La dittatura cinese usa i dati delle app per perseguitare i dissidenti all’estero

di Redazione ETI/Alex Wu
24 Luglio 2025 21:25 Aggiornato: 25 Luglio 2025 9:41

Il Partito comunista cinese utilizza strumenti digitali e manipolazione dei dati per esercitare per perseguitare le persone in tutto il mondo. La “repressione transnazionale”, come l’ha definita dall’Fbi, si verifica «quando governi stranieri intervengono oltre i propri confini per intimidire, silenziare, costringere, molestare o danneggiare membri delle loro comunità diasporiche ed esiliate negli Stati Uniti».

Per anni, Chen Ende, originario di Zhengzhou, nella provincia di Henan, ha lavorato a diversi progetti tecnologici, tra cui la gestione dei dati per Alibaba Cainiao Technology e la piattaforma di servizi governativi di Tianque Technology. Nel 2018, Chen è entrato a far parte di Cainiao Network Technology, il braccio logistico di Alibaba, colosso cinese dell’e-commerce con attività in tutto il mondo. Il suo compito era raccogliere e organizzare informazioni logistiche degli utenti per venderle a compagnie di consegne nazionali. L’uomo ha rivelato di essere rimasto sbalordito dalla capacità del sistema interno di Alibaba di accedere a un insieme completo di dati personali, come storico degli acquisti, dettagli dei prodotti, nomi dei destinatari, numeri di telefono e indirizzi. Chen Ende sostiene inoltre che Alibaba ospiti un commissione che rappresenta il Partito in azienda, incaricata di garantire l’aderenza dell’azienda stessa all’ideologia del Pcc, e che i dati devono essere forniti alle autorità del Pcc stesso su richiesta. «Basta che il governo voglia prendere di mira qualcuno – ha spiegato alla redazione in lingua cinese di Epoch Times – e tutte queste informazioni vengono immediatamente trasmesse, senza che nessuno opponga resistenza».
Alla fine del 2019, Chen è passato a Tianque Technology, un’azienda di Hangzhou che fornisce servizi digitali alle agenzie governative. Nella provincia di Zhejiang, l’azienda gestisce il sistema di “controllo a griglia” del regime cinese, che suddivide le comunità in unità più piccole per monitorare popolazione, abitazioni e attività sociali. Questo sistema, ha spiegato Chen, consente di segnalare in tempo reale individui che si comportino in modo ritenuto “anomalo” dalle autorità, permettendo di tracciarne i movimenti, in particolare dissidenti e critici del Pcc.
Durante la pandemia di Covid-19, il gruppo di lavoro di Chen ha lavorato al sistema del codice sanitario di Alibaba, monitorando quotidianamente i dati statistici. Qui ha riscontrato discrepanze tra il numero di infezioni e i nuovi casi segnalati. «Ogni giorno c’erano nuovi casi, ma noi riportavamo zero». Il Partito comunista cinese ha una lunga storia di occultamento di informazioni e pubblicazione di dati inaffidabili/falsi, come dimostrato dalla sottostima dei contagi e dei decessi da Covid-19 sin dall’inizio della pandemia nel 2020.
Il sistema del codice sanitario, basato su test di massa e stato vaccinale, ha limitato drasticamente la libertà di movimento della popolazione. E il codice sanitario ha contribuito a tragedie come carestie e mancanza di accesso alle cure mediche. Chen a quel punto ha osato dire ai vertici di Tianque Technology che il loro lavoro era «un aiuto al male». Un’opinione giudicata “scorretta” dall’azienda, che lo ha licenziato in tronco nel luglio 2020.

La manipolazione e la falsificazione dei dati da parte del Pcc evidenziano gravi lacune nel suo sistema, secondo Sun Kuo-hsiang, professore di affari internazionali presso l’Università di Nanhua a Taiwan: «La distorsione dei dati ufficiali porta a politiche basate su fondamenta false, generando conflitti sociali» dice alla redazione in lingua cinese di Epoch Times. Ed «essendo la seconda economia mondiale, i dati economici della Cina sono utilizzati da governi, aziende e organizzazioni di altri Paesi» per cui, «se il Pcc manipola deliberatamente le statistiche, può provocare errori di giudizio negli investimenti, nella pianificazione delle catene di approvvigionamento e nelle politiche monetarie di vari Paesi».

