Verso la fine degli anni ’80, Don e Judy erano pronti a coronare il loro sogno di creare una famiglia. Tuttavia, ogni mese le speranze di avere un figlio si spegnevano in nuove delusioni. Quando la fiducia nelle loro possibilità di diventare genitori sembrava ormai svanita, hanno preso una decisione cruciale: ricorrere alla donazione di sperma. Ancora prima di trovare un donatore, hanno stabilito di avere due figli e di non rivelare mai chi fosse il vero padre biologico. Quel segreto, custodito con estrema riservatezza, è diventato un patto inviolabile.
Michael Slepian, psicologo e docente alla Columbia University di New York, conosce questa vicenda da vicino: è il figlio maggiore della coppia. Nel suo libro “La vita segreta dei segreti”, descrive il momento in cui, a 26 anni, i genitori gli hanno confidato la verità, proprio mentre approfondiva le sue ricerche sugli effetti psicologici dell’occultamento. Scoprire che Don non era il suo padre biologico e che il fratello minore, nato da un altro donatore, era un fratellastro ha scosso il suo mondo. Nonostante lo shock iniziale, Slepian ha rassicurato il padre che il loro legame sarebbe rimasto immutato. Questa esperienza gli ha rivelato che il danno maggiore lo hanno subito i genitori, oppressi per anni dal peso di quel segreto. «I segreti colpiscono soprattutto chi li tiene nascosti», scrive.
Uno studio condotto da Slepian e colleghi nel 2012 dimostra che i segreti possono gravare come un vero fardello fisico. Chi custodisce un segreto significativo percepisce una “pesantezza” psicologica che altera la visione di distanze, pendenze e difficoltà nei compiti fisici. Attraverso quattro esperimenti, i ricercatori hanno chiarito questo fenomeno. Nel primo, chi rifletteva su un segreto importante, come un tradimento, giudicava una collina più ripida rispetto a chi pensava a un segreto banale. Nel secondo, i partecipanti che pensavano a un segreto rilevante tendevano a lanciare un sacchetto di fagioli troppo lontano, percependo il bersaglio più distante del reale. Nel terzo, attività quotidiane come portare la spesa risultavano più faticose per chi era gravato da un segreto. Nel quarto, chi nascondeva informazioni personali era meno incline a offrirsi per compiti fisici, come trasportare libri.
Questi risultati confermano che l’espressione “un segreto insopportabile” non è solo poetica: un segreto importante pesa mentalmente e fisicamente, modificando la percezione del mondo. Secondo uno studio del 2017 condotto da Slepian e colleghi, ogni persona custodisce in media 13 segreti. Analizzando le risposte di 2 mila partecipanti, i ricercatori hanno individuato 38 categorie di segreti, che spaziano da questioni familiari, salute e lavoro a infedeltà, difficoltà emotive e comportamenti non etici, come furti o inganni professionali. Tra i più comuni: aborti taciuti, dipendenze nascoste o opinioni politiche celate.
Slepian ha ampliato la definizione di segreto, considerandolo non solo un atto di occultamento in una conversazione, ma uno stato mentale persistente. Le persone dedicano più tempo a rimuginare sui segreti, con pensieri che riaffiorano spontaneamente, che a nasconderli attivamente. Dieci esperimenti hanno mostrato che il tempo speso in questi pensieri è doppio rispetto a quello impiegato per celare il segreto durante interazioni sociali. Questo rimuginare continuo è la principale fonte di sofferenza, con effetti concreti sulla salute: chi pensa spesso al proprio segreto riferisce maggiore stanchezza, minore energia e un peggioramento del benessere. I pensieri ricorrenti ricordano incessantemente che si sta nascondendo qualcosa, erodono l’autenticità e generano uno stress mentale che può manifestarsi in pressione alta, insonnia o un sistema immunitario indebolito.
La storia dei genitori di Slepian esemplifica questo meccanismo. Ancora prima della nascita dei figli, Don e Judy erano tormentati da interrogativi come: «E se i bambini non somigliassero al padre?» o «Cosa succederebbe se servissero dati genetici?». Con il crescere dei figli, il peso del segreto si è intensificato, accompagnato da dubbi costanti sulla scelta di tacere. Il danno non derivava solo dai momenti in cui dovevano nasconderlo, ma soprattutto dai pensieri ossessivi che li perseguitavano.
Per alleggerire questo fardello, Slepian suggerisce di confidare il segreto a una persona fidata, empatica e non giudicante. Tuttavia, trovare qualcuno adatto non è sempre facile e il rischio di esporsi può risultare troppo grande. In alternativa, uno studio del 2022 ha esaminato due emozioni legate ai segreti: la vergogna, che fa sentire “cattivi” e induce all’isolamento, e il senso di colpa, che spinge a correggere le proprie azioni. Nei test, i partecipanti che consideravano il segreto in termini di colpa («Ho fatto qualcosa di sbagliato») si sentivano più capaci di gestirlo rispetto a quelli che si concentravano sulla vergogna («Sono una persona cattiva»). Riorientare il pensiero dalla vergogna alla colpa permette di vedere il segreto come qualcosa di affrontabile e favorisce il benessere.
Un altro studio ha evidenziato che rimuginare sul passato, con rimpianti e “se solo”, amplifica il disagio. Al contrario, pensare al segreto in prospettiva futura, concentrandosi su cosa fare d’ora in poi, riduce l’impatto negativo e può persino generare sollievo. Slepian consiglia di riflettere sul significato attuale del segreto e di individuare modi per gestirlo andando avanti. «Passare dalla vergogna alla colpa aiuta a trarre lezioni dal passato e a superarlo, anziché restarne prigionieri», spiega.
I genitori di Slepian rimpiangono ancora di non aver rivelato subito la verità. Ma il figlio li ha rassicurati: scoprire di non essere legato biologicamente a loro ha reso il loro legame ancora più profondo, fondato non su vincoli genetici, ma su amore e vicinanza. «Non possiamo cancellare i segreti che custodiamo — conclude Slepian, — ma possiamo cambiare il modo in cui li viviamo: questo è il vero obiettivo».