Un’improvvisa interruzione elettrica ha oscurato la penisola iberica, provocando il peggior blackout nella memoria recente d’Europa. Le indagini sono ancora in corso, ma gli esperti indicano come causa probabile la forte dipendenza da fonti rinnovabili, accusate di avere contribuito (o causato) al collasso della rete.
Al centro dell’attenzione c’è la frequenza della rete elettrica, il cui valore standard di 50Hz rappresenta una sorta di “battito vitale” del sistema. Il mantenimento stabile di questa frequenza, detto “inerzia”, è da sempre assicurato dalle centrali tradizionali a gas, petrolio o nucleare. La crescita delle fonti rinnovabili, la cui produzione è discontinua, solleva timori sull’instabilità del sistema.
Il 28 aprile, un guasto ancora non spiegato ha provocato interruzioni diffuse in Spagna, Portogallo e nel sud della Francia, causando la disconnessione dell’interconnettore tra Francia e Spagna — una linea di trasmissione ad alta tensione che collega le reti elettriche dei due Paesi — e isolando le due reti. Due «eventi di disconnessione» sono stati registrati nello stesso giorno dall’operatore della rete di trasmissione elettrica ad alta tensione della Spagna, la Red Eléctrica de España. Secondo gli esperti, l’incidente iberico è una lezione sui fattori scatenanti e sul rischio sistemico, entrambi amplificati dalle rinnovabili.
La Spagna ha stabilito nel maggio 2021, con la Legge sul Cambiamento Climatico e la Transizione Energetica, l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050, includendo la chiusura del nucleare entro il 2035; il primo reattore è previsto in spegnimento nel 2027. Il piano punta a una rete quasi totalmente alimentata da solare ed eolico.
Il 29 aprile, Eduardo Prieto, responsabile delle operazioni di sistema della Red Eléctrica de España, ha parlato di una «perdita significativa di generazione» di elettricità nel sud-ovest del Paese, riconducibile al solare. La presidente della Red Eléctrica de España, Beatriz Corredor Cadena, ex ministro socialista, tuttavia, smentisce ogni legame tra il blackout e la dipendenza dalle rinnovabili, sostenendo che queste ultime offrano oggi «la stessa affidabilità dei generatori convenzionali». Sulla stessa linea si è espresso anche il primo ministro Pedro Sánchez, negando i problemi legati all’eccesso di rinnovabili.
Nel rapporto annuale di febbraio, Red Eléctrica de España — che ha il 20% di partecipazione statale — aveva segnalato i rischi legati alla chiusura delle centrali tradizionali. La progressiva chiusura di centrali a carbone, a ciclo combinato e nucleari riduce infatti la capacità di generazione stabile e di bilanciamento, nonché l’inerzia del sistema. Questa inerzia deriva dall’energia cinetica di grandi turbine metalliche, capaci di ruotare a 3 mila giri al minuto, che contribuiscono a mantenere costante la frequenza. Senza tale stabilizzazione, aumentano i rischi di guasti che possono compromettere la fornitura elettrica. La Red Eléctrica de España ha parlato esplicitamente di «rischi» a breve e medio termine per l’intero sistema di erogazione di elettricità.
UN SISTEMA IN BILICO TRA IDEOLOGIA E INFRASTRUTTURE
Diversi esperti mettono in discussione la riluttanza delle autorità a riconoscere le fragilità insite in un sistema energetico troppo dipendente dalle rinnovabili: l’intermittenza e la dipendenza da condizioni meteo rendono solare ed eolico più vulnerabili rispetto alle fonti convenzionali, più facilmente controllabili e centralizzate. La loro integrazione in rete richiede componenti supplementari, che moltiplicano i potenziali punti di guasto. In assenza di inerzia, eventuali disallineamenti si propagano rapidamente, generando fenomeni a cascata: un improvviso calo di potenza può sbilanciare la rete, attivando sistemi di protezione che “staccano la corrente” per evitare danni alle infrastrutture. Quanto avvenuto nella penisola iberica rappresenta un esempio concreto di tale dinamica. E sistemi di compensazione come i volani, i servizi di inerzia e gli inverter di formazione della rete possono mitigare i rischi, ma comportano costi significativi. Le centrali nucleari francesi, e quelle a carbone tedesche, forniscono una quantità significativa di inerzia, che può essere generata artificialmente solo con batterie e volani, soluzioni costose e non sempre praticabili.
I vertici europei tentano di rassicurare sull’improbabilità di nuovi blackout. Ma secondo alcuni esperti le reti elettriche nazionali stanno seguendo «incentivi politici sbagliati», guidati da un «approccio ideologico» net zero: fissare obiettivi sulla capacità installata anziché sulla produzione effettiva, genera surplus non necessari, spesso in aree non strategiche, e senza che vi siano investimenti adeguati sulla sicurezza della rete. «Il disastro da evitare è proseguire con il net zero a ogni costo, sperando che consumatori e industria tollerino costi elevati o giornate di buio occasionali […] Qualsiasi governo che non rivaluti il proprio percorso dopo questa settimana dovrebbe ricordare che chi perde energia, perde potere» sostiene l’esperto del settore Andy Meyer.
PRIMO BLACKOUT TOTALE
In un editoriale pubblicato il 29 aprile su Cinco Días, l’ex presidente della Red Eléctrica de España, Jordi Sevilla, ha criticato la chiusura accelerata delle centrali nucleari, considerate essenziali per una transizione stabile. «Questo è il primo blackout totale mai visto prima in Spagna. È anche la prima volta che le tecnologie non sincrone hanno fornito la maggior parte della nostra elettricità», ha scritto. Secondo Sevilla, la rete necessita di una riserva sincrona di impianti idroelettrici, a gas o nucleari, da attivare in caso di cali di produzione rinnovabile, sia per l’intermittenza climatica sia per l’assenza di sincronismo tecnico tra i generatori.
Unificata nel 1985, la rete spagnola ad alta tensione si estende oggi per circa 45 mila chilometri. Le apparecchiature delle sottostazioni, progettate per durare fino a 40 anni, non sono state tutte aggiornate per affrontare la crescente elettrificazione legata al net zero. Tuttavia, un piano di ammodernamento da miliardi di euro è in corso. Negli ultimi cinque anni, la capacità rinnovabile della Spagna è quasi raddoppiata, secondo un rapporto pubblicato a marzo da Aurora Energy Research. Tuttavia, adeguare la rete agli obiettivi climatici comporterà costi elevati. Si stima che la domanda elettrica dell’Unione Europea raddoppierà entro il 2050.
Su questo, la Corte dei Conti Europea ha recentemente lanciato un allarme: al ritmo attuale, gli investimenti in rete non saranno sufficienti a sostenere la transizione energetica. Gli operatori prevedono di investire mille miliardi e 800 milioni di euro entro metà secolo, una cifra inferiore alle stime della Commissione Europea, che oscillano tra 100 miliardi e 900 milioni e 2 mila miliardi e 200 milioni di euro.