Resa dei conti a Londra tra Stati Uniti e Partito comunista cinese

di Redazione ETI/Emel Akan
9 Giugno 2025 20:34 Aggiornato: 9 Giugno 2025 20:35

I rappresentanti commerciali di Stati Uniti e Cina si incontrano oggi, 9 giugno, a Londra, nel tentativo di sbloccare lo stallo seguito al fallimento dei colloqui di Ginevra dello scorso mese. L’appuntamento, di cruciale importanza, arriva dopo una telefonata tra Donald Trump e Xi Jinping, avvenuta il 5 giugno, al termine della quale Trump ha annunciato la risoluzione della disputa sulle restrizioni cinesi all’esportazione di terre rare, un nodo centrale delle trattative commerciali.

«Non dovrebbero più esserci dubbi sulla complessità dei prodotti a base di terre rare», ha dichiarato Trump su Truth dopo il colloquio. «Le nostre rispettive delegazioni si incontreranno a breve in una sede da definire». La conversazione, durata un’ora e mezza, è seguita a un messaggio pubblico di Trump, che aveva espresso frustrazione per le tattiche negoziali di Pechino, definendo Xi «molto duro» e «estremamente difficile da affrontare» in un post su Truth Social del giorno precedente.

Secondo la portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, i funzionari americani insisteranno affinché la Cina rispetti pienamente gli impegni presi nell’accordo commerciale del 12 maggio a Ginevra, che prevedeva una riduzione reciproca dei dazi. In base all’intesa, entrambi i Paesi si erano accordati per tagliare i dazi del 115%, mantenendo un’ulteriore aliquota del 10%. «L’amministrazione sta monitorando il rispetto dell’accordo da parte della Cina, e ci auguriamo che questo incontro porti a negoziati commerciali più ampi», ha spiegato Leavitt a Fox News l’8 giugno.
La delegazione statunitense sarà guidata dal ministro del Tesoro Scott Bessent, quello del Commercio Howard Lutnick e dal rappresentante speciale per il Commercio Jamieson Greer.

Ma nonostante l’annuncio di Trump sulla risoluzione della disputa, i funzionari americani mantengono un atteggiamento prudente. Secondo Kevin Hassett, direttore del Consiglio economico nazionale, sebbene le esportazioni di terre rare siano riprese, i volumi restano inferiori a quelli concordati:«L’export di minerali strategici è aumentato rispetto al passato, ma non ha raggiunto i livelli stabiliti a Ginevra», ha dichiarato al programma Face the Nation di Cbs l’8 giugno, «noi vogliamo che le terre rare e i magneti, essenziali per telefoni cellulari e altre tecnologie, tornino a fluire come prima della settimana di aprile, senza che dettagli tecnici rallentino il processo. Questo è stato chiarito alla controparte».

In risposta ai dazi introdotti da Trump per il “Liberation Day”, Pechino ha imposto restrizioni all’export di elementi, metalli e magneti di terre rare a partire dal 4 aprile, limitando sette elementi chiave: samario, gadolinio, terbio, disprosio, lutezio, scandio e ittrio. Queste misure hanno messo sotto pressione le catene di approvvigionamento cruciali per i settori della difesa, aerospaziale e automobilistico americani. Le restrizioni seguono un divieto di esportazione, deciso a dicembre 2024, su tre minerali strategici – antimonio, gallio e germanio – in rappresaglia alle limitazioni tecnologiche imposte dall’ex presidente Joe Biden al regime comunista cinese.

La Cina domina il mercato mondiale delle terre rare, rappresentando quasi il 60% della produzione mondiale e l’85% della capacità di lavorazione. Negli ultimi anni, il regime cinese ha trasformato questa supremazia in un’arma strategica contro per affermare la propria supremazia. Sebbene i dettagli dell’accordo siano ancora in fase di definizione, Hassett si è detto fiducioso sull’esito dell’incontro di Londra.

I negoziati sono però offuscati da questioni commerciali più profonde. A maggio, il Dipartimento del Commercio statunitense ha vietato l’uso in tutto il mondo dei chip Ascend di Huawei Technologies, sostenendo che siano stati sviluppati in violazione dei controlli sulle esportazioni americani. La decisione ha suscitato la reazione di Pechino, che ha esortato Washington a revocare la misura.
Ma questo caso è emblematico delle preoccupazioni degli Stati Uniti sulle pratiche commerciali scorrette del regime cinese, che penalizzano imprese e lavoratori americani. L’ascesa della Cina comunista, accelerata dall’ingresso nell’Organizzazione mondiale del commercio nel 2001, è stata alimentata da politiche controverse, tra cui il furto sistematico di proprietà intellettuale, attacchi alle aziende straniere operanti nel Paese, manipolazione valutaria e massicci sussidi statali alle imprese nazionali. Praticamente tutte le regole proprie del libero mercato, vengono sistematicamente aggirate o violate dal regime cinese.

Secondo Robert Atkinson, presidente del think tank Information Technology and Innovation Foundation, anche se Pechino si presenta al tavolo dei negoziati, non è disposta a trattare su questi problemi fondamentali che gli Stati Uniti vogliono risolvere: «Non hanno mai nemmeno ammesso che si tratti di problemi».
Non è chiaro fino a che punto le pratiche commerciali scorrette di Pechino saranno affrontate o risolte durante i colloqui di Londra. Inizialmente, il regime cinese ha negato di aver violato l’accordo di Ginevra il 30 maggio. La retorica si è inasprita il 2 giugno, quando un portavoce del Ministero del Commercio cinese, attraverso i gli organi di propaganda del Partito comunista cinese, ha criticato la decisione di Washington di revocare i visti a studenti cinesi legati al Pcc stesso.

«Stati Uniti e Cina hanno interessi strategici nei rispettivi mercati, ma il presidente metterà sempre al primo posto i lavoratori e le industrie americane», ha ribadito la portavoce della Casa Bianca Leavitt a Fox News. «I colloqui di Ginevra hanno gettato le basi per questo, ma la Cina deve rispettare la sua parte dell’accordo. Questo sarà l’oggetto delle discussioni della nostra delegazione».

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