Le conseguenze della corruzione per il settore automobilistico cinese

di redazione eti/Alex Wu
8 Giugno 2025 12:20 Aggiornato: 8 Giugno 2025 14:56

Huang Guocheng è un ingegnere, specializzato in progettazione strutturale meccanica. Viene dalla provincia cinese del Guangxi e ha iniziato la sua carriera in una nota casa automobilistica cinese dopo la laurea nel 2004. In una recente intervista, ha spiegato che le aziende cinesi privilegiano elementi estetici, la linea, i colori e le finiture, a scapito di prestazioni e sicurezza. Un esempio è un’auto apprezzata dai giovani per la funzione che fa oscillare l’auto ai semafori, simulando una danza; un gadget che richiede una struttura di trasmissione aggiuntiva che riduce la resistenza agli impatti, ad esempio.
Sul piano dell’affidabilità, poi, emerge un divario significativo rispetto ai marchi internazionali. Dopo due o tre anni, molte auto cinesi presentano telai corrosi, componenti instabili e rumori anomali, mentre veicoli stranieri dello stesso segmento garantiscono maggiore affidabilità grazie a standard di produzione e controllo qualità superiori. Sebbene i progressi nelle batterie e nelle tecnologie di ricarica siano notevoli, le auto cinesi risultano carenti in sistemi di sicurezza essenziali, come freni avanzati, protezione dalla corrosione, dispositivi elettronici di sicurezza e avvisi di surriscaldamento.

Rispetto a marchi come Volvo, dotati di sistemi di sicurezza attiva che correggono errori di guida o evitano ostacoli, i veicoli cinesi appaiono ancora indietro. La causa principale, secondo Huang, risiede nella corsa ai sussidi governativi e ai vantaggi politici, che spinge le case automobilistiche a velocizzare i processi di ricerca e sviluppo, compromettendo la stabilità dei prodotti. Questo approccio, basato su lanci rapidi e vendite immediate, si discosta dalla prassi delle aziende internazionali, che sottopongono i modelli a test pluriennali.

Il regime comunista cinese tiene in piedi le imprese nazionali con fiumi di denaro, garantendo prezzi competitivi rispetto ai concorrenti stranieri (prezzi concorrenziali aiutati anche da altre soluzioni ingegnose, come il furto di proprietà intellettuale alle aziende occidentali o il lavoro schiavista nello Xinjiang, ad esempio).
Ma il problema più immediato – almeno per l’acquirente delle auto cinesi – è la corruzione dilagante, che in Cina mina gravemente (anche) i processi di collaudo e di certificazione delle auto. I test di sicurezza, gestiti da agenzie governative, diventano ostici da superare per le aziende che non pagano tangenti. Inoltre, per superare le verifiche, molti produttori nei campioni destinati ai test utilizzano materiali rinforzati, come lamiere spesse e cotone ignifugo, ma poi nella produzione in serie riducono al massimo i costi, adottando standard inferiori. I rischi per la sicurezza sono evidenti.

La corruzione pervade anche i reparti acquisti, dove i responsabili, spesso legati a funzionari di alto rango del Partito comunista cinese, operano senza adeguata supervisione. Fornitori di bassa qualità riescono a entrare nella filiera pagando tangenti e compromettendo la qualità fin dalle fasi iniziali. Diversi casi eclatanti sono stati riportati dai giornali cinesi: nel 2022, il direttore acquisti di Ideal Auto è stato arrestato per corruzione. Nel 2023, Xiaopeng Motors ha subito uno scandalo per i costi gonfiati nell’approvvigionamento dei sedili. E nell’agosto 2024, Chen Demei, ex vicepresidente del gruppo automobilistico di Shanghai, è stato accusato di aver acquistato prodotti a prezzi gonfiati dalla società del figlio e di intascare tangenti.

Un ulteriore ostacolo è l’assenza di garanzie per gli incidenti causati da difetti delle auto, dovuta ai legami tra produttori e autorità. I reparti di pubbliche relazioni delle case automobilistiche mantengono rapporti costanti con i ministeri, intervenendo per minimizzare incidenti o reclami e riducendo questioni gravi a problemi trascurabili. E in un ambiente simile i tribunali ovviamente “faticano” a emettere sentenze imparziali, lasciando i consumatori privi di tutela. La certezza dell’impunità, nel regime comunista cinese, è la norma. Per il più forte.

 


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