Cassa depositi e prestiti (Cdp) e Macquarie si trovano in disaccordo sul futuro di Open Fiber, l’operatore di rete in fibra ottica che registra perdite, secondo riporta Reuters. La divergenza rischia di rallentare i piani del governo di integrare Open Fiber con FiberCop, l’unità di rete ceduta lo scorso anno da Tim a un consorzio di investitori che include Kkr e il Tesoro italiano.
Cdp, che detiene il 60% di Open Fiber, punta a fondere gli asset dell’operatore con quelli di FiberCop per creare un fornitore di rete di telecomunicazioni all’ingrosso sotto il controllo statale. Tuttavia, Macquarie, fondo australiano che nel 2021 ha acquisito il 40% di Open Fiber per 2,12 miliardi di euro, ritiene che sia necessario scorporare gli asset in fibra nelle aree più densamente popolate e redditizie per facilitare l’approvazione antitrust di un’eventuale fusione con FiberCop, sempre secondo Reuters, e Macquarie sarebbe pronta a rilevare tali asset.
Cdp, tuttavia, non intenderebbe cedere queste aree, considerate gli asset più preziosi di Open Fiber e fondamentali per garantire una valutazione equa dell’azienda in un’eventuale operazione con FiberCop, dice Reuters. Secondo esperti del settore, tali aree potrebbero valere tra i 4 e i 6 miliardi di euro, debito incluso. La struttura di un possibile accordo deve ancora essere definita e potrebbe emergere nell’arco di un anno, ma qualsiasi integrazione tra FiberCop e Open Fiber dovrà ottenere il via libera dell’antitrust dell’Unione Europea, e Cdp confiderebbe nel fatto che che Bruxelles possa richiedere la cessione di solo una parte degli asset di rete di Open Fiber nelle zone più popolate per preservare la concorrenza, il tutto sempre secondo fonti Reuters. Sia Cdp che Macquarie non hanno commentato.