Il 18 giugno i principali esponenti democratici del Senato hanno espresso preoccupazione per un intervento militare degli Stati Uniti contro l’Iran, sollecitando la Casa Bianca a fornire chiarimenti e a evitare, secondo loro, azioni unilaterali. Nel loro comunicato congiunto, i firmatari hanno avvertito che qualunque operazione militare richiede un’autorizzazione del Parlamento e un’attenta valutazione delle conseguenze, sollecitando il presidente Trump a privilegiare la via diplomatica.
Nonostante il crescente allarme, molti parlamentari democratici evitano per ora dichiarazioni pubbliche sulla possibilità di un conflitto. Alcuni si limitano a riaffermare il diritto di Israele a reagire agli attacchi, senza esprimersi sul ruolo che dovrebbero avere gli Stati Uniti.
La reazione democratica avviene in un quadro politico frammentato. Alcuni membri del partito, come il senatore John Fetterman, hanno espresso sostegno all’azione militare israeliana, auspicando la fine del programma nucleare iraniano senza ricorrere a trattative. Altri, invece, hanno criticato le operazioni militari di Israele, definendole provocatorie e potenzialmente destabilizzanti per l’intera regione. Tra questi, gli stessi senatori Jack Reed e Chris Coons, che hanno parlato di «una pericolosa escalation», e la deputata Pramila Jayapal, che ha invitato a puntare su una de-escalation negoziata.
In parallelo, si registra un tentativo bipartisan di riaffermare l’autorità del Parlamento, che non accetta un coinvolgimento militare deciso dall’esecutivo: i senatori democratici hanno infatti ribadito che il Parlamento «ha il dovere di esercitare appieno il proprio ruolo in un momento tanto delicato». Il senatore Tim Kaine ha recentemente presentato una risoluzione per “rafforzare” i poteri del legislativo.
Sul fronte repubblicano, le posizioni sono ugualmente eterogenee. Alcuni, come i senatori Ted Cruz e Tom Cotton, sostengono l’idea di un’azione preventiva contro l’Iran, mentre altri mettono in guardia contro un nuovo coinvolgimento militare, in contrasto con la dottrina “America First”.
Dal canto suo, Trump ha fatto intendere di non aver ancora preso una decisione definitiva, ma mercoledì ha dichiarato di aver ormai perso la pazienza con Teheran. Parlando con i giornalisti alla Casa Bianca, il presidente ha detto di avere «diverse opzioni» sul tavolo, ma di voler attendere il momento giusto per decidere, considerata la natura imprevedibile dei conflitti. «Preferisco decidere all’ultimo secondo», ha affermato.
Pur ribadendo di non volere trascinare il Paese in un’altra guerra, Trump ha ammesso che potrebbe essere necessario intervenire per impedire all’Iran di ottenere l’arma nucleare: «A un certo punto bisognerà scegliere: potremmo dover combattere per impedirlo».