Cnn: Trump valuta attacchi mirati ma teme una propagazione del conflitto

di Agenzia Nova
20 Giugno 2025 14:35 Aggiornato: 4 Luglio 2025 14:27

Il presidente Donald Trump sta considerando l’ipotesi di partecipare agli attacchi israeliani contro l’Iran, compreso l’uso di bombe cosiddette “bunker busters” (distruttrici di bunker) per colpire impianti nucleari sotterranei come il sito di Fordow, ma è restio a dare il via libera per timore di una propagazione regionale del conflitto che al momento vede protagonisti Israele e la Repubblica islamica. Lo riferisce l’emittente televisiva Cnn, secondo cui la Casa Bianca sta valutando il ricorso a raid mirati che non sfocino in una guerra su vasta scala. Trump, che durante il suo primo mandato ha più volte promesso di non coinvolgere gli Stati Uniti in nuovi conflitti in Medio Oriente, vuole evitare in particolare che la prima potenza mondiale si trovi invischiata in un altro conflitto senza fine. «Mi piace decidere all’ultimo secondo. Con la guerra, tutto può cambiare da un momento all’altro», ha detto ieri il presidente, lasciando intendere di non avere ancora assunto una decisione definitiva.

Mentre Israele insiste sul fatto che solo un intervento statunitense possa eliminare definitivamente la minaccia nucleare iraniana, molti alleati occidentali degli Usa – così come diversi membri del Congresso federale – mettono in guardia contro un’escalation regionale incontrollabile. La fuga in avanti israeliana, iniziata con attacchi mirati la scorsa settimana, ha già innescato tensioni nei pressi dello Stretto di Hormuz e ha portato Teheran a mobilitare le proprie forze. Il viceministro degli Esteri iraniano ha avvertito che, in caso di coinvolgimento diretto degli Stati Uniti, Teheran risponderà militarmente «ovunque sarà necessario». Tra i timori più forti, anche l’interruzione dei flussi petroliferi globali e un’accelerazione del programma nucleare iraniano in risposta a eventuali attacchi.

All’interno dell’amministrazione Trump si fa strada però l’idea che sia possibile colpire l’Iran in modo rapido e limitato, senza dover intraprendere un’operazione militare prolungata. L’ex ambasciatore Usa in Israele, David Friedman, ha suggerito pubblicamente un’azione «risolutiva ma contenuta», paragonandola al raid del 2020 in cui fu ucciso il generale iraniano Qasem Soleimani con un drone. Anche altri consiglieri ritengono che un attacco mirato, ad esempio su Fordow con ordigni ad alto potenziale come le Moab (acronimo di “Mother of All Bombs”, una bomba a cadutra libera con un potenziale esplosivo di 11 tonnellate di Tnt equivalente), possa infliggere un colpo decisivo al programma nucleare iraniano senza implicare l’ingresso degli Stati Uniti in una nuova guerra. Tuttavia, esperti avvertono che anche atti limitati potrebbero provocare una reazione a catena e mettere a rischio le basi militari statunitensi nella regione.

Il presidente è circondato da consiglieri divisi: da un lato, figure come il comandante del Comando centrale Michael Kurilla, che chiedono da settimane un rafforzamento militare nell’area in vista di un possibile scontro con Teheran o con i suoi alleati regionali, come gli Houthi in Yemen. Dall’altro, senatori repubblicani tradizionalmente vicini a Trump – come Jim Risch e Josh Hawley – che si dicono preoccupati per il rischio di coinvolgimento in un conflitto che «non è il nostro». In queste ore, Trump continua a ricevere briefing da figure chiave come il direttore della Central Intelligence Agency (Cia) John Ratcliffe, ma assicura che ogni scelta sarà presa con prudenza. «L’unica cosa che voglio è che l’Iran non abbia l’arma nucleare», ha detto il presidente. «Non cerco una guerra lunga né breve. Voglio evitare che la minaccia si concretizzi».


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