Il Senato Usa approva le operazioni militari contro l’Iran

di Redazione ETI/Joseph Lord e Nathan Worcester
28 Giugno 2025 16:00 Aggiornato: 4 Luglio 2025 14:27

Il 27 giugno, il Senato degli Stati Uniti ha respinto la risoluzione presentata dal senatore democratico Tim Kaine, che chiedeva l’immediata sospensione di ogni finanziamento o sostegno ad attività militari statunitensi legate all’Iran se non pre-autorizzate dal Parlamento.

La proposta, formulata in risposta ai bombardamenti condotti dagli Stati Uniti contro impianti nucleari iraniani all’inizio del mese, è stata sottoposta al voto dopo l’entrata in vigore di un cessate il fuoco nel conflitto tra Israele e Iran. L’aula ha respinto il testo con 53 voti contrari e 47 favorevoli. Tra questi ultimi non figurava il senatore democratico John Fetterman che ha votato con la maggioranza repubblicana.

La risoluzione prevedeva che ogni azione militare nei confronti dell’Iran dovesse ricevere l’approvazione del Parlamento, salvo in caso di un attacco da parte di Teheran. Il provvedimento si inseriva nel più ampio dibattito sulla ripartizione dei poteri in politica estera e militare, riaccesosi dopo gli attacchi statunitensi del 21 giugno a tre strutture nucleari iraniane. Alcuni esponenti di entrambi gli schieramenti hanno criticato la decisione dell’esecutivo, ritenendo che il Parlamento avrebbe dovuto essere consultato ai sensi dell’articolo I della Costituzione.

Nel suo intervento in aula, Kaine ha risposto alle obiezioni di chi considerava la risoluzione ormai superata dal cessate il fuoco. «Tutti in quest’aula auspicano che la tregua regga, e anch’io lo spero», ha dichiarato. «Ma il Presidente, anche oggi, ha affermato che colpirebbe nuovamente l’Iran». Il riferimento era a un’affermazione rilasciata dallo stesso Trump, il 27 giugno, durante una conferenza stampa alla Casa Bianca, in cui il presidente ha dichiarato che bombarderebbe «assolutamente» l’Iran qualora quest’ultimo riprendesse l’arricchimento dell’uranio, elemento fondamentale per la produzione di armi nucleari.

Nel corso della stessa conferenza, Trump ha aggiunto di non temere l’esistenza di eventuali siti nucleari segreti, affermando che l’Iran sarebbe ormai esausto. «Il nucleare è l’ultima cosa a cui stanno pensando», ha dichiarato. «Non credo che vi faranno ritorno tanto presto. Hanno speso oltre mille miliardi di dollari e non sono mai riusciti a concludere nulla».

Tra le voci contrarie alla risoluzione, il senatore repubblicano Jim Risch ha attribuito l’iniziativa a un clima di ostilità verso Trump. Analoga la posizione della deputata Marjorie Taylor Greene, che ha criticato il leader della maggioranza al Senato, John Thune, per aver permesso il voto sul provvedimento, definendolo su X «un referendum contro il presidente Trump» e accusando il Senato di essere «fuori controllo».

Diversi senatori hanno espresso opinioni divergenti sulla legittimità dell’intervento statunitense contro l’Iran. Il senatore democratico Ron Wyden ha rilevato un consenso trasversale, anche tra gli elettori repubblicani, per un maggior coinvolgimento del Parlamento nelle decisioni militari. Jack Reed ha sostenuto la necessità di un’autorizzazione formale all’uso della forza, come nel 2003 per l’Iraq. Di contro, diversi esponenti bipartisan vicini a Trump hanno difeso la legalità dell’azione, ritenendola conforme al War Powers Act. Altri hanno infine giudicato legittima l’azione presidenziale, purché siano rispettati gli obblighi di notifica previsti dalla legge.

Nei giorni precedenti al voto, il Presidente della Camera Mike Johnson ha avanzato dubbi sulla costituzionalità del War Powers Act, una posizione condivisa da alcuni senatori repubblicani.

Alcuni senatori hanno infatti sostenuto che l’intervento contro l’Iran rientrava pienamente nei poteri attribuiti al Presidente dall’articolo II della Costituzione, trattandosi di un’azione limitata e mirata alla protezione dei cittadini statunitensi. Pur riconoscendo la rilevanza del dibattito sul ruolo del Parlamento in materia di guerra, hanno ritenuto che, nel caso specifico, non vi fossero dubbi sulla legittimità dell’azione.

Il senatore Markwayne Mullin ha aggiunto che, qualora la risoluzione fosse stata approvata, Trump avrebbe potuto impugnare con buone probabilità di successo la costituzionalità della normativa in tribunale.

 


Iscriviti alla nostra newsletter - The Epoch Times