Nella notte tra il 21 e il 22 giugno, gli Stati Uniti hanno condotto un attacco contro tre i impianti nucleari iraniani, seguendo un piano estremamente articolato che ha coinvolto oltre 125 velivoli e navi da guerra, oltre a sofisticate tattiche di depistaggio, come spiegato in conferenza stampa dal ministro della Difesa Pete Hegseth e dal capo di stato maggiore delle forze armate americane, generale Dan Caine.
Hegseth ha rivelato che l’operazione, denominata “Martello di Mezzanotte”, era stata preparata nell’arco di settimane, se non mesi, «per essere pronti quando il presidente degli Stati Uniti avesse dato l’ordine». L’attacco statunitense è arrivato una settimana dopo una serie di raid aerei a sorpresa condotti da Israele contro l’Iran, mirati a indebolirne il programma nucleare e le capacità militari. Israele e Stati Uniti avevano individuato come obiettivo primario l’impianto di arricchimento dell’uranio di Fordow, situato a centinaia di metri di profondità in una regione montuosa dell’Iran. Per distruggerlo, l’aviazione statunitense ha inviato i bombardieri stealth B-2 Spirit, equipaggiati con bombe antibunker da oltre 13 tonnellate: le Gbu-57A/B Massive Ordnance Penetrator, tra le poche armi in grado di colpire strutture così fortificate.
Il generale Caine ha descritto l’operazione come la missione più lunga mai fatta dai B-2 dal 2001, la seconda in assoluto per durata e la prima in cui siano state utilizzate operativamente le bombe Gbu-57.

CRONOLOGIA DELL’OPERAZIONE
L’operazione è iniziata il 21 giugno poco dopo la mezzanotte (ora della costa orientale degli Stati Uniti, le sei del mattino in Italia, le 8 in Iran), quando sette bombardieri B-2 sono decollati dalla base aerea di Whiteman, nel Missouri, inizialmente dirigendosi verso ovest, dando così l’impressione di non puntare al Medio Oriente ma all’isola di Guam, nell’Oceano Pacifico. Durante il volo, che in realtà è stato sopra l’Oceano Atlantico e il Mediterraneo, i B-2 hanno ricevuto supporto da decine di aerei cisterna per il rifornimento in volo.
I B2 hanno raggiunto l’area di responsabilità del Comando centrale statunitense alle 2 del mattino (ora iraniana) del 22 giugno. Poco prima, sottomarini americani avevano iniziato a lanciare missili da crociera Tomahawk contro gli obiettivi iraniani. Diversi caccia americani F35 Lightning (anch’essi stealth) hanno scortato i bombardieri e li hanno preceduti entrando per primi nello spazio aereo iraniano, neutralizzando la contraerea iraniana intorno agli impianti di Fordow e Natanz e aprendo la strada ai B2. La “preparazione del terreno” a opera dei missili tomahawk e dei caccia è durata circa quaranta minuti; poi l’equipaggio del bombardiere di testa ha raggiunto l’impianto di Fordow e ha sganciato due bombe Gbu-57. Nei successivi 20 minuti, gli altri equipaggi hanno rilasciato i rispettivi carichi su Fordow e Natanz. Intanto, missili Tomahawk lanciati dal mare colpivano il terzo obiettivo, l’impianto nucleare di Isfahan, completando l’operazione in circa un’ora. A mezz’ora dalla fine dell’attacco i B-2 erano fuori dallo spazio aereo iraniano.
In totale i B2 hanno sganciato di 14 bombe antibunker. I sottomarini hanno lanciato almeno 24 missili da crociera Tomahawk contro infrastrutture di superficie a Isfahan. Le componenti aeree e navali dell’attacco sono state coordinate con estrema precisione per sincronizzare l’impatto dei missili con la finestra temporale dell’operazione, che ha visto la partecipazione di oltre 125 velivoli in totale: bombardieri B-2, caccia di quarta e quinta generazione e decine di aerei cisterna per il rifornimento.
L’operazione ha incluso diverse tattiche di depistaggio. Ad esempio, mentre i bombardieri incaricati dell’attacco volavano verso est dalla base di Whiteman, Caine ha rivelato che alcuni velivoli erano stati inviati verso ovest, appunto; un diversivo noto solo a un coordinamento strategico ristretto. Questa volta, non si può dire che vi siano state “fughe di notizie” dal Pentagono.
Sottolineando il successo dell’effetto sorpresa dell’operazione, il generale Caine ha dichiarato che non risultano azioni di fuoco da parte delle forze iraniane contro gli aerei americani durante l’intera missione. Hegseth ha sottolineato come la segretezza, l’assoluta precisione e il coordinamento dimostrati dalle forze americane siano un deterrente altrettanto efficace della mera “potenza di fuoco”, che pure è ineguagliabile, ha più volte ripetuto il ministro della Difesa americano, che ha chiosato: «Non potrei essere più orgoglioso della precisione, della sensibilità e della professionalità delle truppe coinvolte in questa operazione».
IL RISULTATO
Hegseth ha spiegato che l’obiettivo dell’operazione era distruggere o come minimo «danneggiare gravemente il programma nucleare iraniano». L’entità dei danni inflitti ai tre impianti non può essere ancora confermata indipendentemente, ma Caine ha offerto una valutazione iniziale ottimistica: «So che l’interesse per i danni è alto. La valutazione definitiva richiederà tempo, ma le prime indicazioni suggeriscono che tutti e tre i siti abbiano subito danni e distruzioni estremamente gravi».
Anche il vice presidente degli Stati Uniti, JD Vance, ritiene che gli attacchi abbiano avuto successo: «Credo proprio che abbiamo ritardato in modo sostanziale lo sviluppo di un’arma nucleare. E questo era l’obiettivo dell’attacco. Quindi è stato un successo» ha dichiarato il 22 giugno durante la trasmissione Meet the Press di Nbc