Quando un uomo diventa padre, nessuno gli consegna un “mansionario”, anche se il suo lavoro è uno dei più importanti al mondo. La maggior parte dei padri scopre in cosa consista il proprio lavoro gradualmente, a volte dolorosamente, nel corso degli anni. Si rivela come un dono. Cresce e si trasforma come le stagioni: l’energia giovanile del giovane padre che rincorre i bambini lascia il posto alla mentalità più serena del padre di mezza età, che poi passa al sorriso dell’anziano stanco che vede tutto il suo impegno chiudere il cerchio nella crescita dei figli dei suoi figli.
Chiunque inizi a pensare a come si potrebbe descrivere il lavoro di un papà, la prima cosa di cui si rende conto è quanto lunga dovrebbe essere questa descrizione. Probabilmente, il numero di ruoli che un padre deve svolgere è praticamente infinito. Ma ecco almeno alcuni tra i ruoli di un padre, offerti come riflessione e celebrazione della paternità, con tutto il suo multiforme mistero.
John Green ha scritto: «La natura della paternità imminente è che dovrai fare qualcosa per cui non sei qualificato, ma lo diventi mentre lo fai». Forse tutte le cose più importanti nella vita sono così: nascere, sposarsi, avere figli, morire.
Non ci sono prove preliminari, perché niente può preparare qualcuno alla grandezza del compito. In tutti i ruoli più importanti che ricopriremo nella vita siamo dei dilettanti, almeno all’inizio. È come se il modo migliore per affrontare i momenti che cambiano la vita fosse con una buona dose di ignoranza, una forte dose di umiltà temperata dalla speranza e una generosa dose della fortuna dei principianti. I padri si affinano, a poco a poco, nella fornace dell’esperienza.
È durante il viaggio da dilettante a padre esperto che gli uomini sperimentano il pieno sviluppo della propria mascolinità. Nel donarsi, i padri trovano se stessi. Come ha scritto il filosofo John Cuddeback: «Essere buoni significa sempre trasmettere i doni che abbiamo ricevuto. Cos’è la paternità se non una trasmissione di virilità? Ed ecco, se la paternità è essa stessa il compimento della virilità, allora vediamo che la virilità diventa se stessa solo attraverso la “trasmissione”!».
In altre parole, è cercando di trasmettere la vita, l’esperienza, la mascolinità e la femminilità (per le figlie) che un uomo entra davvero in profondità nella propria mascolinità. Diventa maturo nel senso più pieno del termine. Diventa pienamente padrone della propria vita, della propria esperienza e della propria saggezza nell’atto stesso di donare queste cose ai figli.
Anticamente, il termine “allevamento” si riferiva alla gestione di una fattoria. Il “marito” era il padrone del pezzo di terra che coltivava. Questo ci fa capire come il lavoro di marito e padre fosse inscindibile dal lavoro dell’agricoltore o del giardiniere.
Sia il padre che il giardiniere devono coltivare e nutrire gli esseri viventi sotto le loro cure. Il padre, come il giardiniere, non può forzare la crescita delle piccole vite di cui è responsabile: deve creare un’atmosfera che favorisca la crescita e deve fornire il cibo (sia letterale che figurato) che sostiene e sviluppa la vita. Deve prendersi cura dei figli con diligenza e pregare per un tempo favorevole, mentre cerca di trarre da ogni bambino il pieno potenziale che ha dentro di sé.
Fin dalle origini, i padri di famiglia sono stati i principali protettori delle proprie case. Che si tratti di animali selvatici, disastri naturali, criminali o eserciti invasori, il padre si è sempre frapposto tra la propria famiglia e il caos del mondo, pronto a dare il proprio sangue per preservare le vite a lui affidate.
Sebbene oggi i padri debbano affrontare meno pericoli fisici rispetto al passato, il ruolo di protettore rimane come sempre essenziale. I padri costituiscono una barriera fondamentale tra i loro figli e le influenze dannose di un mondo imprevedibile, preservando un luogo di pace e sicurezza – emotiva, mentale e fisica – in cui i figli possano crescere. Dall’assicurarsi che la figlia sposi un bravo uomo all’evitare le difficoltà economiche, un padre protegge il benessere della famiglia.
I padri possono trasmettere un’istruzione più solida di qualsiasi programma di studi, semplicemente attraverso le storie e le conversazioni che scambiano. Un buon padre diffonde saggezza, conoscenza e umorismo senza nemmeno rendersene conto: le cose che casualmente dice ai figli penetrano nella loro anima come l’acqua nutre le piante.