Dal 2016, il Pcc promuove il suo yuan digitale. Il 15 luglio scorso, ha ufficialmente lanciato il sistema di identità digitale, che copre 17 province cinesi ed è collegato a 67 piattaforme di uso comune, tra cui WeChat, Taobao, Xiaohongshu, China Railway 12306, il Consiglio di Stato del Pcc e le piattaforme governative locali, spiega ancora Chen Ende; e una volta reso obbligatorio, questo sistema potrebbe avere conseguenze drammatiche: «Se un giorno finisci nella “lista nera” del Pcc, il regime non ha bisogno di mandare la polizia per arrestarti: basta un clic per bloccare la tua identità digitale, privandoti di ogni libertà e diritto sociale. Non puoi lavorare, fare acquisti, usare i trasporti pubblici o accedere a cure mediche. Anche se sei vivo, in quest’era dell’informazione, sei come morto, e le applicazioni e piattaforme cinesi come WeChat, QQ e Alipay, basate su sistemi di identificazione reale, sono obbligate per legge a trasmettere dati al Partito. «Se i cinesi all’estero continuano a usare queste piattaforme, i loro messaggi, la posizione geografica e i contatti possono essere tracciati dal regime».

Sfruttando le aziende cinesi fornitori di servizi cloud e gli apparati di telecomunicazioni, il Pcc può accedere ai mercati di altri Paesi e ottenere dati in segreto. E il Partito comunista cinese potrebbe esportare il proprio modello di “tirannia digitale” nei Paesi in via di sviluppo come esempio di governance di successo, includendo l’uso di dati falsificati e tecnologie per il controllo sociale.

Nel 2023, Chen Ende ha lasciato la Cina per rifugiarsi negli Stati Uniti, dove si è unito a una sezione estera del Partito democratico cinese – fondato nel 1998 per promuovere la democrazia ma messo fuori legge dal Pcc – e ha partecipato alla produzione di video anticomunisti. Quest’anno, la sua famiglia in Cina, insieme a quelle di tre colleghi coinvolti nella produzione dei video, ha ricevuto minacce dalla polizia cinese, che ha fatto pressioni affinché interrompessero la produzione. Nel caso di Chen, le minacce non hanno funzionato: «io preferisco morire sulla strada della libertà piuttosto che vivere nella menzogna e nella paura […] Lotteremo fino alla fine».

Il professor Sun Kuo-hsiang spiega come funziona la persecuzione del Pcc all’estero: la dittatura cinese usa i dati in suo possesso per minacciare i cinesi all’estero: «Utilizza i dati per raccogliere informazioni su parenti, proprietà e relazioni sociali dei dissidenti all’estero, per poi usarle per minacciarli», e non solo: ricorre alla manipolazione dell’opinione pubblica su larga scala, diffondendo notizie false, screditando i dissidenti e perseguitandoli online tramite dei troll e degli account automatici. Il regime raccoglie dati personali degli utenti all’estero, inclusi dati biometrici, attività sui social media e registri di comunicazione, attraverso aziende tecnologiche controllate come TikTok e WeChat, per monitorare dissidenti e gruppi minoritari come uiguri, tibetani e praticanti del Falun Gong, conferma anche Hu Decheng, ex direttore generale di un’azienda di comunicazioni nella provincia di Heilongjiang, all’edizione in cinese di Epoch Times.

Secondo i dati più recenti dell’organizzazione per i diritti umani americana Freedom House, il Pcc è «il principale responsabile» della repressione transnazionale nell’ultimo decennio. Nel 2022, Safeguard Defenders ha rivelato l’esistenza di “stazioni di polizia” segrete al servizio del regime cinese in tutto l’Occidente, usate per condurre azioni di repressione contro dissidenti, attivisti per i diritti umani, minoranze religiose e praticanti del Falun Gong.

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