Donald Trump ha dichiarato martedì che la Cina potrà proseguire nell’acquisto di petrolio dall’Iran, nonostante le sanzioni imposte da Washington nei mesi scorsi per le precedenti importazioni di greggio iraniano con un post su Truth, Trump. L’annuncio è arrivato in un momento delicato, a poche ore dalla fine del conflitto tra Israele e Iran, durato dodici giorni.
Nel frattempo, le quotazioni del petrolio hanno registrato un netto calo, scendendo di quasi il 6% ai minimi delle ultime due settimane, sulla scia delle attese che la tregua potesse ridurre i rischi di interruzioni dell’offerta nel Medio Oriente. Alle 13:26 (ora della costa orientale statunitense), i future sul Brent hanno perso 4,02 dollari (-5,6%), attestandosi a 67,46 dollari al barile, mentre il Wti è sceso di 3,84 dollari (-5,6%), toccando quota 64,67 dollari. Il Brent si avvia così verso la chiusura più bassa dal 10 giugno, e il Wti ai livelli minimi dal 6 giugno, ovvero prima dell’attacco a sorpresa condotto da Israele il 13 giugno contro strutture militari e nucleari iraniane.
Le sanzioni statunitensi sulle esportazioni di petrolio iraniano erano state ripristinate nel novembre 2018, al termine di un periodo di transizione di 180 giorni, dopo il ritiro degli Stati Uniti dall’accordo sul nucleare iraniano. Nel marzo scorso, Trump aveva avvisato Teheran affermando che, in assenza di un nuovo accordo, ci sarebbero state delle conseguenze. Già nel mese di febbraio, l’amministrazione statunitense aveva annunciato il ritorno alla politica di massima pressione sul regime iraniano, con l’obiettivo dichiarato di azzerare le esportazioni petrolifere. Secondo Washington, i proventi della vendita di greggio sono stati utilizzati per finanziare attività terroristiche, produzione di droni e sviluppo nucleare. Gran parte del petrolio iraniano, venduto al regime cinese a prezzi bassissimi, è stato destinato a piccole raffinerie cinesi, note come “teapot” che dipendono da greggio a basso costo per contenere i costi produttivi.
Tra marzo e maggio, Washington ha sanzionato numerosi soggetti coinvolti nelle esportazioni iraniane verso la Cina. Il 20 marzo, per la prima volta, il ministero del Tesoro Usa ha colpito direttamente una raffineria teapot, accusata di aver acquistato e raffinato «centinaia di milioni di dollari in greggio iraniano» proveniente da navi collegate ai terroristi Houthi e al ministero della Difesa iraniano, già sottoposto a sanzioni statunitensi.
Entro il 13 maggio, Washington ha sanzionato complessivamente 253 soggetti – tra persone fisiche, giuridiche e natanti – legati all’Iran e ai suoi alleati. La revoca formale delle sanzioni sulle esportazioni di petrolio iraniano richiede un provvedimento congiunto dei ministeri del Tesoro e Interni americani, oltre all’approvazione del Parlamento. Tuttavia, l’amministrazione Trump potrebbe scegliere di non applicare le sanzioni in vigore, facilitando così un aumento dell’offerta mondiale di greggio.