Un modo per condividere la saggezza è attraverso la narrazione, che è una delle forme più potenti di insegnamento, e quando un padre racconta storie del proprio passato, i figli imparano dalle sue esperienze. Tra le più importanti ci sono quelle che riguardano la civiltà, il modo in cui le cose sono state fatte e il perché, trasmettendo così alla generazione successiva una preziosa tradizione.
Una semplice storia della buonanotte può creare un legame tra genitore e figlio, stimolare l’immaginazione e contribuire a insegnare il senso dell’umorismo. Ma naturalmente la storia più grande che un padre racconta è quella della propria famiglia: le risate e le lacrime, il viaggio di ogni figlio verso il futuro e la famiglia nel suo insieme che si muove come un gruppo di pellegrini attraverso la vita.

Ogni uomo, a un certo punto, desidera l’avventura: è insito nella natura maschile. Troppo spesso gli uomini cercano l’avventura nei posti sbagliati, con comportamenti pericolosi, distruttivi ed egoistici. Ma la vera avventura è proprio davanti agli occhi, nell’accettare doveri significativi, come quello della paternità.
La prospettiva della paternità presenta a un uomo una sfida degna di tutte le sue ambizioni più profonde, una missione che metterà alla prova la sua determinazione, l’intraprendenza, la sua capacità di guidare e amare. E il premio di questa avventura non è altro che la felicità per tutta la vita dei suoi figli e delle sue figlie e, attraverso di loro, forse, di innumerevoli generazioni future. Il poeta francese Charles Péguy si spinse a dire che: «C’è un solo avventuriero al mondo, come si può vedere molto chiaramente nel mondo moderno: il padre di famiglia. Anche gli avventurieri più disperati non sono nulla in confronto a lui».
Theodore Roosevelt considerava la paternità l’apice della carriera di un uomo ambizioso, affermando: «Per l’interesse e il divertimento incessanti, una famiglia di bambini, se le cose vanno ragionevolmente bene, fa certamente perdere importanza a tutte le altre forme di successo e di realizzazione».
Sull’eroismo sono state scritte cataste di libri e articoli. Che cos’è l’eroismo? Che cosa spinge una persona a lanciarsi davanti a un proiettile, a correre verso un furioso incendio o a rifiutarsi di indietreggiare di fronte a una probabile sconfitta?
La breve risposta è l’amore: quando amiamo qualcosa o qualcuno, faremo di tutto per salvarlo, anche a costo dei più grandi sacrifici. Un buon padre vive una vita permeata dall’amore. E quindi, per necessità, vive una vita permeata dal sacrificio.
Questa è una vita di eroismo. Potrebbe essere un eroismo di tipo “ordinario”, se con questo intendiamo che il mondo in genere non lo nota mai e forse non si manifesta mai in un’unica, grande azione. Ma l’eroismo delle piccole azioni quotidiane, dei piccoli sacrifici, compiuti con coerenza anno dopo anno, non è meno reale dell’eroismo di un momento drammatico di sforzo sovrumano. Ed entrambi scaturiscono dalla stessa fonte: l’amore.
Nella maggior parte dei casi, l’evento drammatico ed eroico svela semplicemente qualcosa che è sempre esistito nell’eroe, ma che non ha mai avuto la possibilità di emergere prima. Il padre che passeggia fino a tarda notte col bambino che piange, il padre che si alza presto per andare a un lavoro che non gli piace particolarmente, il padre che corregge dolcemente il figlio per la centesima volta, il padre che mette da parte i propri progetti quando il figlio ha bisogno di parlare, il padre che trova il tempo di giocare con i bambini anche se è esausto: quest’uomo è un eroe, per quanto il mondo lo noti poco.
Gran parte del bene che ognuno di noi sperimenta nella propria vita e che il mondo sperimenta in generale è dovuto all’eroismo non celebrato dei nostri padri, e dei loro padri prima di loro, e dei loro padri prima di loro, risalendo così indietro nella Storia che alla fine non conosciamo i nomi di questi uomini.
Ma sappiamo che, da qualche parte là dietro, quegli uomini senza nome, pur con tutti i loro errori, hanno preso decisioni buone e amorevoli, come quella di mettere una mano sulla spalla del proprio figlio e dirgli: «Figlio, dimmi a cosa stai pensando».