Il ministero della Sicurezza di Stato cinese, un tempo noto per la sua segretezza, pubblica ora frequenti avvertimenti su non meglio precisate “minacce” di spionaggio, in quella che alcuni osservatori considerano più che altro un’operazione di propaganda politica. Nel primo semestre del 2025, ha rilasciato almeno una decina di comunicati sui social ufficiali, segnalando vaghi «pericoli» che variano da streamer che involontariamente avrebbero rivelato informazioni sensibili a tentativi di hacking stranieri su sistemi scolastici. Un esperto di sicurezza informatica dell’Università di Guangxi, anonimo per ovvie ragioni di sicurezza, ha sottolineato quanto il Partito comunista cinese abbia paura del dibattito aperto, osservando che con la «tecnologia satellitare odierna, i dettagli che un livestreamer potrebbe rivelare sono ovviamente già noti alle potenze straniere», e che quindi il regime cinese censura i commenti sui social per «paura di essere ridicolizzato».
Il 7 luglio, il ministero ha diffuso via social un video che accusava un “gruppo anti-cinese” all’estero di aver tentato di hackerare il sistema di trasmissione di un liceo cinese, ma senza nominare la scuola né fornire prove. Anche qui, ovviamente, i commenti sono stati disattivati.
Alcuni esperti hanno collegato questi annunci alla legge cinese anti-spionaggio emendata nel 2023, che ha intensificato la propaganda del Partito comunista cinese per incoraggiare i cittadini a denunciare presunte “spie straniere” e che ha portato alla detenzione di diversi stranieri nel Paese, soprattutto giapponesi, con accuse vaghe e infondate. Secondo alcuni analisti il regime cinese starebbe cercando di «alimentare la paranoia pubblica contro nemici stranieri per promuovere una vera e propria educazione patriottica». La cosiddetta “educazione patriottica” fa parte del programma del segretario generale del Pcc Xi Jinping mirato a rafforzare il controllo ideologico su scuole e giornali.
Il “ministero del Controllo del Pensiero” cinese (come forse sarebbe più appropriato definirlo) ha addirittura avvertito i turisti cinesi all’estero di evitare di collaborare con le forze dell’ordine straniere, consigliando di contattare le ambasciate cinesi in caso di problemi. Disposizione in linea di principio assurda, visto che un’ambasciata non ha alcun tipo di giurisdizione sulla nazione che la ospita.
Da gennaio, i profili WeChat e Weibo del ministero, controllati dalla stretta censura del Partito, hanno pubblicato avvisi di non meglio precisate “spie straniere” che starebbero colpendo i dipendenti pubblici, ricercatori, studenti e sistemi informatici cinesi. Ma i netizen cinesi mostrano crescente scetticismo, al punto che sui social ormai deridono apertamente il ministero della Sicurezza di Stato per aver abbandonato la propria funzione di intelligence, per diventare l’ennesimo organo di propaganda di un regime sempre più traballante.