La sospensione temporanea dei dazi tra Stati Uniti e Cina rappresenta, per il momento, un segnale distensivo nel lungo e complesso confronto commerciale tra le due principali economie mondiali. Il 12 maggio, dopo due giorni di intensi colloqui a Ginevra, le delegazioni di Washington e Pechino hanno annunciato una tregua di 90 giorni durante la quale i reciproci dazi verranno significativamente ridotti. Una misura che, sebbene positiva, appare più come una pausa tattica che una soluzione strutturale alle divergenze economiche ormai consolidate.
Nello specifico, gli Stati Uniti abbasseranno i dazi sulle importazioni cinesi dal 145 al 30%, mentre la Cina ridurrà i propri dal 125 al 10%. Entrambe le parti hanno convenuto sull’apertura di un nuovo tavolo negoziale, che nei prossimi tre mesi affronterà nodi fondamentali come l’accesso al mercato, la tutela della proprietà intellettuale e il trasferimento tecnologico forzato.
Resta tuttavia evidente che la distanza tra le rispettive posizioni è ancora ampia. Come ha sottolineato l’analista economico, Edward Huang, con sede a Taiwan, il negoziato entra ora in una fase «di acque profonde», in cui le buone intenzioni dovranno tradursi in proposte concrete. Dal versante cinese, le aspettative vertono sulla rimozione integrale dei dazi statunitensi, ma Washington sembra intenzionata a subordinare qualsiasi concessione a impegni verificabili in materia di riforme strutturali.
Non si può dimenticare, infatti, che uno dei principali elementi di frizione riguarda la fiducia – o, meglio, la sua progressiva erosione. Il mancato rispetto da parte del regime cinese degli impegni assunti nell’accordo Fase Uno del 2020, siglato sotto la prima amministrazione Trump, ha lasciato il segno nei rapporti bilaterali. In quell’intesa, il Pcc aveva promesso di migliorare la protezione della proprietà intellettuale, eliminare il trasferimento forzato di tecnologie e aumentare l’acquisto dei prodotti statunitensi. Obiettivi che, secondo diversi osservatori, non hanno trovato un riscontro adeguato nella realtà.
Nella sua ultima valutazione annuale, l’ufficio del Rappresentante per il Commercio degli Stati Uniti ha ribadito come numerosi impegni cinesi in materia di tutela dei brevetti e dei segreti industriali non siano stati onorati. Un tema centrale che si intreccia con la crescente diffidenza di Washington verso le modalità con cui il Pcc gestisce le relazioni economiche con l’estero.
Il nuovo dialogo sarà guidato, sul versante americano, dal ministro del Tesoro, Scott Bessent, e dal rappresentante commerciale, Jamieson Greer, mentre per la Cina il negoziato sarà coordinato da He Lifeng, figura chiave della politica economica del Paese. Il comunicato congiunto parla di una «struttura permanente di confronto» – una dichiarazione d’intenti che lascia intendere la volontà di impostare un dialogo duraturo, ma che al contempo riflette l’ammissione di una partita ancora tutta da giocare.
Il mercato ha reagito positivamente alla notizia della tregua: le borse statunitensi hanno chiuso in rialzo, il dollaro si è rafforzato e anche il prezzo del petrolio ha mostrato segnali di recupero. Tuttavia, il clima rimane improntato alla cautela. Le cronache recenti delle relazioni economiche sino-americane hanno dimostrato come le intese momentanee possano rapidamente dissolversi, soprattutto quando si scontrano con visioni opposte del ruolo dello Stato nell’economia, della sovranità tecnologica e dell’equilibrio geopolitico mondiale.