L’Fbi ha inaugurato un nuovo ufficio a Wellington, in Nuova Zelanda, per rafforzare la propria presenza nella regione del Pacifico e contrastare minacce crescenti come la criminalità informatica, lo spionaggio e l’influenza del regime cinese. L’iniziativa consolida la collaborazione con un alleato chiave dell’alleanza Five Eyes, che unisce i Servizi di Stati Uniti, Australia, Canada, Nuova Zelanda e Regno Unito.
In un video diffuso dall’ambasciata statunitense, il direttore del Federal Bureau of Investigaton, Kash Patel, ha definito il contrasto all’influenza cinese nel Pacifico «una delle priorità internazionali più rilevanti» per Washington e Wellington. La sua visita, non annunciata, è stata rivelata solo dopo la partenza.
L’ufficio, operativo dal 2017 sotto il coordinamento di Canberra, assume ora responsabilità estese, coprendo anche Antartide, Samoa, Niue, Isole Cook e Tonga. Collaborerà con la polizia locale su indagini congiunte, scambio di informazioni e formazione, con particolare attenzione a terrorismo, cybercriminalità, frodi, crimine organizzato, riciclaggio, sfruttamento minorile e interferenze straniere. Un comunicato dell’ambasciata Usa ha evidenziato che l’ufficio permanente rafforzerà i legami con la Nuova Zelanda, partner strategico nel Pacifico sud-occidentale.
Durante la visita, il direttore della polizia federale statunitense ha incontrato alti funzionari neozelandesi, tra cui il capo della polizia Richard Chambers e il ministro dei Servizi e dell’intelligence Judith Collins. Chambers ha definito l’incontro un’occasione preziosa per discutere di sicurezza, sottolineando il prestigio della visita, avvenuta poco dopo l’insediamento di Patel. La Collins ha riferito di aver affrontato temi come crimine transnazionale, terrorismo, cybersicurezza e spionaggio, precisando in Parlamento: «Questo è il nostro Paese, e abbiamo il diritto sovrano di agire come riteniamo opportuno. Si tratta di una decisione dell’amministrazione statunitense, e siamo lieti di sostenerla».
Le autorità neozelandesi hanno però preso le distanze dalle dichiarazioni di Patel sull’influenza cinese (“influenza” peraltro massiccia e nota da diversi anni, come ha spesso denunciato il giornalista indipendente neozelandese Trevor Loudon). Il ministro degli Esteri Winston Peters ha chiarito che la Cina non è stata menzionata nel suo incontro con Patel, mentre Collins ha ribadito: «Patel è libero di esprimersi, ma sappiamo che esistono criminali internazionali e non intendiamo puntare il dito contro un Paese specifico». L’ambasciata cinese a Wellington ha replicato, definendo le accuse di Patel «prive di fondamento» e segno di «una mentalità da Guerra Fredda». La Nuova Zelanda — per cui la Cina rappresenta il principale mercato di esportazione e un partner importante — mantiene quindi un approccio “cauto”.
Oltre alla minaccia costituita dalla dittatura comunista cinese, il direttore dell’Fbi ha indicato il narcotraffico e la criminalità informatica come priorità, sottolineando l’importanza dei Five Eyes come partner strategici per affrontare le sfide nell’area dell’Indo-Pacifico.