Bruxelles inizia la retromarcia dal “Green Deal”

di Giovanni Donato
24 Luglio 2025 9:00 Aggiornato: 24 Luglio 2025 21:25

La Commissione Europea inizia a ripensare il “Green Deal” e lancia una consultazione pubblica per raccogliere pareri su come semplificare la normativa ambientale. Jessika Roswall, commissario europeo per l’Ambiente e promotrice dell’iniziativa, ha dichiarato mercoledì che l’intento ora è acquisire suggerimenti per rendere più agevoli le leggi ambientali relative alle emissioni industriali, alla gestione dei rifiuti e all’economia “circolare” ma, naturalmente, «senza compromettere» gli «elevati standard» ambientali europei.
«Ridurre l’onere amministrativo delle normative ambientali contribuirà a renderle più forti, garantendo una protezione dell’ambiente più solida nel lungo periodo» dice la Roswall. Ragionamento che appare controintuitivo, ma il documento di consultazione precisa che l’obiettivo non è quello di abbassare gli standard ambientali dell’Unione Europea né di ridurre la tutela della salute pubblica, ma raggiungerli in modo più “efficiente”, evitando costi superflui per imprese, amministrazioni pubbliche e cittadini. Gli europei sono invitati a fornire un contributo attraverso il sito internet denominato “Dì la tua”, entro il 10 settembre.

L’iniziativa, dice la Commissione, si inserisce nel quadro degli obiettivi strategici dell’Ue, come la riduzione del 25% degli oneri amministrativi per tutte le imprese e del 35% per le piccole e medie imprese. Si tratta del progetto europeo denominato “Omnibus di semplificazione”, che punta a rendere l’Ue più competitiva rispetto a grandi economie come Stati Uniti e Cina.
Le proposte, annunciate a febbraio, rispondono alle richieste del settore industriale europeo, che da decenni denuncia un eccesso di burocrazia e un carico fiscale insostenibile (e, ultimamente, costi energetici anch’essi insostenibili). D’altra parte Ursula von der Leyen, il 25 febbraio 2025, aveva preannunciato la «semplificazione» della burocrazia dicendo che «le imprese europee beneficeranno di regole più snelle», spiegando: «questo renderà la vita più facile alle nostre aziende» naturalmente «mantenendo fermo l’impegno degli obiettivi di “decarbonizzazione”».

Nell’ambito delle proposte omnibus, le norme sulla rendicontazione dell’impatto ambientale e sociale previste dalla direttiva sulla sostenibilità aziendale saranno allentate, e le imprese con meno di mille dipendenti saranno esentate. Secondo le regole attuali, quando un’azienda supera i 250 dipendenti, viene considerata una “grande impresa” e deve far fronte a un aumento significativo di obblighi di legge. Bruxelles ora riconosce che questo “salto improvviso” potrebbe scoraggiare la crescita e limitare la competitività.
Inoltre, le regole sulla due diligence nelle catene di approvvigionamento, previste dalla direttiva sulla sostenibilità aziendale, saranno posticipate al 2028 e richiederanno alle imprese di effettuare controlli ambientali e sui diritti umani (vittime, questi ultimi, della semplificazione) solo sui fornitori diretti, anziché sull’intera filiera.
Il 21 maggio, la Commissione Europea – sempre nell’ambito della “semplificazione” – ha inoltre annunciato la creazione di una nuova categoria di imprese: le cosiddette “piccole mid-cap”, che saranno esentate da alcune normative sugli obiettivi di neutralità climatica e privacy. Queste direttive, che entreranno in vigore nel 2026, stabiliscono che in questa categoria rientreranno le aziende con meno di 750 dipendenti e un fatturato annuo fino a 150 milioni di euro; circa 38mila imprese dovrebbero poter beneficiare di questa classificazione. Tra le misure previste, la semplificazione degli obblighi di tenuta dei registri previsti dal Regolamento generale sulla protezione dei dati (Gdpr) del 2018. Inoltre, circa 10mila piccole imprese non dovranno più compilare documenti climatici dell’Unione Europea per la vendita o l’importazione di beni come auto usate.

«Ridurre la burocrazia e semplificare le regole significa dare alle imprese la libertà di innovare, crescere e creare posti di lavoro», ha dichiarato Stéphane Séjourné, vicepresidente esecutivo per la Prosperità e la Strategia industriale. Ma l’associazione di categoria del settore tecnologico, la Computer and Communications Industry Association (Ccia) Europe, ha definito le modifiche marginali: «Allentare i requisiti del Gdpr per le piccole e medie imprese può solo dare un sollievo limitato: è un cambiamento minimo, e non affronta i problemi strutturali più profondi del quadro normativo europeo sulla protezione dei dati», ha affermato Claudia Canelles Quaron, responsabile per la privacy e la sicurezza di Ccia Europe. «Nella migliore delle ipotesi, la proposta odierna alleggerirà gli oneri del Gdpr per appena lo 0,2% delle aziende europee. Al di là delle buone intenzioni, la portata limitata di questa misura non rafforzerà in modo significativo la competitività digitale dell’Europa, che è in declino». Le imprese, insomma, chiedono «soluzioni sistemiche», non palliativi.

Queste misure di semplificazione decise dalla Commissione sono considerate superficiali e insufficienti anche da Emmanuel Macron e Friedrich Merz, che hanno chiesto l’abolizione completa della direttiva sulla verifica delle filiere. Durante un vertice sull’investimento tenutosi a Versailles il 19 maggio, Macron ha dichiarato ai dirigenti aziendali presenti che la legge sulla verifica delle filiere «e alcune altre normative non dovrebbero essere semplicemente rinviate di un anno, ma eliminate del tutto».
Macron stesso, in passato ha detto che l’Ue rischia di perdere competitività rispetto a Paesi come Stati Uniti e Cina, se non risolve il problema dell’elevata spesa sociale, degli scarsi investimenti e dell’opprimente apparato normativo imposto da Bruxelles che “strangola” imprese e cittadini europei. Il 2 ottobre 2024, il presidente francese ha detto chiaramente: «il nostro modello precedente è finito […] Noi stiamo regolamentando troppo e investendo troppo poco. Se nei prossimi due o tre anni proseguiremo con l’agenda tradizionale, saremo fuori dal mercato». Le imprese europee attualmente sono obbligate ad adottare e implementare un piano di transizione per la “mitigazione climatica” nel proprio modello di business, per limitare il “riscaldamento globale” a 1,5 gradi Celsius, in linea con l’Accordo di Parigi. Macron il 19 maggio ha dichiarato questa legge va eliminata, e le aziende francesi hanno precedentemente criticato la normativa definendola «eccessivamente punitiva».
Sulla stessa lunghezza d’onda sono i commenti, i rilievi e le critiche aperte, che il presidente del Consiglio italiano esprime ormai da anni in diverse occasioni: Giorgia Meloni e i suoi ministri chiedono, quasi quotidianamente, una revisione in chiave razionale e concretamente sostenibile del mastodontico apparato normativo imposto da Bruxelles agli Stati membri.

Negli Stati Uniti, Donald Trump, non appena tornato alla Casa Bianca, ha annunciato una strategia di drastica riduzione della burocrazia federale e di abbandono delle «folli» politiche del “Green New Deal” americano. Strategia implementata innanzitutto con una raffica di decreti presidenziali immediatamente esecutivi, e poi supportata (con tempi ben più lunghi) dal Parlamento a maggioranza repubblicana.