiter, «l’intero settore è compromesso. Ora è fondamentale evitare che la Cina o altri attori ostili contribuiscano alla sua ricostituzione».


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