Enea: le foreste “filtrano” le microplastiche

di Agenzia Nova
6 Maggio 2025 14:48 Aggiornato: 6 Maggio 2025 14:48

Le foreste possono giocare un ruolo strategico come “filtro” alla diffusione delle microplastiche. È quanto emerge da uno studio condotto da Enea e Arpae Emilia-Romagna, con il supporto di Romagna Acque, nell’invaso di Ridracoli (Forlì-Cesena), tra i più importanti della regione per la fornitura di acqua potabile e la produzione di energia elettrica, dove la concentrazione di microplastiche (MP) è risultata molto più bassa rispetto ad altri bacini lacustri italiani.
In questo bacino del Parco nazionale delle foreste casentinesi, Monte Falterona e Campigna, infatti, la concentrazione di microplastiche nei campioni prelevati in superficie e nella colonna d’acqua è stata pari a 0,02-0,04 MP/m3, a fronte di un valore medio di 13 MP/m3 rilevato nei laghi di Bracciano e Trasimeno.

I risultati dello studio sono stati presentati oggi nel corso dell’evento Progetto Life Blue Lakes: una campagna di monitoraggio delle microplastiche nella diga di Ridracoli tra foreste millenarie a Capaccio di Santa Sofia (Forlì-Cesena). «La scelta è ricaduta su questo invaso, risorsa fondamentale per l’intera Regione, per la sua posizione strategica all’interno di un’area ricca di biodiversità e di acqua ad uso potabile», ha evidenziato Patrizia Menegoni del Laboratorio Enea di Biodiversità ed ecosistemi. «Nello stesso tempo – aggiunge – ci ha spinto anche l’ipotesi che, vista l’elevata qualità delle sue acque, il lago potesse costituire una sorta di ‘punto zero’ per gli studi che hanno confermato il ruolo degli ecosistemi forestali circostanti nella riduzione della dispersione delle microplastiche, fornendo un’azione di ‘filtro’, a protezione della qualità delle acque dolci».

In tutti i campioni prelevati, la densità̀ di MP/m3 è molto bassa rispetto agli altri specchi lacustri studiati, sia in superficie che nella colonna d’acqua: il valore minimo è pari a 0, il massimo 2,08 (rinvenuto in superficie). Sono stati rinvenuti complessivamente 15 tipi diversi di polimeri; tra i più̀ frequenti, polietilene e polipropilene, materiali ampiamente utilizzati in diversi settori industriali e per la realizzazione di prodotti di consumo quotidiano. «Una considerazione specifica va posta nei riguardi della forma delle microplastiche, poiché, contrariamente agli altri laghi studiati, nella diga, non sono stati mai osservati filamenti o fibre solitamente trasportate dall’aria», spiega Menegoni. «Anche in questo caso – prosegue – l’ipotesi più plausibile è la funzione-filtro delle foreste e, in particolare, degli alberi i cui apparati fogliari, possono catturare le microplastiche in forma di fibre che poi, alla caduta delle foglie o con l’azione di lavaggio delle piogge, vengono ‘bloccate’ nei suoli, limitando il loro passaggio ad altre matrici».

Un recente studio, condotto in Appennino da Enea in collaborazione con Sirf (Società italiana di restauro forestale), ha rilevato la presenza significativa di microplastiche sotto forma di microfibre nell’acqua di pluviometri posizionati nelle chiome degli alberi. A confermare l’ampia diffusione del fenomeno, un ulteriore studio appena pubblicato da Enea evidenzia la presenza di grandi quantità di microplastiche e microfibre trascinate a terra dalla neve caduta sulla sommità del Monte Terminillo.

«Questi dati suggeriscono che le foreste possono contribuire a intercettare le microfibre presenti nell’aria, per poi trasferirle e bloccarle nel suolo e sottolinea ulteriormente la necessità di indagare il ruolo degli ecosistemi montani e forestali nella cattura delle particelle inquinanti presenti nell’atmosfera», sottolinea Bartolomeo Schirone di Sirf.

L’attività è stata svolta nell’ambito del progetto europeo Life Blue Lakes, condotto da Enea e Legambiente, nel quale è stato sviluppato il primo protocollo europeo per il campionamento e la caratterizzazione delle microplastiche presenti nelle acque dolci, testato in diverse campagne e successivamente condiviso tramite corsi di formazione con i tecnici Arpae e le autorità locali competenti. Parallelamente, presso il Centro Ricerche Enea Casaccia (Roma) è stato allestito un laboratorio all’avanguardia che dispone degli strumenti spettroscopici e delle conoscenze necessarie per l’isolamento e l’analisi delle microplastiche, con l’obiettivo di valutare e quantificare la presenza delle microplastiche in vari comparti ambientali.

Il protocollo Blue Lakes mira a fornire un contributo fondamentale allo sviluppo e alla condivisione di metodologie integrate per la progettazione e attuazione di un programma di monitoraggio delle Mp funzionale alla gestione della salvaguardia della qualità acque dolci. «Alla luce di questi risultati auspichiamo di avviare quanto prima un progetto specifico per lo studio del contributo delle foreste alla riduzione delle microplastiche trasportate da fenomeni atmosferici, con l’obiettivo di quantificare e descrivere in modo approfondito l’importante servizio ecosistemico di cattura e stoccaggio svolto da questi ambienti naturali sugli habitat lacustri fortemente collegati alla vita dell’uomo e le cui acque hanno diversi usi, dal potabile al ricreativo, dalla pesca al prelievo a fini irrigui, fino alla produzione di energia», conclude Menegoni.

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