L’attacco ucraino ai bombardieri russi cambia il modo di fare la guerra

di Redazione ETI/Andrew Thornebrooke&Ryan Morgan
4 Giugno 2025 11:18 Aggiornato: 4 Giugno 2025 11:18

L’attacco condotto dall’Ucraina il 1° giugno contro diverse basi aeree strategiche russe rappresenta finora l’incursione più profonda sul territorio della Federazione che ha causato danni miliardari alla flotta di bombardieri nucleari russi. L’operazione, denominata Ragnatela e organizzata dai Servizi di sicurezza ucraini, è stata supervisionata direttamente dal presidente ucraino Zelensky, che il giorno successivo ha dichiarato che Mosca non sarebbe disposta a negoziare un cessate il fuoco senza subire ulteriori perdite in patria.

L’azione ha richiesto circa un anno e mezzo di preparazione, durante il quale sono stati introdotti clandestinamente in Russia oltre cento droni, armati con carichi esplosivi, nascosti e poi trasportati su camion in varie regioni della Russia. Il 1° giugno, tramite un meccanismo automatico, i droni hanno iniziato a decollare contemporaneamente per colpire obiettivi anche molto distanti tra loro. Secondo quanto riferito da Kiev, sono stati impiegati 117 droni, che hanno attaccato quattro aeroporti militari, danneggiando in modo significativo la flotta di vettori missilistici russi. L’operazione è stata coordinata da agenti ucraini presenti in territorio russo con diversi attacchi contro bombardieri situati a oltre 4 mila chilometri dal confine ucraino.

Intervenendo il 2 giugno a Washington, il generale Randy George, capo di stato maggiore dell’esercito statunitense, ha definito l’attacco un esempio emblematico della rapida evoluzione del campo di battaglia e dell’impatto crescente delle tecnologie di origine commerciale nelle guerre del futuro. Secondo il generale George, tanto i droni utilizzati quanto la diffusione in tempo reale dei video dell’attacco dimostrano come le dinamiche belliche siano radicalmente cambiate. I droni, infatti, pur essendo economici e di produzione commerciale, hanno avuto come obiettivi aerei di altissimo valore strategico per la difesa nucleare russa. Fonti ucraine affermano che l’attacco abbia danneggiato o distrutto 41 velivoli strategici, per un valore stimato attorno ai 7 miliardi di dollari, pari a circa un terzo dell’intera flotta di bombardieri strategici russi. Mosca contesta queste cifre, sostenendo che alcuni aerei sono stati effettivamente colpiti, ma che numerosi droni sarebbero stati neutralizzati.

La distruzione degli aeromobili comporta per la Russia una grave perdita perché si tratta di velivoli fuori produzione da oltre trent’anni, e non possono essere rimpiazzati se non attraverso la realizzazione di nuovi bombardieri nucleari. Sebbene siano in corso progetti di ammodernamento del Tu-95, non è chiaro se e quando Mosca sarà in grado di produrre questi aerei su scala industriale. Questo attacco, che non ha causato vittime ma enormi danni a livello economico e strategico, mette in evidenza anche il cambiamento nei costi della guerra. Ognuno dei droni impiegati da Kiev costa poche migliaia di euro, mentre un Tu-95 ha un valore stimato di circa 270 milioni.

Il raid del 1° giugno non è un episodio isolato. Dall’inizio del conflitto, l’Ucraina ha più volte colpito infrastrutture ad alto valore strategico e simbolico, come il ponte di Kerch o l’incrociatore Moskva. L’adozione sistematica di simili tattiche mette in difficoltà l’apparato militare-industriale russo, ancorato a un modello bellico più tradizionale e oneroso. Anche il generale David Allvin, capo di stato maggiore dell’aeronautica degli Stati Uniti, ha sottolineato come l’attacco possa indurre Mosca a rivedere la propria dottrina militare. «La Russia sta probabilmente ripensando molti dei suoi approcci difensivi, proprio a seguito di questo attacco asimmetrico, economicamente sostenibile e strategicamente efficace».


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